
Era il 18 ottobre 2015, ed era entrata in vigore una norma che stabiliva il non obbligo di esposizione del pagamento e della validità della polizza RcAuto, nonchè di non doversi portare dietro nulla: tutto centralizzato e informatizzato e, in caso di controllo da parte dell’autorità di polizia, i controlli avrebbero confermato o meno l’ottemperanza dell’automobilista all’obbligo dell’assicurazione. Ma qualcosa non ha quadrato e, a quasi un anno di distanza, l’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) ha emesso una circolare con cui ha evidenziato che, essendo alti e aumentati i rischi di essere trovati in difetto pur essendo in regola, è meglio portarsi dietro il certificato di assicurazione da esibire, l’attestazione di avvenuto pagamento del premio e copia del contratto (tre cose 3), per due motivi:
– le banche dati dell’autorità non sono sempre aggiornate;
– alcune assicurazioni estendono la copertura assicurativa, in attesa del rinnovo, oltre le due settimane rituali successive alla scadenza; e questo nelle banche dati dell’autorita’ -ammesso che la propria polizza risulti- non è riportato. Questo perchè, nonostante l’informatizzazione operativa da quasi un anno, “carta canta”, cioè il supporto cartaceo e’ prevalente rispetto a tutto; e non è possibile effettuare il sequestro del veicolo per mancata assicurazione solo rifacendosi ai dati online: se qualcosa non torna, prima di multare/sequestrare occorrerà procedere a ulteriori approfondimenti. Questa circolare dell’Ivass sembra che sia frutto di alcune istruzioni in merito diramate dall’ordine di coordinamento dei servizi di polizia stradale. Non è questo il Paese dei quaquaraquà? Una norma che doveva servire a semplificare la vita e la sicurezza di accertati ed accertatori, ecco che nella sua applicazione – QUASI UN ANNO DALLA SUA ENTRATA IN VIGORE- dimostra essere una complicazione in più.
E ora, visto il clamore mediatico che a suo tempo ebbe questo provvedimento della possibile non esposizione sul veicolo e che tutto era risolto con un click, chi glielo va a dire a tutti gli assicurati che non c’è da fidarsi e che -soprattutto- se dovessero incorrere in un qualche controllo, se si sono attenuti alle disposizioni di legge, non avranno fatto altro che complicarsi la vita: tempi di fermo, accertamenti con domande più o meno imbarazzanti -per accertati ed accertatori- da parte della polizia, tempo da perdere per dimostrare successivamente di essere in regola (portare documenti agli uffici o trasmetterli in qualche modo che sia credibile e legale per entrambi), etc.
E -ultima e più importante- caduta sottozero della fiducia da parte degli amministrati verso lo Stato. Con conseguente codazzo di: utenti furbetti, burocrati annoiati di aiutare i malcapitati, code per di qua e per di là. Con ogni malcapitato che come minimo ordirà piani di vendetta da mettere in atto alla prima occasione.
Che fare? Ci aspettiamo una massiccia e capillare campagna informativa per tutti gli assicurati, su tutti i maggiori mezzi di comunicazione….. ma forse siamo un po’ illusi, perchè queste campagne -quando avvengono- sono quasi esclusivamente quando lo Stato deve incassare qualcosa in più, mentre nel nostro caso, meno informazione c’è, più lo Stato incassa. Siamo certamente prevenuti, ma sono rare le occasioni che ci vengono fornite per cambiare un’idea che molto volentieri vorremmo modificare.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc