
Di seguito la sintesi della nota inviata dal Forum delle associazioni familiari di Messina al Sindaco, agli assessori e ai consiglieri comunali, in merito alla discussione circa l’istituzione del registro delle unioni di fatto.
La celebre commedia Shakespeare ambientata, guarda caso proprio a Messina,sembra veramente descrivere quanto sta accadendo in questi giorni nella nostra città riguardo al registro delle unioni di fatto. Oggi, chiunque liberamente può convivere con chi vuole anche le coppie gay.Si grida che le coppie conviventi –sia omosessuali che eterosessuali –sono meritevoli di tutela di alcuni diritti e si elencano anche: “assistere il proprio partner in ospedale, subentrare nei contratti di locazione, regolare i rapporti patrimoniali soprattutto in relazione all’abitazione in cui si convive, accedere ai servizi sociali”… E ancora: “il registro delle unioni civili è un fatto di civiltà, che riconosce diritti di cittadinanza finora negati a cittadini considerati di «serie B»” …
Ma di che stiamo parlando? I casi sono due: o chi parla non conosce neanche i diritti di cui può già disporre oggi, oppure vuole nascondere dietro queste richieste altre motivazioni. Comunque sia, a costoro si ricorda – mapossono documentarsi facilmente con libri di autori insospettabili che fanno parte, per dirne una, dell’associazione radicale “Luca Coscioni” – che le coppie di fatto anche quelle gay, già oggi hanno tanti diritti concreti e reali, garantiti dal diritto privato.
È un falso problema, ad esempio, la questione successoria, in quanto attraverso il testamento è possibile trasmettere al convivente (chiunque esso sia), in assenza di eredi aventi diritto, anche l’intero patrimonio. Nulla vieta, poi, la stipula di una polizza assicurativa o di una pensione integrativa a vantaggio del partner, o stipulare un contratto di comodato d’uso vita natural durante, ovvero costituire un usufrutto d’immobile.
È un falso problema il subentro nel contratto di locazione della casa di comune residenza, in quanto tale contratto può ben essere stipulato congiuntamente dai due partner, e in ogni caso già la giurisprudenza costituzionale è intervenuta riconoscendo il diritto di successione nel contratto di locazione a seguito della morte del titolare a favore del convivente (Corte Costituzionale sent. n. 404/1988).
È ancora un falso problema la possibilità di visita in carcere del partner, oggi concessa anche ai conviventi grazie ad espresse disposizioni dell’ordinamento penitenziario (art. 18 della legge 26 luglio 1975, n.354, e art. 37 del regolamento di esecuzione D.P.R 30 giugno 2000, n. 230), invece per quanto riguarda le visite in ospedale oggi già quasi tutti i regolamenti interni dei nosocomi contemplano la possibilità di accesso ai conviventi che vengono pure ascoltati in caso di trapianto.
E’ un falso problema, inoltre, la risarcibilità del convivente omosessuale per fatto illecito del terzo (ad esempio in un incidente stradale), poiché la giurisprudenza ha ormai pacificamente riconosciuto tale diritto (Tribunale di Milano 12 settembre 2011, n. 9965), secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione (Cass., sez. unite Civ., sentenza 26972/08, Cass. III sez. pen. n. 23725/08).
Numerose sono, del resto, le disposizioni normative che attribuiscono diritti specifici alle «persone stabilmente conviventi».Basti citare, ad esempio, la possibilità di richiedere la nomina di un amministratore di sostegno (art. 408 e 417 c.c.), la facoltà di astensione dalla testimonianza in sede penale (art. 199, terzo comma, c.p.p.), la possibilità di proporre domanda di grazia (art. 680 c.p.), e così proseguendo.
La giurisprudenza riconosce, infine, la possibilità a conviventi omosessuali di stipularenell’ambito dell’autonomia negoziale disponibile, accordi o contratti di convivenza, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 del Codice civile) e non contrastino con norme pubbliche, con l’ordine pubblico o con il buon costume. Si tratta in genere di accordi di natura patrimoniale che rientrano nella disponibilità delle parti (ad esempio la scelta e le spese per l’abitazione comune; la disciplina dei doni e delle altre liberalità; l’inventario, il godimento, la disponibilità e l’amministrazione dei beni comuni; i diritti acquistati in regime di convivenza, ecc.).
Tuttavia, appare davvero paradossale che i propugnatori di una visione “liberal” arrivino a chiedere insistentemente l’intervento dello Stato nella gestione dei rapporti privati, anziché invocare tutti quegli strumenti che consentono l’espressione della piena autonomia e della responsabilità dei singoli.
C’è da aggiungere, che i cosiddetti “registri delle unioni di fatto”, che con tanta enfasi, ma con poco seguito, sono adottati da alcuni comuni italiani, non solo non hanno, per sé, alcuna rilevanza giuridica, ma nella misura in cui sono funzionali a mettere sullo stesso piano, nelle politiche sociali, la famiglia rispetto a tali unioni, contrastano con i principi generali dell’ordinamento giuridico. Occorre, infatti, tenere presente, la distinzione tra interesse pubblico e interesse privato. Il matrimonio e la famiglia rivestono un interesse pubblico, e come tali, devono essere riconosciuti e protetti. Le unioni di fatto, invece, sono la conseguenza di scelte e comportamenti privati, e su questo piano privato dovrebbero restare. Disposizioni diverse, per situazioni diverse. Il loro riconoscimento pubblico, con la conseguente elevazione degli interessi privati al rango di interessi pubblici, sarebbero pregiudizievoli per la famiglia fondata sul matrimonio e costituirebbero un’evidente ingiustizia rispetto al principio fondamentale secondo cui ad un diritto corrisponde un dovere. A differenza delle unioni di fatto, infatti, nel matrimonio si assumono pubblicamente e formalmente impegni e responsabilità di rilevanza per la società, esigibili sul piano giuridico. Appunto per questo la Costituzione riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Ma il grave scandalo è che, oggi in Italia, ad essere discriminate non sono le coppie di fatto, ma lefamiglie che pubblicamente e formalmente hanno assunto impegni e responsabilità rilevantiper la società, come per esempio fare figli. Infatti lo Stato attraverso il fisco ha escogitato meccanismi e regole che premiano le coppie di fatto o separate e non quelle riconosciute. Uno studio delle Acli di Brescia dal titolo significativo: “10 buoni motivi per non sposarsi in Italia oggi” mette in evidenza alcune di queste distorsioni che penalizzano le famiglie, soprattutto le monoreddito:1) Indicatore Isee; 2) Detrazioni Irpef per figli a carico; 3) Assegni al nucleo familiare; 4) Esenzione ticket; 5) Asili nido; 6) Case popolari; 7) Sostegno all’affitto; 8) Assegno sociale; 9) Integrazione al trattamento minimo e maggiorazioni sociali;10) Pensione di reversibilità;
In qualità di presidente del Forum delle Associazioni Familiari di Messina, per evitare che venga tolto anche quel poco di aiuto che le famiglie più bisognose ricevono, spesso dal volontariato e dalla Caritas, invito tutti quanti a confrontarsi con il reale e spero che il “buon senso”, espresso anche dal Senatore D’Alia e dal presidente Ardizzone, possa essere condiviso da tanti e anche questa vicenda, come quella di Shakespeare, possa avere la sua felice conclusione.
Umberto Bringheli
Presidente Forum delle Associazioni Familiari di Messina