L’ho scritto tempo fa Maduro è un dittatore comunista che ha perso le elezioni ma non se ne vuole andare. Ora pare che gli Usa di Donald Trump stanno cercando di farglielo capire in tutti i modi che deve lasciare il potere. Purtroppo, non lo stanno capendo o fanno finta di non capirlo certi mass media a cominciare da quelli italiani.
L’intervento di Marinellys Tremamunno, giornalista venezuelana, sul blog di Alleanza Cattolica.org (Il Venezuela non è un bersaglio. È un ostaggio, 16.12.25, alleanzacattolica.org). intende contrastare la disinformazione dei Media italiani che “non può più essere liquidata come superficialità. Scrive Tremamunno, “È difficile non leggerla come ideologicamente orientata. Eppure, dopo anni di repressione, sangue versato e vittime innocenti lasciate senza giustizia dal regime di Nicolás Maduro, questa narrazione distorta, e a volte anche segnata dal silenzio mediatico, non è solo ingiustificabile: è eticamente inaccettabile”. Per la giornalista venezuelana, il mal di pancia dei giornali italiani è dovuto al fatto che oggi a muoversi sia Donald Trump, il pericolo fascista, il Male. “Proprio lui sta attuando quelle azioni che il popolo venezuelano chiede da anni contro un sistema criminale internazionale che ha sequestrato lo Stato”. La Tremamunno in quattro atti cerca di raccontarci ciò che sta realmente accadendo, ricostruendo i fatti e soprattutto osservandoli senza lenti ideologiche.
Atto I – L’Operazione “Lancia del Sud”
Da mesi, noi venezuelani che viviamo in Italia assistiamo a una semplificazione mediatica del dramma del nostro Paese. Titoli come “USA contro Venezuela” o “Trump vuole prendersi il petrolio del Venezuela” riducono una tragedia complessa a uno scontro geopolitico caricaturale. Per alcuni colleghi italiani sembra più urgente sfogare un riflesso anti-americano che adempiere al compito fondamentale del giornalismo: raccontare i fatti. La verità è vissuta da oltre nove milioni di venezuelani costretti a lasciare il proprio Paese. Non esiste una guerra degli Stati Uniti contro il Venezuela. Esiste una guerra degli Stati Uniti contro una rete criminale internazionale che controlla il territorio venezuelano attraverso il cosiddetto Cartel de los Soles”. Questa è una realtà che è stata denunciata da tempo anche dalla Chiesa venezuelana. La giornalista cita il suo libro “Venezuela, l’eden del diavolo”, che raccoglie interviste realizzate nel 2017 durante la visita ad limina dei vescovi venezuelani, emerge con chiarezza come il Paese fosse già allora penetrato dalla criminalità organizzata. Il Cartel de los Soles è composto da membri corrotti delle forze armate e del governo bolivariano, con legami diretti con il narcotraffico internazionale, con l’estrazione mineraria illegale e con il contrabbando di carburante. Infatti, dal mese di agosto scorso l’amministrazione Trump ha concentrato nei pressi del Venezuela una flotta militare senza precedenti in America Latina negli ultimi decenni. L’operazione, denominata “Lancia del Sud”, comprende almeno dodici navi da guerra, un sottomarino nucleare, aerei, elicotteri e droni, inclusi due delle più grandi portaerei statunitensi, l’USS Gerald R. Ford e l’USS Iwo Jima. Gli effettivi militari supererebbero le quindicimila unità.
Finora sono stati effettuati oltre venti attacchi, con più di ottanta morti tra persone presumibilmente coinvolte in attività illecite. Il dibattito negli Stati Uniti è aperto e complesso. Indagini di giornalisti venezuelani hanno confermato che le imbarcazioni colpite trasportavano droga proveniente da San Juan de Unare, una zona sotto il controllo del narcotraffico. Ora, “Noi venezuelani attendiamo che, finalmente, si colpiscano le vere teste del sistema”.
