4 Novembre festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Fino al 1977 si faceva festa anche nelle scuole e nella pubblica amministrazione, ed era solo festa bellica.
Nel frattempo, dal 1 gennaio 2005, con l’abolizione della coscrizione militare obbligatoria, finì l’incubo di molti giovani che il militare giustamente (si gozzovigliava con compiti inutili sia militarmente che civilmente, strappati dai propri territori) non volevano farlo (“Non festa ma lutto” perché festeggiava la carneficina della prima guerra mondiale). Tappa finale dopo l’introduzione nel 1972 dell’obiezione di coscienza, molto sofferta (galere e galere) per chi vi contribuì sia per motivi politici che religiosi.
Da allora la funzione delle Forze Armate è decisamente cambiata: non più di popolo ma di professionisti.
E – conseguenza – mentre prima le FFAA venivano giustamente apostrofate, in Italia e nel mondo, come “quelle di Franceschiello” una sorta di barzelletta organizzativa e gerarchica ereditata dal fascismo, l’organizzazione militare italiana fece un salto di qualità. Non dovendo più far finta di essere a difesa di patria e confini (molta immaginazione più che realtà, purtroppo ancora presente in alcune ideologie tipo “dio, patria e famiglia”), i militari italiani sono specializzati nelle forze di pace internazionale, con funzioni soprattutto dissuasive e non aggressive.
Oggi quindi, festeggiamo questi militari e questa organizzazione.
Se sentiamo altri approcci… legittimi, ma retorici.
Oggi le FFAA non sono più l’esaltazione maschia del nazionalismo, ma una delle strutture dello Stato per far fronte ai problemi dell’oggi coi metodi dell’oggi. Per questo ci sembrano inutili e pericolose alcune proposte per la reintroduzione della leva obbligatoria: non c’è bisogno di baionette, ma di intelligenze, professionisti, lavoratori che fanno funzionare una struttura al pari di quella economica e sociale.
Politicamente lavorando per una riforma radicale dell’Unione Europea, quella che alcuni chiamano Stati Uniti d’Europa dove – sempre forze armate professionali – anche la politica militare sia al pari di quella economica, così come più volte auspicato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ché questa è oggi la dimensione dei nostri confini, non a caso minacciata dall’invasione russa dell’Ucraina dove, il Paese di Zelensky rappresenta non solo un baluardo per se stesso, ma per tutta l’Europa. Dentro i cui “confini”, non a caso c’è una lunga lista d’attesa per entrarvi (non solo Ucraina, ma Moldavia, Georgia, Turchia e diversi Paesi dei Balcani, financo Israele): a nostro avviso, troppo sottovalutata rispetto alla potenza politica ed economica che ne deriverebbe. Questa sì, una sicurezza, non certo per “dio, patria e famiglia”, ma presa d’atto delle nostre diversità per meglio organizzare la costruzione delle nostre felicità.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc
