LA LETTERA: IL PONTE, SALVINI, L’AMBIENTE. QUALE FUTURO PER LO STRETTO DI MESSINA?

di Andrea Filloramo

Un messinese mi ha inviato un’email in cui, fra l’altro, mi ha scritto: Il Ponte è uno fra i soliti bluff di Salvini, che, durante l’ultima visita a Messina, dove è venuto per difendere questo progetto, è stato preso a ingiurie e che, a Palermo, per gli stessi motivi, i manifestanti hanno esposto slogan in cui si leggeva: “I leghisti aiutiamoli a casa loro”, “Leghisti siete la casta”, “Noi non dimentichiamo gli insulti alla Sicilia”…

Nel rispondere a quest’email occorre necessariamente premettere che la distinzione tra persona e personaggio politico è sempre abbastanza delicata e genera inevitabili difficoltà nel giudizio.

Ogni persona è, infatti, il soggetto nella sua interezza e con le sue fragilità; il personaggio politico, invece, è una costruzione pubblica: ciò che di lui si mostra e che viene comunicato è spesso quel che viene percepito.

Questo sdoppiamento produce una tensione continua: non è mai del tutto chiaro se i gesti e le parole appartengano alla verità della persona o alla necessità strategica del ruolo che copre.

E’ certo che in politica l’immagine assuma un rilievo enorme: slogan, gesti simbolici, presenze mediatiche. Il giudizio tende a formarsi, quindi, più sul “personaggio” che sulla “persona”.

Questo, rischia di ridurre un individuo complesso a un insieme di pose o narrazioni. Gli elettori e i media tendono a proiettare aspettative, paure o speranze sul politico, trasformando la sua immagine in un simbolo che va oltre la persona reale. Ciò rende il giudizio ancora più difficile, perché raramente si valuta la realtà dei fatti, ma piuttosto un intreccio di realtà e rappresentazione.

Ciò premesso, si può affermare che Matteo Salvini, di cui nell’email si parla, è senza dubbio uno dei leader più polarizzanti della scena politica italiana contemporanea. La sua parabola politica, iniziata nella Lega Nord degli anni ’90, l’ha portato a diventare vicepremier, ministro dell’Interno e punto di riferimento del sovranismo italiano. Il suo percorso resta letto, pertanto, in modi radicalmente opposti: per alcuni è il portavoce del “popolo vero”, per altri il simbolo del populismo gridato.

Nato politicamente come militante della Lega Nord, Salvini ha interpretato e guidato la trasformazione del partito: da movimento regionale con vocazione federalista, addirittura secessionista, a forza nazionalista e sovranista.

Questo passaggio, che i suoi sostenitori considerano un’evoluzione pragmatica capace di allargare i consensi, i suoi oppositori lo interpretano invece come un segno di incoerenza e opportunismo politico.

E’ indubbio che l’opportunismo si manifesta nella sua capacità di cambiare le posizioni politiche per adattarsi alle circostanze e massimizzare il consenso, passando dall’euroscetticismo e alle critiche al libero mercato a sostenere politiche neoliberiste come la flat tax, pur mantenendo un’impostazione protezionista e oscillando tra correnti economiche diverse all’interno del suo partito, la Lega.

La centralità della comunicazione è forse il tratto più evidente del suo stile. Salvini ha costruito, infatti, una presenza costante sui social network, diventando uno dei leader italiani più seguiti online.

Per i sostenitori, questa scelta rappresenta un modo di avvicinare la politica alle persone comuni, rompendo la distanza con le istituzioni. Per i critici, invece, è il sintomo di una politica ridotta a spettacolo permanente, basata su selfie, slogan e semplificazioni.

Il risultato è un leader che resta al centro di un conflitto di narrazioni: per i suoi elettori Salvini è il “Capitano”, voce del popolo e difensore dell’identità nazionale; per i suoi oppositori è, invece, il simbolo di un populismo che divide e impoverisce la politica. Questa ambivalenza, lungi dall’indebolirlo, continua a renderlo una figura centrale del dibattito pubblico, capace di attrarre consensi e allo stesso tempo generare forti resistenze.

Puntiamo adesso la nostra attenzione sul progetto “Ponte sullo Stretto”, che Matteo Salvini rilancia, come se fosse una promessa molto vicina a diventare realtà.

A tal proposito occorre dire che chi osserva con occhio critico non può fare a meno di notare la continuità di uno schema politico ormai consolidato: grandi annunci, immagini spettacolari, slogan incisivi…, cantieri sempre rimandati.

Una cosa è certa: il Ponte sullo Stretto di Messina torna in primo piano ogni volta che serve accendere l’attenzione mediatica, soprattutto al Sud, dove il consenso elettorale può essere stimolato con poche parole efficaci.

“Il Ponte ci sarà” diventa così un mantra di Salvini più che un progetto esecutivo ingegneristico – che poi è quello del 2011 – un modo per mostrare determinazione senza affrontare del tutto la complessità reale di costi, studi richiesti di fattibilità e ostacoli tecnici, danni urbanistici enormi alla città di Messina. Parlare di danni significa riferirsi alla mancata realizzazione degli interessi pubblici legati alla pianificazione urbanistica e all’edilizia, nonché ai danni patrimoniali conseguenti la perdita di proprietà o di utilità. he il progetto può arrecare ai cittadini.

Critici e analisti sottolineano che i numeri parlano chiaro: stimare una cifra di 13 miliardi e quattrocento milioni solo per la costruzione, senza considerare manutenzione e connessioni infrastrutturali, rende l’impresa, a parere di molti, quasi irrealizzabile.

Per non parlare delle difficoltà geologiche e ambientali, dei vincoli normativi, delle lungaggini burocratiche, delle demolizioni di interi quartieri, i cui abitanti, privati della loro abitazione, non sapranno dove andare a stare,  di luoghi di ristoro sacrificati all’altare di un Ponte che non c’è.

Salvini, tuttavia, cavalca il mito del grande annuncio e, come se bastasse evocarlo, fissa delle date sempre diverse, per trasformarlo in realtà.

Per i suoi oppositori, il Ponte è il simbolo perfetto della sua politica “da piazza” cioè: spettacolo, visibilità e consenso immediato, senza la concretezza o la serietà dei programmi.

È, perciò – come afferma il mittente dell’email inviatami – un bluff politico, un esercizio di retorica, più concentrato su discorsi persuasivi e di apparenza che su dettagli concreti, soluzioni pratiche e su un vero piano infrastrutturale.

Per tali motivi il Ponte sullo Stretto diventa emblematico: non è solo un’opera sospesa tra Sicilia e Calabria, ma un indicatore dello stile salviniano, capace di trasformare i sogni in strumenti di propaganda, confermando l’immagine di un leader che privilegia il consenso e l’effetto mediatico rispetto alla realizzazione dei progetti