LA STORIA: IL GRAN MUFTI CHE ADORAVA HITLER

Continua il mio lavoro di ricerca sul settimanale di area conservatrice Il Settimanale. Ho trovato un significativo intervento di Marco Respinti (8 settembre 2007) L’Islam antisemita, da sempre e nella Seconda Guerra Mondiale se la fece con i nazisti. Ecco la storia di Amin al-Husseini che visita Auschwitz, se ne compiacque e poi si allevò Nasser, Sadat, Arafat e Abu Mazen. Il racconto di David G. Dalin.

Negli anni oscuri della II guerra mondiale la Chiesa si fece in quattro per salvare gli ebrei, mentre l’islam s’infervorava per Adolf Hitler e il suo leader, cioè al-Husseini, se ne rendeva complice. Dalin, basandosi su lavori di studiosi seri, Dalin che è professore di Storia delle Scienze Politiche, in La Leggenda Nera del Papa di Hitler (Piemme) è il famoso rabbino che da anni sbugiarda, documenti alla mano, le false accuse di convivenza con il Nazismo mosse a Papa Pio XII e alla Chiesa cattolica dal mondo liberal. L’antisemitismo nasce con l’Islam stesso nel 622, anno dell’Egira, la fuga di Maometto dalla Mecca a Medina, giunto nella nuova patria, il profeta perseguita gli ebrei della città. Quindi la storia del Mufti di Gerusalemme, amico di Hitler viene da lontano. Dopo aver fatto la storia di al-Husseini, Respinti si ferma al 1935, quando Hitler promulga le Leggi razziali, piovono telegrammi da tutto il mondo musulmano egemonizzato dal Mufti di Gerusalemme, in particolare dal Marocco e dalla Palestina.

Del resto, Husseini è intimo amico del Console tedesco Heinrich Wolff che gli indica la strategia adatta per scongiurare qualsiasi insediamento ebraico nella zona. Il suo sogno è una grande coalizione islamica che, alleate del Reich Millenario, combatta organicamente l’ebraismo mondiale fino allo sterminio totale. Infatti, con il Patto di Monaco del 1938, il progetto pare concretizzarsi. Intanto nel Medio Oriente il modello nazi pret-a-porter dilaga, fra il 1933 e il 1938 sono sorte diverse formazioni politiche ispirate al partito Nazionalsocialista dei Lavoratori tedeschi. Dopo che Husseini diventa primo ministro in Irak il filotedesco Ali al-Ghailani, aiutato dal Mufti di Gerusalemme viene invitato a trasferirsi a Berlino. Nel 1941 s’imbarca in questa volontarissima e godutissima cattività avignonese in versione islamica. Apre un ufficio per organizzare una resistenza islamica in Medio Oriente aiutando spie come il futuro presidente egiziano Sadat. Si incontra con Hitler divenendo suo amico.

I due discutono come devono soffocare la presenza ebraica in Palestina e certamente il gran mufti raccolse confidenze del Fuhrer circa la soluzione finale. Anzi, ne fu uno degli ispiratori. Era anche in confidenza con il ministro degli Interni, Himmler. Ci sono le foto dei due con calici alzati e dediche e con l’SS di alto grado Eichmann, fra i più alacri sterminatori di ebrei in tutto il Reich. Al Processo di Norimberga il vice di Eichmann additò addirittura il mufti come uno degli iniziatori dell’Olocausto, aggiungendo che Husseini aveva visitato le camere a gas di Auschwitz. Nel 1943 il gran mufti divenuto agente dello sterminio ebraico a Berlino si mette ad arruolare effettivi musulmani per le Waffen SS in Bosnia, le quali si scagliano contro ebrei e cattolici in Croazia e Ungheria. A Dresda il suo amico Himmler crea una scuola militare speciale di mullah addetti alle reclute bosniache.

Alla fine della guerra nel 1946 Husseini riesce a farla franca fugge in Egitto. Qui incontra Yasser Arafat, e attraverso un ex ufficiale nazista, fatto entrare segretamente, inizia l’addestramento di Arafat, il quale uccide il suo primo ebreo nel 1947. Tuttavia, chi considera Husseini il maestro è Nasser leader dell’Egitto nazionalista e fondatore antisemita dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) Nel 1968, Arafat, fonda il proprio gruppo terroristico al-Fatah, con l’Olp e nel 1968, recluta gente come Erich Altern, leader della sezione affari ebraici della Gestapo, e Willy Berner, ufficiale delle SS Mauthausen. Husseini muore nel 1974, ma la sua prole è numerosa. Nasser era famoso per raccomandare la lettura dei “Protocolli dei Savi di Sion”, il re saudita Faisal li donava ai suoi ospiti; Sadat, Muhammar Gheddafi e lo stesso Arafat ne sono sostenitori; in Iran se ne fa sfoggio; e il Governo de Il Cairo ne stampa copie.

Alcuni prigionieri catturati nella Guerra dei Sei Giorni del 1967 tenevano in tasca il Mein Kampf di Hitler. Poi l’articolo si occupa di Abu Mazen, il successore di Arafat alla guida dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) Dottore in Storia al Collegio Orientale di Mosca nel 1983 ha pubblicato la tesi in forma riveduta “L’altra faccia. Le relazioni segrete fra il nazismo e i capi del movimento sionista”: vi scrive che gli ebrei gonfiano le cifre dell’olocausto. Insomma, Marco Respinti invita i cacciatori d’ignominia antisemiti a lasciare stare le sottane dei preti per indagare nelle moschee e negli uffici governativi degli adepti del Corano. Ma è evidente che sta più a cuore chi odia Pio XII e Giovanni Paolo II che voleva canonizzarlo, che l’amore per la Verità. Gl’islamici ringraziano.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna@gmail.com