
Il Comitato italiano dell’agenzia Onu per l’uguaglianza e l’empowerment femminile lancia “In tutte le lingue del mondo”, un’iniziativa di sensibilizzazione e raccolta fondi per fermare la strage silenziosa che si consuma ogni giorno in ogni angolo del globo: «La violenza sulle donne è un linguaggio universale, nessun Paese è immune, incluso il nostro, come dimostrano gli ultimi tragici casi di femminicidio»
Roma – Con una donna uccisa in media ogni dieci minuti1, oltre 50mila in un anno, il femminicidio è l’emblema di una strage silenziosa che si consuma ogni giorno in ogni angolo del globo. Si stima siano almeno 736 milioni (una su tre) le donne sopra i 15 anni che hanno subìto violenza fisica e/o sessuale almeno una volta nel corso della propria vita (9 su 10 per mano di un partner)2. E l’Italia non fa eccezione, come dimostrano gli ultimi tragici casi di cronaca, di cui a colpire è, oltre all’efferatezza, la giovane età delle vittime e dei presunti autori3. Per fermare tutto questo è urgente uno sforzo collettivo che faccia leva sulla prevenzione e sull’educazione. Va in questa direzione la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “In tutte le lingue del mondo” lanciata da UN Women Italy per dire «basta» alla violenza di genere. Per sostenere l’organizzazione e i suoi programmi è possibile donare accedendo alla pagina dedicata dona.unwomenitaly.org.
«La violenza contro le donne è, tragicamente, un linguaggio universale. Nessun Paese, neanche il nostro, è immune. Di fronte a un fenomeno inaccettabile dobbiamo moltiplicare gli sforzi. Serve una forte mobilitazione collettiva. Perché la violenza contro le donne non è inevitabile. Possiamo prevenirla. Eppure solo lo 0,2% della spesa globale in aiuti allo sviluppo va al contrasto alla violenza di genere4», spiega Loredana Grimaldi, Head of Fundraising di UN Women Italy.
LA VIOLENZA SULLE DONNE IN GUERRA Al di fuori delle mura domestiche il mondo si rivela un posto altrettanto ostile per donne e ragazze. In guerra in particolare violenza e abusi diventano una pratica sistematica. Il moltiplicarsi dei conflitti armati (135 quelli registrati nel 2024, inclusi 61 statali, il numero più alto dal 1946)5 ha conseguenze drammatiche per donne e ragazze. Mentre il numero di chi vive in zone di guerra ha superato i 600 milioni (in crescita del 50% rispetto al 2017), nel 2023 le vittime uccise in teatri bellici sono raddoppiate (4 su 10)6. Nella sola Striscia di Gaza, secondo le stime di UN Women, oltre 28mila tra donne e ragazze hanno perso la vita dall’inizio del conflitto nell’ottobre 2023, in media due ogni ora7.
Specularmente i conflitti moltiplicano la violenza sessuale, con lo stupro impiegato come arma di guerra. Circa 3.700 i casi verificati dalle Nazioni Unite nel solo 2023 (+50%)8. Numeri allarmanti ma con ogni probabilità sottostimati dal momento che molti casi non vengono denunciati o non possono essere verificati.
SUDAN Conseguenza inevitabile delle guerre, gli sfollamenti forzati9 aumentano in modo esponenziale il rischio di abusi e violenza di genere. È il caso del Sudan, dove la guerra civile che imperversa da oltre due anni ha innescato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo e «i corpi delle donne sono diventati campi di battaglia»10. Oltre 6 milioni tra donne e ragazze sono state sfollate mentre l’Onu ha registrato un drammatico aumento delle vittime di violenza di genere (quasi +300%) e documentato l’uso sistematico dello stupro ai danni in particolare di minoranze etniche11.
UCRAINA Anche in Ucraina molte donne vittime di violenza sessuale hanno deciso di rompere il silenzio, come testimoniano le storie raccolte da UN Women. La missione di monitoraggio delle Nazioni Unite dall’inizio del conflitto, nel febbraio del 2022, all’agosto del 2024 ha registrato 342 casi, di cui 104 ai danni di donne e ragazze12.