Atto II – Il Premio Nobel a María Corina Machado
María Corina Machado non ha potuto essere presente a Oslo in tempo per ricevere il Premio Nobel per la Pace. A leggere il suo discorso è stata la figlia, Ana Corina Sosa Machado. In quelle parole ogni venezuelano si è riconosciuto. Ogni frase raccontava con precisione la verità su ciò che accade nel Paese. Una verità che il mondo ha faticato a comprendere e che finalmente, a Oslo, è stata ascoltata. All’alba, María Corina Machado è arrivata a sorpresa nella capitale norvegese. La prima immagine diffusa la ritrae abbracciata alla madre e ai figli. Non è stata solo la riapparizione pubblica di una leader rimasta per oltre undici mesi in clandestinità. È stato il simbolo di un ricongiungimento con un popolo intero.
Atto III – “Schede elettorali, non proiettili”
Qui la Tremamunno cerca di ricostruire come è riuscita a uscire María Corina Machado dal Venezuela, riportando la ricostruzione del Wall Street Journal, una versione poi smentita. Al di là dei dettagli, il racconto richiama inevitabilmente l’“Operazione Guacamaya”, con cui cinque membri del team di Machado fuggirono dall’ambasciata argentina a Caracas all’inizio di maggio scorso. Le modalità precise restano riservate, ma è evidente che in entrambe le operazioni vi sia stata la collaborazione di uomini venezuelani insieme al sostegno di funzionari statunitensi. Infatti, Machado ha ringraziato gli Stati Uniti, affermando che le azioni di Trump nel Caribe sono state decisive per indebolire il regime. Tuttavia, per i venezuelani quello che conta oggi era scritto nel discorso letto dalla figlia: l’attuale regime non ha vinto le ultime elezioni presidenziali, rispondendo con il terrore: «il regime di Nicolás Maduro ha usato il terrorismo di Stato per annientare la volontà popolare. Oltre 2.500 persone sono state sequestrate, fatte sparire o torturate. Più di 220 adolescenti sono stati picchiati e soffocati per costringerli a confessare menzogne. Donne e ragazze continuano a subire abusi sessuali in carcere in cambio di poter vedere i loro famigliari».
Atto IV – Il terrorismo di Stato spiegato ai distratti
Questo terrorismo di Stato non è una novità. Lo ha spiegato con chiarezza Alfredo Romero, direttore dell’organizzazione per i diritti umani Foro Penal Venezolano, durante il forum Schede elettorali, non proiettili, organizzato a Oslo in occasione del Nobel 2025. La repressione, ha ricordato, inizia fin dall’era Chávez, con il tentativo sistematico di monopolizzare il potere. Dopo la repressione del regime comunista documentata da Romero, non si comprende perché i giornalisti italiani continuano a ridurre la questione venezuelana a una disputa ideologica. Il problema non è Donald Trump. L’unico vero criminale è Nicolás Maduro, insieme ai suoi complici: si segnalano esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie ai danni di oppositori politici, giornalisti e difensori dei diritti umani, nonché un uso sistematico della repressione statale per soffocare il dissenso. Oltre 18.000 persone sono state arrestate per motivi politici nell’ultimo decennio in Venezuela, secondo informazioni fornite da organizzazioni non governative. La giornalista venezuelana conclude il suo intervento con le parole del cardinale Parolin, il 20 ottobre scorso, nella Basilica di San Pietro nella messa di ringraziamento per la canonizzazione dei due nuovi santi venezuelani, José Gregorio Hernández Cisneros (1864-1919) e Maria Carmen Rendiles Martínez (1903-1977). Durante l’omelia il cardinale così si è espresso: «Solo così, caro Venezuela, potrai rispondere alla tua vocazione di pace, se essa verrà costruita sulle fondamenta della giustizia, della verità, della libertà e dell’amore, nel rispetto dei diritti umani, creando spazi di incontro e di convivenza democratica, facendo prevalere ciò che unisce e non ciò che divide, cercando i mezzi e le sedi per trovare soluzioni condivise ai grandi problemi che ti affliggono, ponendo il bene comune come obiettivo di ogni attività pubblica». Tutto ciò sarà possibile solo senza il regime di Nicolás Maduro.
a cura di Domenico Bonvegna
