 
Messina Capitale d’Italia – Generalmente un bravo giornalista fa poca carriera o ha molta più difficoltà di farla rispetto al giornalista che si lega a questo o a quel carro politico. Poiché il giornalista dovrebbe essere il cane da guardia del potere, è ovvio che non debba legarsi a un qualsiasi tipo di carro politico. Né accettare uffici stampa. Dopodiché ciascuno potrà farsi l’idea che vuole, forse qualcuno pensa che sia giusto che i soldi di un gruppo industriale finiscano nelle tasche di un giornalista. Ma che credibilità avrà mai un giornalista che passa dalla cronaca ai salamini, alla pizza e alla birra?
Pensate a tutti quei lavoratori – professionisti, magistrati, investigatori, ecc… – che hanno pagato sulla pelle la piccola violenza quotidiana di chi, a tutti i livelli, aveva scelto come amministratore e che hanno divorato l’informazione, la cultura e perfino l’intrattenimento ludico e sportivo: nel resto del Paese tutto si muove, si va verso il nuovo, si cambia. Qui, dentro i Palazzi di Messina, tutto sembra fermo. Eppure le vecchie forze, le solite famiglie del Sistema, approfittando delle difficoltà e dei ritardi che si consumano in Parlamento, continuano a operare, perseguendo interessi personali e di gruppo”. Si candidano a gestire la nuova fase, a gestire i milioni di euro che l’Europa ci presta, non ci regala. Nonostante le promesse, continua il malcostume dei progetti ‘chiavi in mano‘, che vanno in cantiere senza che nessuno se ne occupi. Il palinsesto è pieno di galà, premiazioni, manifestazioni culinarie orribili.

La verità è che sono anni e anni che la classe dirigente di questa città non esprime niente di nuovo. Dopo la denuncia degli scandali è cambiata solo la formula: chi aveva rapporti stretti con il potere lobbistico dello Stretto adesso ha un contratto da consulente o assessore. Quello che ci teniamo a ribadire che non si può più “usare” un Comune o qualunque altro Palazzo istituzionale, per interessi privati. Possibile che non abbiamo diritto anche a noi a una nuova classe dirigente? Una persona di alta moralità, inattaccabile, che abbia capacità organizzative? Perché, al contrario, si vogliono ripianare i debiti degli amici potenti rovinando una famiglia, o più famiglie?
Mi fanno sorridere quei discorsetti che fanno da cornice a molti folcloristici eventi targati Cateno De Luca con tanto di marchio del Comune di Messina. Dove, autorevoli commentatori dei fatti di cronaca, si lasciano sfuggire, tra una pietanza e l’altra: “E’ un mestiere che fa correre dei rischi, il nostro“… Sì, al massimo un gran mal di pancia, per carità, non piacevole, per aver sbagliato la ricetta per fare l’arancino, o l’intossicazione da pesci e frutti di mare. Ma a rischiare di morire e a morire sono altri. Non mi pare che le cosiddette opposizioni vibrino di indignazione. Pare proprio che la “società civile” – qualche volta di troppo ingenua – consideri il gioco di Cateno De Luca, Federico Basile, ecc… come un gioco che si fa e si esaurisce “fra di loro“: fra chi le dà e chi le accetta. Hai voglia a ripetere, scrivere e documentare che si tratta sì di un gioco fatto “fra di loro“, ma con i soldi nostri.

La faccenda diventa maggiormente complicata se si va sull’attualità, sul giornalismo, ci pensate… il fatto del giorno viene spaccato da un’intrusa che proclama giuliva: “Ci rivediamo tra poco“, e intanto passano brioches, merendine, biscotti… bevi la nostra birra e sai cosa bevi… A che cosa si deve questa invidiabile informazione? A essere i paladini degli ultimi? Io credo di no. Ma è solo la mia personalissima opinione. Ma se i giornalisti sono legati agli “uffici stampa” potranno mai svelare le trame oscure che legano la mafia dei colletti bianchi, quella che è nelle istituzioni, nelle università? A costoro vorrei ricordare che tutti noi dovremmo cercare di ricordare che la mafia è mafia perché ha rapporti con la politica e perché tenta di infiltrare la politica. Altrimenti, se non tenta di infiltrare la politica e non ha rapporti con la politica, non è più mafia: è semplicemente gangsterismo.

Notizie da un altro pianeta
Epperò, la tecnica è quella di non parlare di queste cose: c’è sempre qualcuno che vi raccomanda la scatoletta con disegnate sopra le prugne, o l’amaro medicinale, destinati ad assolvere delicate funzioni di regolatori dell’intestino. La Lobby dello Stretto senza questa società civile, senza i colletti bianchi, non sarebbe un’organizzazione in grado di sopravvivere. Mi spiace dirlo ma è una razza piuttosto rara, quella dei giornalisti che fanno domande. In questa città da anni stiamo collaudando un nuovo genere letterario: l’intervista senza domande. È chiaro che le domande, quando sono vere domande, danno fastidio. Se un giornalista è un dipendente di chi deve intervistare è chiaro che è meglio che le domande non le faccia o che le faccia finte, tant’è che quasi sempre l’intervistato risponde “la ringrazio per la domanda”.
In realtà quando ti ringraziano per la domanda vuol dire che hai sbagliato domanda, per come la vedo io. Per come la vedono loro, vuol dire che hanno fatto la domanda giusta, cioè quella che la persona voleva sentirsi fare o addirittura aveva chiesto di fare. Dipende tutto dal rapporto che c’è fra l’informazione e il potere. In fin dei conti a nessuno fa piacere essere criticati. È chiaro che se l’informazione facesse il suo dovere di sbugiardare i politici bugiardi, quelli o smetterebbero di mentire o almeno ridurrebbero al minimo le menzogne.
P.S.
Cercansi fedelissimi alla propria dignità


 
		 
		