
Dopo quello che ho scritto in questi mesi su Israele, la Palestina, Hamas, potrebbe bastare. Del resto, potremmo scrivere niente di nuovo, per quello che stiamo vedendo e sentendo, e l’unica novità è la proposta di pace dell’odiato Trump, le persone oneste possono giudicare da che parte stanno il diritto e la volontà di mettere fine al conflitto.
Trump con questa proposta ha messo tutti i suoi detrattori nell’angolo, costringendoli ad accettarla, l’unica possibile, una pace che rispetta il diritto di Israele di esistere e di difendersi. Ma partiamo da Noi, i cattolici non sembrano per niente imbarazzati, i “buoni cattolici” che manifestano insieme a quelli che imbrattano la statua di Giovanni Paolo II con la scritta “fascista di merda” con tanto di firma falce e martello e con quelli che sfoderano lo striscione: “7 ottobre. Giornata della resistenza palestinese”? “Dicono di scendere in piazza per la pace, ma poi oltraggiano la memoria di un uomo che della pace è stato un vero difensore e costruttore. Un atto indegno commesso da persone obnubilate dall’ideologia, che dimostrano totale ignoranza per la storia e i suoi protagonisti”. (Antonio Socci, cosa ne dicano i cattolici pro-Palestina?, 5.10.25, libero) Certo noi non ci sorprendiamo dei disordini, degli insulti, degli oltraggi durante le manifestazioni, delle violenze fisiche, ma anche quelle verbali, contro la polizia, contro il governo.
“Quelli con mazze e maschere antigas che fanno? Il mondo clericale, che va in estasi per queste manifestazioni, crede che con le mazze si preparino per la processione eucaristica?”. E comunque di fronte a questi episodi molta parte del mondo cattolico sta in silenzio, anzi si continua a minimizzare e a distinguere, le frasi di comodo sono sempre le stesse: “è sbagliato guardare solo agli episodi di violenza”. “far credere che ‘questi giovani’ che hanno manifestato siano tutti violenti o imbrattatori di statua”. È ovvio che non si deve mai generalizzare, scrive Socci, “ci sono lì anche persone in buona fede, ma proprio questo è il problema. Al di là di quanti siano imbrattatori, odiatori o violenti – a me sembrano tanti – in Vaticano si dovrebbe capire che quell’insulto verso Giovanni Paolo II esprime esattamente l’ideologia dominante di queste manifestazioni. Nelle quali non si sentono mai “ragionamenti profondi”, né si cantano salmi, ma si gridano slogan rabbiosi e parole di odio”. È incredibile che i cattolici vadano a rimorchio di queste manifestazioni e facciano da foglie di fico. Da cattolico ritengo che, invece di affollare piazze in cui si insulta Giovanni Paolo II, in cui si sventolano “bandiere di Hamas”, dove si lanciano proclami di odio in compagnia di persone con “mazze e maschere antigas”, i cattolici dovrebbero organizzare e partecipare a veglie di preghiera che, raccogliendo l’invito di Leone XIV, sostenessero così – con le armi spirituali – questa speranza di pace che si sta affermando. Il Papa questo aveva chiesto ai fedeli: andare nelle parrocchie e recitare ogni giorno il rosario per la pace. Ma chi lo ascolta? Chi lo segue? A proposito dei pelosi distinguo delle “frange isolate di estremisti”, dello “scopo assolutamente pacifico della Flotilla”, queste distinzioni non reggono più. “Quando si caldeggino iniziative pericolose, sapendo benissimo che inevitabilmente porteranno grossi guai, quando non si abbia alcuna remora a mettere alla frusta le strutture di difesa di uno Stato, non si può autodefinirsi persone civili e perbene (ammesso che valga ancora qualcosa esserlo e che a qualcuno interessi sforzarsi di esserlo)”. (Roberto Ezio Pozzo, Le imprese della floppiglia e un avviso ai naviganti, 5.10.25, atlanticoquotidiano.it) Peraltro, l’altra sera a Porta a Porta, riguardo alle manifestazioni pro-Flotilla e pro-Hamas, Meloni ha parlato di “violenze preordinate”, e osservato che “quando si consente a chi inneggia al terrorismo di Hamas di stare in testa al corteo forse la tesi dei semplici infiltrati è un po’ riduttiva”. Niente di nuovo sotto il sole, è un film che abbiamo già visto, più volte e la sinistra continua a somministrarcelo. È la solita narrazione del mainstream mediatico che “ci presenta la disgustosa minestra riscaldata di un preteso valore sociale, di motivazioni profonde che starebbero alla base di comportamenti di per sé antisociali e pericolosi. Nessuna originalità, nessun desiderio di smetterla di belare come pecoroni che ripetono slogan preconfezionati o addirittura precotti”. Io aggiungerei che la smettessero di latrare. “Una sinistra che definire irresponsabile, per usare il termine del presidente del Consiglio, è abbondantemente poco”. Naturalmente non può usare termini diversi visto il suo ruolo. Ci sarebbe da chiedere quanti tra i manifestanti sperano nel successo del Piano di pace di Trump? Secondo Socci, molti di loro, forse, “desiderino piuttosto il suo fallimento perché detestano il presidente americano. Ma il suo fallimento significherebbe prosecuzione della guerra, altre morti e tragedie. Allora cosa concretamente si vuole? La pace o la guerra?”
