LA FAVOLA DEL NATALE PER CHI ANCORA CREDE

Arieccoci. Dopo 2025 anni la favola continua e ci racconta di una ragazza di nome Maria, che è rimasta incinta senza saper spiegare come sia stato possibile visto che dice d’essere ancora illibata. É stato lo Spirito Santo, sostiene lei. E il marito, un vecchio falegname, é costretto a farsene una ragione.
Nasce così una religione, che per sua stessa natura deve essere illogica. Altrimenti sarebbe realtà e non ci crederebbe nessuno. Se ci sono delle risposte concrete non c’è nulla di divino. Il Natale sarebbe solo un fatto naturale. Uno ne può prendere atto: è nato un bambino, uno in più, uno come gli altri. Tutto qui.
Invece questa é una favola. Solo sulla fantasia e sulla irrazionalità si può costruire una religione. L’importante è crederci. Il resto lo fanno gli uomini che arricchiscono la storia con particolari e leggende che nessuno può smentire. Mica c’erano la tivù e i giornali a raccontare l’accaduto.
Che la religione sia un fatto positivo per l’umanità o abbia fatto solo danni é un dibattito senza fine. Fortunatamente ora l’uomo è libero, senza rischiare la vita (la religione è stata anche violenza) di schierarsi dalla parte che gli garba.
Che le chiese pian pianino si stiano svuotando e che sempre meno uomini e donne scelgano di fare della fede la propria vita è una verità indiscutibile.
Si potrebbe pensare che l’evoluzione della nostra conoscenza non cerchi più le risposte sul perché della vita a un dio e alla religione. Pare che la favola del Natale ormai si risolva ogni anno con un panettone e una coppa di bollicine. Tutto qui.
Da domani la vita ricomincia, con i suoi problemi e le sue contraddizioni, il 25 dicembre è solo l’occasione di riabbracciare i parenti.
La ragazza illibata con un bambino rimane in quella grotta, illuminata da una cometa e riscaldata dal respiro di un bue e un asinello. Per chi ancora ci crede o per chi se ne ricorda solo a Natale.
Nicola Forcignanò