
di Roberto Malini
Arnaldo Pomodoro, uno dei più grandi scultori italiani del Novecento, si è spento a Milano il 22 giugno 2025, all’età di 99 anni. Nato il 23 giugno 1926 a Morciano di Romagna, Pomodoro aveva trascorso l’infanzia e i primi anni della formazione a Pesaro, città con la quale ha sempre mantenuto un legame profondo e affettivo. Proprio a Pesaro si trova una delle sue opere più amate, la Sfera Grande, installata in piazzale della Libertà, simbolo identitario della città, punto di riferimento per i suoi abitanti e immagine indelebile nella memoria collettiva.
Pomodoro ha saputo interpretare la materia in modo rivoluzionario, trasformando forme geometriche perfette – sfere, cubi, dischi, colonne – in strutture attraversate da squarci, fenditure, misteriosi varchi. In queste fratture bronzee, ricche di scritture interiori, si addensano le tensioni della modernità, i conflitti tra perfezione e caos, tra ragione e disincanto. Le sue opere raccontano la bellezza della contraddizione, l’inquietudine della superficie che si apre su universi sconosciuti.
Fin dagli anni Cinquanta, Pomodoro ha introdotto una “scrittura” inedita nella scultura, una grammatica segreta incisa nel bronzo, che i critici hanno definito “archeologia del futuro”. Negli anni Sessanta, la sua ricerca si apre alla tridimensionalità monumentale: nel 1966 realizza per l’Expo di Montreal una sfera di tre metri e mezzo, oggi posta di fronte al Ministero degli Esteri a Roma. È l’inizio di una stagione che lo porterà a esporre le sue opere in tutto il mondo, davanti alla sede delle Nazioni Unite a New York, all’Unesco di Parigi, nei musei vaticani, a Dublino, Los Angeles, Brisbane, Copenaghen e in numerosi parchi scultorei internazionali.
Ma Pomodoro non si è limitato alla scultura pubblica. La sua poetica ha attraversato l’architettura, il paesaggio, la scenografia teatrale e perfino l’enologia, come nel celebre Carapace, la cantina-scultura di Bevagna. Tra i progetti ambientali più significativi, resta memorabile il Progetto per il Cimitero di Urbino del 1973, esempio di arte integrata nel paesaggio, mai realizzato ma rimasto un’icona del suo pensiero visionario.
Con la sua scomparsa, il mondo dell’arte perde un alchimista delle forme, un architetto del dubbio, un filosofo del bronzo. La città di Pesaro lo ricorda con gratitudine e commozione, consapevole di custodire nel suo centro un’opera che è più di una scultura: la Sfera Grande è un simbolo di equilibrio, energia e memoria, un cuore metallico che continuerà a battere in riva al mare, come eterno omaggio a un artista che ha saputo “rompere la perfezione per rivelare il mistero”.
Foto di R. Malini