La terapia cellulare è prossima a essere consacrata a cura contro la cecità cornale da disfunzione endoteliale, ovvero legata a patologie a carico dello strato più interno della cornea. Ad accendere i riflettori su questa metodologia rivoluzionaria è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology, discusso dagli specialisti della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (SISO) e dell’Associazione Italiana Medici Oculisti (AIMO), in occasione del congresso nazionale congiunto che si terrà dal 6 all’8 novembre a Roma.

“La cecità corneale è una delle principali cause di perdita della vista, che colpisce ogni anno circa 10 milioni di persone al mondo – dichiara Vincenzo Sarnicola direttore della clinica degli occhi Sarnicola di Grosseto, esperto trapiantatore e “visiting professor” in molte cliniche oculistiche internazionali e consigliere SISO -. La cornea, il tessuto trasparente che rappresenta la parte anteriore dell’occhio, è essenziale per fare entrare immagini chiare nell’occhio. Quando è danneggiata, si opacizza, trasformando il mondo in una nebbia costante. Il trapianto di cornea perforante (a tutto spessore), da donatore, nel secolo scorso, ha consentito il recupero visivo a milioni di persone nel mondo, anche se complicanze intraoperatorie e postoperatorie, a volte importanti, si sono registrate, con una certa frequenza. La disponibilità di tessuti per il trapianto è tutt’ora problematica in molte parti del mondo. In Italia invece, grazie ad un ottimo lavoro di raccolta delle banche degli occhi, i tessuti raccolti risultano in soprannumero, e vengono anche esportati all’estero. Questo avviene anche e solo in Sri Lanka e negli Stati Uniti. La maggior parte degli altri paesi lamentano un deficit di donazioni”.
I trapianti
Dall’inizio del secolo in corso, una grande svolta è stata ottenuta grazie ai trapianti lamellari. L’Italia, con i suoi chirurghi, è ed è stata tra i paesi pionieri della chirurgia lamellare. “Quest’ultima trova spazio progressivamente e diventa il gold standard grazie alla riduzione dell’invasività dell’intervento, migliorando la sopravvivenza dei tessuti innestati e riducendo i rigetti – afferma Sarnicola -. Consegue a corrette diagnosi laddove si finisce per trapiantare solo il segmento malato e non l’intera cornea. I trapianti di limbus trovano indicazioni nelle malattie della superficie oculare; il trapianto dello stroma Dalk (il foglietto intermedio corneale) nelle malattie dello stroma, come il cheratocono: ed il trapianto dell’endotelio nella cheratopatia bollosa e nella distrofia di Fuchs. Le tecniche lamellari sono più complesse, con curve di apprendimento non semplici, ma hanno reso i trapianti di cornea sicuri. Le sopravvivenze dei trapianti lamellari sono incredibilmente rassicuranti.”
Terapie cellulari
Purtroppo nel terzo mondo non ci sono tessuti né per i trapianti lamellari né per i perforanti. Di grande aiuto potranno essere le imminenti terapie cellulari, per le patologie endoteliali, che rappresentano circa il 50% delle ipovisioni corneali. “La tecnica sarà molto semplice: un’iniezione nell’occhio consentirà alle cellule iniettate di rendere nuovamente trasparente una cornea diventata opaca, per una disfunzione endoteliale – sottolinea Sarnicola -. Dove si prendono queste cellule, chi può donare, chi è il miglior donatore, che risultati si possono ottenere, sono i quesiti che ricorrono. I risultati ad oggi, (è in corso la terza fase di sperimentazione in Nord America) dimostrano che i donatori migliori sono i giovani al di sotto di 30 anni. Si ipotizza che da una cornea di un donatore giovane potranno essere preparate centinaia di iniezioni ‘miracolose’, forse mille!”. In estrema sintesi da una cornea giovane potranno essere riabilitati alla visione fino a mille occhi, affetti da disfunzione endoteliale. “Le terapie cellulari rigenerative rappresentano dunque la vera nuova frontiera per la cura della cecità corneale endoteliale”, conclude Vito Romano Professore Associato di Oftalmologia Università di Brescia.
