IL PUNGOLO: EDUCARE I PROPRI FIGLI A DIVENTARE BOMBE

Mai nessun popolo ha educato i propri figli a diventare delle bombe di morte. Lo scrive Carlo Panella, esperto di Islam e di terrorismo, su Il Domenicale del 22.5.2004, n. 21 (Islam: lo scisma si fonda sulla morte). Il nuovo scisma si basa sul culto della morte. La morte propria, la morte altrui. Mai, mai nella storia, un’iniziativa terroristica ha riscosso da una così vasta platea popolare tanti e tali applausi, intimi ed espliciti entusiasmi.

Mai un popolo ha educato i propri bambini nel miraggio di diventare delle bombe, di farsi esplodere in mezzo ad altri bambini, chiamati “scimmie e porci” dai pulpiti delle moschee. Scimmie e porci perché ebrei. Nella Storia abbiamo visto diversi popoli che hanno condotto per anni guerre di librazione, che si sono difesi armi alla mano, che hanno combattuto per le loro terre, anche per impedire di essere spazzati via in feroci pulizie etniche, dal genocidio. Ma non esiste nulla di simile all’ideologia e alla pratica del martire assassino islamico che ha iniziato il suo cammino in Iran nei primi anni Ottanta e che dopo quindici anni ha preso piede in Palestina. Il mondo è pieno di eserciti, di soldati-bambini.

Palestina, al Fatah, Hamas e Hezbollah organizzano che organizzano campi estivi di soldati-bambini. Ma in nessun Paese del mondo si allenano i bambini di diventare bombe per uccidere altri bambini. Tutto questo non può essere spiegato, solo col termine di “terrorismo”. E’ un fenomeno ben più complesso, profondo, radicale. Il terrorismo – scrive Panella – che opera, che ha fatto stragi con milioni di vittime, è solo una manifestazione di un’ideologia, di una religione i cui adepti hanno adottati questi nuovi terribili riti che divorano i suoi stessi figli. Panella nel suo studio si sofferma poi sullo scisma nel mondo islamico, dopo la fine del califfato.

Ancora oggi secondo Panella, l’Occidente non ha compreso il peso straordinario che ha avuto per la comunità islamica l’abolizione del califfato (nel 1918) e poi di diritto (1924 ad opera di Ataturk). Per capirci si tratta di una crisi che avrebbe colpito il mondo cattolico se all’improvviso fosse scomparso il Pontefice Romano, anzi ancora peggio per l’islam, perché il Califfo rappresentava anche l’aspirazione all’unione politica di tutte le nazioni dell’Islam. Supero l’intrigata analisi storica di Panella sui vari gruppi islamici presenti nel Medio Oriente, rinvio alla lettura dei suoi documentati libri. Gruppi dirigenti politici su base nazionale contagiati dal Gran Mufti Hussein e poi dalla setta Wahabita dei sauditi con la sua doppiezza del duro integralismo antioccidentale come ideologia, affiancato alla smaccata alleanza con l’Occidente.

Ma poi c’è il piccolo gruppo religioso con grande prestigio, qualche nome, Hassan al Banna, Sayyd Qutb, Turabi, Ruollah Khomeini, tutti con la stessa strategia quella di ritornare alle origini, di riprendere con rigore i paradigmi politici della prima comunità musulmana guidata da Maometto a Medina fino ad arrivare a Ien Taymmiyya, filosofo integralista. Una componente estremista. Comunque sia alla fine dell’analisi storica Panella ha costruito un vero e proprio saggio, abbastanza articolato, che poi sarà pubblicato sul periodico Ideazione (maggio-giugno 2004) In conclusione Panella descrive il martire-killer all’interno della guerra Santa, il Jihad. Il martire assassino nato come strumento di lotta politica tutta interna alle società islamiche iraniane, egiziane, afghane, libanesi. Solo alla fine si arriva a Israele. Intanto, precisa Panella, il moderno martirio islamico non nasce come risposta, come strumento ad azioni imperialiste, ma si afferma come strumento per punire l’apostasia, la corruzione dell’islam, lo jiayllhyya di musulmani nei confronti di altri musulmani. Tutto il fenomeno della comparsa del martire-assassino è racchiuso dentro la Storia della rivoluzione iraniana.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com