
di Nicola Currò
Politici ed economisti non fanno altro che ripetere in continuazione che l’attuale congiuntura economica e la crisi finanziaria in atto nel nostro Paese non permettano di allentare la politica di austerity imposta a cittadini e imprese. Da nord a sud, dal governo centrale agli enti locali, il refrain è sempre lo stesso: l’aumento delle tasse è colpa della crisi!
Paradossale però è che, a fronte di enormi sacrifici economici richiesti ai contribuenti, non corrisponda un’adeguata responsabilità della classe politica. Non fa eccezione la situazione della città di Messina, dove i cittadini si ritrovano a dover coprire per intero i costi di un servizio, quello della raccolta rifiuti, che non è degno del peggior paese del terzo mondo e contemporaneamente devono subire l’azione di una classe politica che non presenta alcuna discontinuità con l’irresponsabile, impreparata, interessata e arruffona classe politica del passato che ha gestito in modo “allegro” le istituzioni cittadine.
Stanchi della vecchia politica gli elettori messinesi, pochi mesi fa, hanno premiato un movimento politico che prometteva una rivoluzione dal basso. Oggi tocca constatare come di tale rivoluzione si veda ben poco. Anzi, si è costretti ad assistere ad un caos amministrativo senza precedenti e a un immobilismo politico che rischia di far tracollare definitivamente una città che di per sé non gode di buona salute. Della rivoluzione annunciata non si vede nulla e niente sembra essere cambiato rispetto al passato. La delusione di chi credeva che con Accorinti e i suoi le cose sarebbero finalmente migliorate rischia di essere cocente. E quel che è peggio è che all’orizzonte non si scorgono segnali incoraggianti.
I “rivoluzionari” in città fanno parlare di sé solo per la mancata rivoluzione e per la continuità con il passato. Il più illustre tra i loro esponenti aveva addirittura promesso che avrebbe rinunciato allo stipendio dovuto per la carica di primo cittadino: pare invece che lo stia percependo al pari dei suoi predecessori; aveva promesso di andare in giro con la bicicletta e invece scorazza per la città con autista e la tanto bistrattata “auto blu”. In compenso Accorinti ha cancellato il Natale, ha nominato i soliti noti all’ente Teatro, ha riempito la città di spazzatura e nessuna azione concreta sta portando avanti per i lavoratori in generale e per quelli della Birra Messina e dello stabilimento delle San Pellegrino in particolare.
Non meno del primo cittadino risultano essere i consiglieri eletti nella sua lista di riferimento ad eccezione dell’eroica Nina Lo Presti. Avevano promesso una rivoluzione morale, di loro invece si hanno solo notizie relative ai lauti rimborsi viaggio che percepiscono per il fatto di risiedere fuori città. Saranno pure previsti dai regolamenti comunali, ma agli occhi dei cittadini appaiono come un controsenso quando si chiede loro enormi sacrifici economici per evitare il default dei conti del comune. Per quale motivo inoltre, chi vive in provincia, lavora in città e non è un politico non deve essere oggetto dello stesso trattamento riservato ai consiglieri comunali non residenti? In nome di quale alto ideale i cittadini dovrebbero pagare tutte le tasse imposte loro e dover assistere inermi a una classe politica che scialacqua con i soldi dei contribuenti?
Se sacrifici devono essere, lo siano per tutti: politici compresi! Ultimamente però la convinzione di molti è la stessa espressa da Nina Lo Presti, ovvero che l’annunciata rivoluzione di Accorinti era solo uno slogan elettorale privo di contenuti.