
Durante la mia intensa attività sociopolitica e religiosa nel messinese negli anni ’90, ogni volta che mi apprestavo a presentare Alleanza Cattolica nei vari ambienti dichiaravo sempre che l’associazione formata di laici cattolici era nata per diffondere la Dottrina Sociale della Chiesa. Evidenziarlo in certi ambienti politici era normale riscontrare una certa ignoranza dell’argomento, purtroppo capitava anche negli ambienti cattolici.
Credo che la situazione non sia migliorata, anzi l’ignoranza della Dottrina sociale è più accentuata. Ora con l’elezione di Leone XIV e soprattutto con il suo richiamo al Pontefice della Rerum Novarum, se ne riparla. La Dottrina sociale della Chiesa era la “grande dimenticata”, scrive Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica (La dottrina sociale della Chiesa e il pontificato di Leone XIV, 23.6.25, alleanzacattolica.org). C’era stato un forte impulso durante il pontificato di san Giovanni Paolo II, ricordo il suo forte discorso, sulla Dottrina sociale mai pronunciato a causa dell’attentato del 13 maggio 1981. Un “ritorno” alla dottrina sociale, grazie alle tre encicliche Laborem exercens (1981), Sollicitudo rei socialis (1987), Centesimus annus, pubblicata nel 1991 nel centenario della Rerum novarum.
Ma poi l’attenzione calò ancora, anche se non si ritornò agli Anni 70, quando c’era stata una vera e propria ostilità diffusa nei confronti della dottrina sociale, perché considerata un ostacolo al compromesso con il marxismo e più in generale al “dialogo” con le ideologie della modernità. “Per anni, nel periodo successivo al Concilio Vaticano II (1962-1965) e dopo il Sessantotto, la dottrina sociale era stata oscurata all’interno del mondo cattolico” (E Giovanni Paolo II fece rifiorire la dottrina sociale, 23.4.2011, lanuovabq.it).
Il rifiuto della dottrina sociale aveva una sua logica nel ragionamento di chi voleva fare del Concilio Vaticano II una svolta rivoluzionaria che ponesse fine a quella che sprezzantemente negli ambienti progressisti veniva chiamata “Chiesa costantiniana”, dal nome dell’imperatore Costantino (274-337)[…]Costoro auspicavano una Chiesa disincarnata, “pura” e lontana dagli affari e dalla politica, che dopo aver fatto una radicale “scelta religiosa” non avrebbe avuto più bisogno di una dottrina sociale”. Poi durante il pontificato di Giovanni Paolo II la dottrina sociale avrebbe finalmente ricevuto una definizione importante, in qualche modo definitiva, nella seconda delle tre encicliche sociali, la Sollicitudo rei socialis (1987):
“La dottrina sociale della Chiesa non è una «terza via» tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale” (Sollicitudo rei socialis, 41). A questo punto è importante seguire il ragionamento di Invernizzi, che per comprendere l’importanza della dottrina sociale “bisogna avere a cuore il tema della verità, oggi così tanto trascurato”.
La Verità esiste ed è una persona, cioè Gesù Cristo. Non è “un programma ideato da uomini, perché così sarebbe una ideologia. La verità è Dio: l’uomo può avvicinarsi, non può possederla ma può lasciarsi possedere”. L’uomo può conoscere la Verità e siccome è un essere sociale e animale politico, come lo definisce Aristotele, l’uomo conosce e valuta anche le relazioni con i suoi simili. “La dottrina sociale aiuta gli uomini a conoscere la realtà, ad avvicinarsi alla verità sull’uomo e sulla società. Essa si ricava dalla natura, dall’esperienza storica e dalla Rivelazione e viene elaborata alla fine del 1800 dal Magistero della Chiesa proprio nel tempo in cui, venute meno le istituzioni cristiane, emarginata la presenza pubblica della Chiesa, i cattolici sono costretti a confrontarsi con ideologie avverse, che pongono problemi nuovi alla società. Rerum novarum, infatti, le “cose nuove” dell’epoca moderna impongono alla Chiesa di elaborare una riflessione articolata appunto per offrire ai cattolici, ma anche a tutti gli uomini interessati, una soluzione ai nuovi e drammatici problemi”. Pertanto, si comincia a parlare di dottrina sociale della Chiesa, verso la fine del XIX secolo, durante il pontificato di Leone XIII. “Essa condanna tutti gli errori delle diverse ideologie ma non si limita a questo. Leone XIII propone un corpus dottrinale per ricostruire una società ammalata e indica, nella Lettera apostolica Vigesimo quinto anno del 1902, anche un ordine logico con cui leggere le sue diverse encicliche che trattano i problemi più rilevanti della società dell’epoca”.
Poi i successori di Leone XIII fino a papa Francesco continueranno l’opera, denunciando i problemi “nuovi” delle diverse epoche, i totalitarismi delle diverse ideologie, il laicismo, e i problemi internazionali conseguenti a un rapporto squilibrato fra il Nord e il Sud del mondo. Anche loro cercheranno di indicare una via di ricostruzione sociale. “Certamente, -scrive Invernizzi – il rischio di ridurre la dottrina sociale a una serie astratta di principi, cioè di renderla una ideologia per quanto “vera”, è un rischio possibile. Per evitarlo bisogna tenerla legata al suo fine, che è la costruzione di una società cristiana, e al soprannaturale, cioè al fatto che una società conforme al disegno di Dio aiuta gli uomini a salvarsi e a santificarsi, che è esattamente il motivo per cui esiste la Chiesa, la salus animarum. In fondo, la dottrina sociale della Chiesa ha bisogno di cristiani che la studino, la diffondano e sappiano renderla attrattiva grazie soprattutto alla loro santità”. Il pontificato di Leone XIV potrebbe essere una grande occasione di rilancio della dottrina sociale nell’ambito di una nuova evangelizzazione del mondo contemporaneo.
a cura di Domenico Bonvegna