IL PUNTO DI VISTA: NON BASTANO TRE ANNI PER CAMBIARE L’ITALIA

Un articolo di Marcello Veneziani su La Verità del 18 luglio scorso ha provocato qualche reazione peraltro isolata come quella di Marco Invernizzi sul blog di Alleanza Cattolica (Il dovere della speranza, 21.7.25, alleanzacattolica.org) Sostanzialmente Veneziani ha manifestato un certo disagio per non aver visto nessun cambiamento sociale, culturale e politico dopo tre anni di Governo di Centrodestra in Italia.

Veneziani da osservatore marginale che guarda da una fessura periferica le cose che accadono, da uomo realista, e della tradizione, con forti passioni ideali e civili si scopre ogni giorno più estraneo a questo mondo interno e internazionale circostante addirittura si sente distante, estraneo, e schifato dallo scenario interno e internazionale che ci circonda”. Quando c’erano gli altri (cioè, i sinistri) a governare era relativamente tutto più semplice: rivolgevi il tuo sguardo critico sul potere interno e internazionale, sulla cultura dominante e le sue ideologie di supporto. “Ma oggi che in Italia governa ormai da tre anni la destra, oggi che negli Stati Uniti c’è Trump, oggi che la situazione internazionale è più controversa e meno uniforme, ci sarebbe da guardare le cose in maniera diversa, vedere profilarsi nuove prospettive, segnali di cambiamento, nutrire aspettative diverse. Invece – scrive Veneziani – la cappa perdura e non riesco a vedere nulla di promettente e di diverso rispetto a ieri”.

Dopo aver criticato l’Europa e Trump che non è riuscito a fermare nessuna guerra. Infatti, tutto prosegue come prima, bombe e stragi incluse. Critica il governo italiano di destra che difende l’Ucraina e il ministro della cultura Giuli che non fa esibire un direttore d’orchestra russo a Caserta, pericoloso cavallo di Troia di Putin. Sorvolo sul caso della moglie ucraina del ministro Urso. “Piccoli episodi, per carità, – scrive Veneziani – ma piccoli segnali di un modo furbetto di allinearsi al coro o di ripristinare in modo altrettanto furbetto i privilegi del solito, vecchio notabilato politico (lei non sa chi sono io)”. Per Veneziani, il quadro complessivo che ne esce è desolante e non concede scampo. “Troppe cose non sono cambiate, e mai cambieranno, pur con l’avvento di un governo di destra. Anzi, mi fa ridere la critica rivolta da sinistra a questo governo in quanto sovranista, quando proprio di sovranismo non c‘è traccia”. Credo che Veneziani non muterebbe il suo giudizio dopo aver visto la copertina del Time di oggi che considera la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni come la figura più importante in Europa. Veneziani conclude la sua devastante critica accennando alla questione culturale dei libri, delle idee, di autori e temi del passato, quindi ad occuparsi di Storia. La cultura oggi non conta, è poco seguita, poco capita, smorta. E qui sono dalla sua parte. Dovremmo lottare perché la questione culturale di formazione (libri, giornali, riviste) nella Destra abbia più spazio. Dunque, scrivevo sopra all’intellettuale Veneziani ha risposto Invernizzi invitando il giornalista ad avere speranza, quella che viene da Dio e non dagli uomini, sia in Italia che nel mondo. Invernizzi in questo contesto, invita a leggere il testo più bello sulla speranza scritto da Benedetto XVI con l’enciclica Spe salvi nel 2007.

Sperare in un mondo migliore non soltanto è lecito, ma è necessario per il bene comune”, scrive Invernizzi. In questa prospettiva la speranza è strettamente legata alla politica, nel senso che per costruire il bene della Polis bisogna prima conoscere in che cosa consiste e, poi, volere il bene della comunità. Questo “bene comune” però, non assomiglia in nulla a quello auspicato dalle ideologie, che vorrebbero “calare dall’alto”, sulla società, il loro progetto ideale. “Il bene che nasce dalla speranza è un “bene arduo”, difficile, che necessita di tanto tempo perché si fonda sui cambiamenti culturali ed esistenziali di molti uomini, tanti e tali da fare cambiare l’orientamento della società intera”. Si può dire che si comincia a intravvedere una speranza quando comincia a cambiare il “senso comune” di una società, cioè il modo di pensare e di vivere di parti significative della stessa. La società comincia a cambiare quando le persone, le famiglie, le comunità, iniziano ad accettare quei principi fondamentali come il rispetto della vita, della famiglia e della libertà, quando si accostano ai valori del diritto naturale. In pratica quando si abbandonano i postulati delle ideologie. Certo, si può sperare anche in un “bene comune” nelle relazioni internazionali, per Invernizzi. “I grandi cambiamenti nella storia, nel bene e nel male, sono avvenuti attraverso importanti conversioni, cioè cambiamenti radicali nel modo di pensare e di vivere di popolazioni che hanno accolto un nuovo messaggio ideale. Così si è diffuso il cristianesimo, lentamente, costruendo poi nei secoli la civiltà cristiana, che si è realizzata progressivamente dall’Editto di Milano dell’imperatore Costantino, nel 313, proseguendo per circa mille anni. La politica e le istituzioni hanno certamente aiutato, basti pensare appunto a Costantino, ma il vero cambiamento comincia nei cuori degli uomini, si trasmette di famiglia in famiglia e soltanto poi arriva a toccare le istituzioni”. Invernizzi, continua a fare riferimento alla Storia, e Veneziani dovrebbe ben conoscerla. Per arrivare a Carlo Magno, e poi il percorso del marxismo per arrivare alla Rivoluzione russa del 1917. Ci son voluti secoli sia per costruire che per distruggere. “Per questo mi pare inadeguato il richiamo di Veneziani alla delusione che gli proviene dal fatto che, dopo mille giorni di un governo della destra, nulla è cambiato rispetto a prima.

Come può un governo cambiare in pochi anni una società dove per secoli è penetrato un morbo ideologico in modo così profondo? È veramente un compito dei governi fare penetrare le ideologie nella società, come hanno fatto illuminismo e marxismo, contro cui si è opposto proprio questo governo, il primo conservatore della storia italiana, cercando di arginare proprio quella deriva ideologica?” Certo questo governo può fare meglio (da tempo scrivo che bisogna eliminare la tassa odiosa dell’Imu, il canone Rai, il bollo auto), ma non solo questo, “ma non attribuiamogli poteri salvifici che non ha, non vuole e non potrebbe avere, proprio in ragione delle sue caratteristiche culturali”. Per le questioni internazionali ci vuole pazienza.

DOMENICO BONVEGNA

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