Infine, occorre fare qualche riflessione sulla deriva estremista di questa sinistra che usa un evidente lessico incendiario e che la rende totalmente inadeguata al governo di un Paese occidentale importante come l’Italia. Non c’è più traccia della vecchia sinistra. Ora Pd, M5S e Avs parlano lo stesso linguaggio e sono diventati una sorta di Leoncavallo su scala nazionale. Sarebbe una tragedia se l’Italia finisse nelle mani di questi “scappati di Gaza”. Interessante la riflessione su questo aspetto di Marco Invernizzi, che risponde alla domanda “Come mai adesso, e soltanto in Italia con tale forza e impegno, vengono profuse tante energie, tanto da farci ricordare le manifestazioni per la guerra in Vietnam degli Anni ‘60/70, allora contro gli Usa, oggi contro Israele?”. Certamente le sinistre sono in crisi, sono “a corto di argomenti per fermare la crescita politica ed elettorale della destra conservatrice e dei populismi in Europa, particolarmente in Italia, dove il governo di centro-destra continua a governare con un consenso popolare costante se non in crescita. A queste forze politiche poco importa delle ragioni del popolo palestinese, così come a Marx e a Engels poco importava della sofferenza degli operai quando lanciarono la lotta di classe scrivendo il Manifesto del partito comunista nel 1848. Allo stesso modo, poco importava, negli Anni ‘60, di migliorare la condizione femminile a chi si accingeva a lanciare il manifesto di un femminismo rivoluzionario e dialettico che avrebbe segnato la cultura e il costume dei successivi 50 anni. Lo scopo della Rivoluzione non è mai quello di migliorare una situazione difficile, ma è il caos, è appunto “fare la Rivoluzione”. Per raggiungere lo scopo, di solito, ci vuole la violenza”, fisica e verbale come la stiamo vedendo nei manifestanti e nelle redazioni dei giornali, nelle trasmissioni tv. “Decenni fa, era il fascista il nemico, in realtà ogni anti-comunista, oggi è l’ebreo e chi difende le ragioni del popolo di Israele. Tuttavia, il nemico è sempre l’Occidente”. Certo Israele ha usato male il suo diritto di difendersi dalle aggressioni che subisce almeno dal 1948, ma ha diritto di esistere, tanto quanto il popolo palestinese. Eppure, il solo ricordare questa ovvietà oggi implica l’accusa di “essere complici del genocidio dei palestinesi”, scrive Invernizzi. Provate a immaginare di sostenere pubblicamente un’altra ovvietà: che cosa doveva fare Israele dopo il 7 ottobre? Fare come se nulla fosse accaduto, come se 1250 assassinati e 250 israeliani rapiti fossero una cosa normale? Poi la reazione militare è andata oltre i nostri standard di Paese occidentale, che crede nell’esistenza di valori e di limiti, come l’eccesso di legittima difesa”.
DOMENICO BONVEGNA
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