Il Natale è un patrimonio comune di tutti i cristiani delle diverse denominazioni. In questa festa accogliamo il Salvatore e Redentore, la cui nascita a Betlemme, segna la sua entrata nella Storia. La Festa del Natale è molto sentita a livello popolare, ma corre il rischio di perdere il suo senso forte per diventare occasione di festeggiamenti solo esterni, pretesto per addobbi e scambio di regali.
Per non distrarci nella confusione di questi giorni, “la Chiesa, da madre vigile e maestra, viene in aiuto ai suoi figli affinchè sintonizzano il loro cuore e la loro memoria sulla dimensione spirituale e teologica di un evento di cui essi stessi sono beneficiari e di cui sono chiamati ad essere anche attori”. “Il cibo” che propone la Chiesa è la sua Liturgia, costruita pazientemente attraverso i secoli dai Padri della Chiesa, dalla Tradizione. La Liturgia offre due alimenti: il primo fatto di testi biblici e di testi patristici. Il secondo alimento sono le immagini e le icone. Ecco ho trovato un libro, un sussidio per la lettura delle icone del Natale alla luce della Liturgia e dei Padri della Chiesa.
“Le icone di Natale. Storia e culto”, pubblicato da Città Nuova Editrice (1995) di Georges Gharib. Il testo tratta icone della liturgia orientale, con preferenza quella bizantina, che riserva all’iconografia un posto privilegiato e considera le sante icone un vero oggetto di culto, presente non solo nei luoghi sacri ma anche nelle case private. Il libro si compone di due parti: la prima propone un doppio panorama esplorativo e conoscitivo sulla festa e l’iconografia del Natale. La seconda, riproduce e commenta una trentina di icone che illustrano il Natale e il ciclo natalizio. Il libro è scritto da George Gharib, uno specialista di liturgia orientale, è stato docente di mariologia orientale e di dottrina mariana musulmana presso la Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” e di Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma. Tra i suoi numerosi libri si ricordano “Le icone mariane”, “Le icone di Cristo” e “Le icone dei Santi”.
La Chiesa primitiva conosceva solo la festa della Pasqua, a poco a poco si sentì il bisogno di proclamare e di celebrare il mistero dell’Incarnazione. Pertanto, accanto al ciclo festivo pasquale, parallelamente ad esso, nacque il ciclo natalizio. Fissare la data dell’istituzione del Natale secondo Gharib, ancora è impossibile. Interessante le notizie sulla mangiatoia, una vera reliquia, dove Gesù aveva emesso i primi vagiti, custodita nella basilica di Santa Maria Maggiore, che diventa a buon diritto la Betlemme di Roma. Mangiatoria fatta trasportare a Roma per volere del Papa Teodoro, nativo di Gerusalemme, per salvarla dalla distruzione.
Da questo momento la basilica acquistò il titolo di “Sancta Maria ad Praesepe”, con la piccola antica cappella sotto il titolo “Camera Praesepis”. Nel V° capitolo l’autore descrive “L’icona canonica del Natale”, nei suoi vari elementi compare già nel VII secolo. Si svolge su tre piani: nel piano centrale la grotta, la Madre e il Bambino; nel piano superiore, la stella, le montagne, gli angeli, i pastori e i Magi; nel piano inferiore altri pastori, le pecore, Giuseppe, l’uomo vestito di pelle e il bagno del Bambino. Le fonti primarie delle diverse scene sono i Vangeli di Matteo e di Luca. A questi si aggiungono i Vangeli apocrifi. “L’icona canonica del Natale corrisponde grosso modo al Presepe occidentale, che, iniziato a Greccio da san Francesco d’ Assisi, ha assunto in seguito un’importanza tale da imporsi come elemento base e popolare del Natale in Occidente”.
DOMENICO BONVEGNA
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