GAZA In tempo di guerra anche le strutture sanitarie diventano facile bersaglio, privando milioni di donne del diritto alla salute, a cominciare da quella sessuale e riproduttiva13. Drammatica in questo senso la condizione delle donne incinte a Gaza, circa 55mila. Con solo una manciata di ospedali ancora in grado di fornire assistenza alle gestanti, tra carenza di farmaci e dispositivi medici, malnutrizione e stress acuto, una su tre affronta gravidanze ad alto rischio, mentre i neonati prematuri e sottopeso sono almeno uno su cinque14.
AFGHANISTAN A cadere vittima dei conflitti sono anche i diritti umani. Emblematico l’Afghanistan, dove dopo il ritorno al potere nel 2021, il regime talebano ha progressivamente eroso le libertà di donne e ragazze fino a rimuoverle dalla vita pubblica, privandole del diritto all’istruzione, al lavoro e alla salute in quello che è considerato uno dei casi più estremi di apartheid di genere. Secondo l’Afghan Gender Index 2024 di UN Women, il Paese mostra il più ampio divario di genere al mondo, secondo solo allo Yemen, con otto donne su dieci che non studiano né lavorano. Allarmanti i numeri sul fronte della violenza fisica e sessuale per mano del partner, tra i più elevati al mondo già prima del 202115. La presa di Kabul non ha fatto che esacerbare i fattori di rischio, dal controllo istituzionalizzato degli uomini alla perdita dell’indipendenza economica delle donne fino all’abolizione delle tutele legali per le vittime di violenza. Senza contare il persistere di pratiche tradizionali come il delitto d’onore, i matrimoni forzati e precoci e il “baad”, la cessione delle donne usate come merce di scambio per appianare controversie16.
UN WOMEN, DA 15 ANNI A FIANCO DELLE DONNE IN TUTTO IL MONDO Quest’anno UN Women, la più giovane agenzia delle Nazioni Unite, spegne 15 candeline. Da quando è nata, sostiene milioni di donne e ragazze in tutto il mondo per porre fine alla violenza di genere, promuovere la parità e favorire l’indipendenza economica17. È quello che fa per esempio in Ucraina, dove nel 2024 attraverso 54 organizzazioni locali ha supportato nel complesso oltre 180mila tra donne e ragazze, fornendo assistenza umanitaria, protezione e supporto alle vittime di violenza di genere, supporto legale e psico-sociale18. A Gaza e in Cisgiordania i programmi dell’agenzia puntano su sostentamento economico e accesso al lavoro, parità e partecipazione, contrasto alla violenza di genere e protezione delle vittime. Dall’inizio del conflitto nella Striscia, UN Women è sul campo anche per fornire alla popolazione servizi essenziali19. Allo stesso modo UN Women è in prima linea in Sudan, dove negli ultimi due anni ha lavorato insieme a oltre 60 organizzazioni locali per garantire assistenza umanitaria e supporto economico a donne sfollate dalla guerra e vittime di violenza di genere20. In Afghanistan UN Women non ha indietreggiato dopo l’avvento del regime talebano. In prima linea contro il rischio cancellazione di donne e ragazze dalla vita pubblica, tra 2024 e 2025 ha sostenuto 240 organizzazioni femminili in tutte le 34 province del Paese asiatico per fornire sostegno alle vittime di violenza, assistenza umanitaria, supporto economico e formazione professionale anche nelle aree più remote21.
UN WOMEN ITALY In Italia, dove UN Women è approdata appena un anno fa22, il Comitato nazionale ha promosso numerose iniziative. Ultima in ordine di tempo, il capitolo italiano di HeforShe23, il movimento globale creato dalle Nazioni Unite nel 2014 per promuovere la parità di genere con il coinvolgimento diretto di uomini e ragazzi24.
«Per eliminare la violenza contro le donne e favorire la parità di genere dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla prevenzione e sull’educazione per imprimere un cambiamento culturale radicale. E per riuscirci è necessario che uomini e ragazzi giochino un ruolo da protagonisti», afferma Darya Majidi, presidente di UN Women Italy.