
Apri il giornale e scopri che i Mollica sono tornati. I Mollica? Sì, i mitici Pietro Tindaro, Domenico (Mico) e Antonino. I Mollica sono quella famiglia di imprenditori che, negli ultimi tre decenni, sono stati gravati da molteplici vicende giudiziarie per reati di varia natura, quali associazione per delinquere di tipo mafioso, truffa, emissione assegni a vuoto, turbativa d’asta aggravata, contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticità, falsità materiale commessa dal privato ed altro, assurgendo agli “onori” della cronaca giudiziaria già agli inizi degli anni Novanta, poiché coinvolti nella cosiddetta “tangentopoli” messinese. In molteplici casi tali vicende hanno coinvolto contemporaneamente non solo i tre fratelli, ma anche stretti congiunti, quali le mogli e i cognati dei proposti, denotando un “modus operandi” votato all’illecito che, trascendendo dai singoli e caratterizzando l’intero nucleo familiare. Non stupitevi se adesso in manette è finito Pietro Tindaro Mollica – attivo – riferisce una nota della Guardia di finanza – nel settore delle opere pubbliche su scala nazionale, tanto da avere vinto nel tempo appalti per centinaia di milioni di euro – questa è l’Italia dove la Messina dei furbi è ben rappresentata: del resto, come in altri casi e per altri personaggi dello Stretto, molteplici sono anche i casi in cui diversi collaboratori di giustizia fanno riferimento ai “MOLLICA” come imprenditori “vicini” alle organizzazioni criminali. Epperò, chi si ricorda più dei Mollica? Chi tiene il conto dei miracolati della nostra amata giustizia? Ogni tanto si alza il velo su un settore della vita pubblica, si mette alla berlina qualcuno divenuto poco gradito al Sistema e poi tutto nel dimenticatoi. La chiamano la legge dello Stretto ma di legge uguale per tutti ha ben poco. Un mio amico mi dice: "Ma di che ti stupisci? Sono le solite cose: i concorsi li devono vincere i raccomandati e se qualcuno osa presentare la domanda perché ritiene di avere i titoli giusti per partecipare e vincere, viene messo fuori concorso, con le buone o con le cattive. Non lo sapevi che questa è una città a rischio?". Assurdo. Già, in che luogo viviamo? Apri il giornale e il male dei mali sono i gettoni di presenza dei consiglieri comunali e c’è pure qualcuno che abbocca. Nel Palazzo dei misteri, nel Comune degli smemorati si preferisce colpevolizzare il gettone piuttosto che dare conto e ragione degli incarichi, delle scelte o non scelte del Sindaco diversamente amico degli ultimi. Per dirla con le parole del consigliere comunale Luigi Sturniolo: “è che l’attività di controllo, di deliberazione e di rappresentanza esercitata dalle assemblee elettive deve essere derubricata a poco più che una formalità. Secondo questo punto di vista gli esecutivi eserciterebbero la politica del fare di contro alle assemblee elettive che si perderebbero in inutili discussioni oziose. Questo modo di pensare cancella la natura stessa dei processi democratici che si fondano sui contro-poteri, piuttosto che sui poteri. Si tratta del l’incedere del percorso di distruzione di quello che resta della democrazia rappresentativa e dell’affermarsi del decisionismo e dell’accentramento delle decisioni”. Si può chiudere un’inchiesta: ma non si può chiudere la bocca ai difensori dei diritti dei cittadini. Abbiamo cercato e ottenuto i capri espiatori di un sistema malato: pur di averli abbiamo anche chiuso un occhio sui metodi usati e su qualche amico ancora utile al Sistema. Ma il passato non passa in un giorno e, soprattutto, non passa per una rivoluzione dal basso. Si possono processare i singoli che se avranno le carte e le capacità di spiegare si potranno pure discolpare: ma non si possono portare in tribunale i valori, le regole, il merito. La cosiddetta Legge di Sistema è enigmistica: specchio di un potere che procede per rebus, paradossi, fantasie, ossessioni. Mai in nome del popolo ma solo per interesse. Le rivoluzioni sono fallite, c’è soltanto il vuoto politico e in questo vuoto i falsi profeti penetrano come un coltello nel burro.