In Piemonte sta accadendo qualcosa di molto serio, ma che passa sotto traccia: una legge regionale cambia le regole per aprire nuovi forni crematori, abbassando le tutele, scardinando la pianificazione pubblica e creando un far west in un settore che tocca il momento più delicato della vita delle persone, quello dell’ultimo saluto ai propri cari. Non è un tema tecnico: riguarda dignità, rispetto, trasparenza e la qualità di un servizio essenziale. E ieri, in Commissione Legalità, la Società Novarese per la Cremazione – uno degli attori più autorevoli del settore – ha confermato esattamente ciò che AVS aveva denunciato nei mesi scorsi.
Lo ribadiamo con ancora maggiore forza: gli emendamenti inseriti nella L.R. n. 9/2025 che riguardano l’argomento, a firma del capogruppo Ricca della Lega, votati dalla maggioranza, sono una norma sbagliata, pericolosa e potenzialmente dannosa per l’intero sistema funerario piemontese.
Le criticità che noi avevamo sollevato in aula sono state oggi puntualmente illustrate anche dalla Società Novarese per la Cremazione, che ha messo in luce rischi reali e concreti: una deregolamentazione che può aprire la strada a improvvisazione, fallimenti, mala gestione e perfino malaffare. E noi facciamo pienamente nostre queste preoccupazioni.
La norma modifica in profondità l’art. 14 della LR 15/2011, abbassando drasticamente i requisiti minimi per aprire nuovi impianti: basta un bacino di 300 decessi annui, una popolazione di 30.000 abitanti e una distanza minima di soli 3 km da un altro impianto. Ancora più grave è che, con il nuovo comma 5-bis, questi criteri si applichino immediatamente, nelle more dell’adeguamento del Piano regionale di coordinamento, vanificando del tutto la programmazione prevista dalla legge.
È una scelta tanto incomprensibile quanto pericolosa: la Giunta dovrebbe redigere il Piano regionale sulla base di dati oggettivi – popolazione residente, indice di mortalità, statistiche sulla scelta crematoria, confronto con i Comuni – ma la legge consente l’apertura di nuovi impianti prima ancora che questo Piano venga aggiornato. È una follia amministrativa che annulla il senso stesso della pianificazione pubblica.
A ciò si aggiunge il rischio, concreto e già visto altrove, di derive speculative e opache: lo stesso caso Biella, richiamato in Commissione, con cremazioni multiple e incertezza sull’identità contenuta nelle urne, mostra cosa può accadere quando mancano controlli seri e gestione professionale.
Eppure i numeri parlano chiaro: nuovi impianti non servono.
In Piemonte, nel 2023, ci sono state circa 32.000 cremazioni su 40.000 decessi. Anche negli anni più drammatici della pandemia – quando gli impianti piemontesi supportavano Lombardia e Liguria – il sistema non ha mai superato le 46.000 cremazioni annue.
A fronte di questa domanda, la rete regionale dispone già oggi di 14 impianti e 22 linee di cremazione, con una capacità potenziale di 70.000–75.000 cremazioni l’anno: più del doppio del necessario.
Questa legge non risponde a un bisogno reale, ma apre spazi enormi alla speculazione privata, indebolisce un settore che richiede il massimo della professionalità e mette a rischio un servizio che custodisce dignità, memoria e fiducia delle famiglie.
AVS continuerà a battersi perché in Piemonte prevalga un modello serio, trasparente e programmato, per cui chiediamo che quelle modifiche vengano cancellate.
Perché quando si parla dell’ultimo saluto, non si può giocare al ribasso.
