Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: l’esser cavalieri del Sacro Ordine Costantiniano di S. Giorgio è da considerare un valore aggiunto o soddisfa soltanto la loro ambizione?

di Andrea Filloramo 

Che si sia sempre amato l’anacronismo, inteso come la persistenza di abitudini fuori dal loro contesto storico, è cosa molto risaputa. Non si tratta solo di folclore o di attaccamento alla memoria storica ma di un’abitudine a vivere fuori tempo, a replicare forme svuotate di senso e a custodirli gelosamente. 

Se è così, il passato non è oggetto  di rielaborazione critica, ma è un modello da imitare pedissequamente, anche quando mostra chiaramente i suoi limiti; quando si vuole conservare l’immobilità e non si vuole gestire la complessità del presente; quando esso diventa  un vezzo estetico o identitario, una zavorra culturale, un riflesso automatico che trasforma ogni tentativo di innovazione in una parodia del nuovo; quando non si tenta neppure di modernizzare  l’apparenza; non si restaurano neppure le facciate e l’interno resta sempre quello di ieri, con le sue logiche feudali. 

Così, ci si difende dal futuro fingendo di averlo accolto, mentre in realtà lo si snatura rivolgendolo all’indietro. 

Da osservare che in ambito ecclesiastico, l’anacronismo è frequente e particolarmente evidente, indica conservatorismo e clericalismo che non tende a morire. 

Esso, in poche parole, è un’espressione che indica il riferimento a epoche passate di idee, comportamenti, riti, credenze o istituzioni religiose che si vogliono reiterare ed errori di collocazione temporale, che si vogliono applicare al futuro. 

L’anacronismo religioso è particolarmente racchiuso anche nei vecchi titoli, che non si vogliono abbandonare, il cui uso disinvolto da parte dei preti può avere conseguenze pastorali e culturali.  

Nell’epoca dei selfie e dei titoli onorifici distribuiti con generosità, gli uomini di Chiesa non sono immuni al fascino del blasone, che in certi ambienti e nella gratificazione clericale è diventato una medaglia che piace sfoggiare, soprattutto in contesti pubblici, messe solenni, cene di gala, processioni, convegni è il titolo di “Cavaliere”, spesso legato a ordini religiosi o pontifici. 

Fra gli Ordini il più noto è il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, che conserva titoli cavallereschi, insegne araldiche e cerimonie formali che, pur rifacendosi a un passato monarchico non più attuale, è molto frequentato da membri dell’alta borghesia, della nobiltà in decadenza, da personalità influenti e da preti, che vivono nella Spagna e nell’Italia Meridionale, che cercano prestigio sociale e onorificenze e che magari si aggiungono a quella di Monsignore o di Cameriere Segreto di Sua Santità.  

L’Ordine è di antichissima tradizione cristiana, la cui origine leggendaria risale addirittura all’imperatore Costantino il Grande (IV secolo), anche se la sua forma moderna si è sviluppata nel tardo Medioevo e si è consolidata soprattutto tra XVII e XVIII secolo, del quale liberamente parliamo.  

Nonostante la sua antichissima rivendicazione di origini imperiali, oggi molti studiosi e osservatori critici considerano questo Ordine – come altri simili – una sopravvivenza storica con funzioni soltanto simboliche più che operative, legate a un mondo aristocratico e confessionale ormai superato. 

Fine modulo 

Da specificare che attualmente esistono più rami che si contendono la legittimità del Gran Magistero; c’è il ramo “spagnolo”: sostenuto da Carlo di Borbone delle Due Sicilie (residente in Spagna); il ramo “napoletano”: sostenuto da Pietro di Borbone-Due Sicilie (residente in Italia). 

Il fatto che l’Ordine sia ancora oggi conteso da rami della nobiltà borbonica (ramo spagnolo e ramo napoletano) indiscutibilmente accentua il senso di anacronismo. 

A dimostrazione di ciò e del fatto che fra gli uomini di chiesa ci siano quelli che si ammantano orgogliosamente dei suoi titoli e dei suoi simboli, basterebbe leggere la Gazzetta del Sud del 25 maggio u. s, che informa dettagliatamente, senza alcuna enfatizzazione, dell’investitura dei cavalieri, svolta il 24 maggio u.s. a Monreale e dove c’è anche la foto ingrandita di un prete nuovo cavaliere. 

In quel quotidiano, quindi, leggiamo: “La cerimonia di investitura si è svolta sabato 24 maggio nella cattedrale di Monreale, alla presenza del principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie, duca di Castro, Capo della Casa Reale Borbone delle Due Sicilie e Gran Maestro dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio e di tutti gli Ordini dinastici di casa Borbone due Sicilie, e della Principessa Beatrice di Borbone delle Due Sicilie. C’è anche il sacerdote messinese Vincenzo Massimo Majuri, parroco di Castanea e docente di Filosofia all’Istituto teologico San Tommaso tra i nuovi cavalieri e le dame del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio. Una cerimonia più ricca quest’anno perché le investiture non hanno riguardato solamente i cavalieri e le dame di Sicilia ma anche quelli delle delegazioni del Sud Italia (….) Da Messina era presente una delegazione guidata da mons. Mario Di Pietro, referente per Messina e Provincia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e don Giuseppe Mirabito parroco di Lipari, anche lui cavaliere dal 2023 etc..”. 

Ci chiediamo in modo soltanto provocatorio, finalizzato alla riflessione di tutti: “l’essere cavalieri del Sacro Ordine Costantiniano di S. Giorgio, per i preti, è da considerare un valore aggiunto al loro ministero o soddisfa soltanto la loro ambizione, la vanagloria o addirittura il loro narcisismo?”; “I fedeli a loro affidati, che non amano l’anacronismo dei titoli e delle livree, come commentano quanto leggono nella Gazzetta del Sud?” Le risposte sono ovvie e sono sicuramente alla portata di tutti.