Il Conclave secondo Andrea Filloramo: Cardinale Franco Montenegro, “Bisogna tanto pregare”

Roma 24–5-2021 Hotel Ergife Conferenza Episcopale Italiana Assemblea generale della Cei, aperta dal Santo Padre Papa Francesco. S.E.Card. Gualtiero Bassetti Servizio realizzato durante la pandemia Corona Virus - Covid 19 Ph: Cristian Gennari/Siciliani

di Andrea Filloramo 

Era ampiamente prevedibile che nell’avvicinarci al giorno del conclave dovessimo assistere, in tutti i media, allo scatenarsi del cosiddetto “totopapa”, che non intendiamo ripetere, sapendo che il compito dei cardinali di individuare il 266° successore di Pietro è estremamente difficile, che non può essere anticipato con improbabili quanto pressoché inutili sbirciatine nella sfera di cristallo e che va accompagnato con l’atteggiamento proprio dei credenti.  

“Bisogna tanto pregare”: così mi ha scritto in un sms il Cardinale Franco Montenegro, che prenderà parte al conclave.  

Tuttavia un pizzico di conoscenza della storia della Chiesa e del mondo cattolico in cui essa vive e opera, possono dare la possibilità di costruire un profilo di un ipotetico papa, che basandoci  su criteri chiave come l’età, l’esperienza, la visibilità globale, l’accettabilità tra cardinali, la continuità o la discontinuità con Papa Francesco, potrebbe avere maggiori probabilità realistiche di essere eletto, ben sapendo, però, che una sua presunta elezione risponde più alle nostre attese che alla scelta che verrà dal conclave, che – come talvolta è avvenuto-  forse ci stupirà.  

Sappiamo, innanzitutto, che da più parte s’invoca un papa italiano. Ciò sarebbe un ritorno alla tradizione: per oltre 450 anni consecutivi (dal 1523 al 1978), infatti, tutti i papi sono stati italiani.  

Dopo l’elezione di Giovanni Paolo II (polacco), di Benedetto XVI (tedesco) e di Francesco (argentino) – si ritiene – che un papa italiano – possa offrire continuità, equilibrio e competenza, conoscenza profonda della Curia romana, capacità diplomatiche e linguistiche, stabilità e mediazione, tradizione teologica e culturale, caratteristiche non tutte garantite dall’italianità di un possibile Pontefice. 

Occorre, tuttavia, evidenziare che con gli ultimi papi la Chiesa ha assunto un profilo molto più globale e, quindi, un papa italiano rischierebbe di essere percepito (a torto o ragione) come più legato ai giochi di potere della Curia o meno disposto a riformarla, come una scelta “di ritorno”, meno rappresentativa della Chiesa mondiale, una regressione o una “chiusura” rispetto al mondo, un possibile legame con gli interessi interni vaticani.
Un papa italiano potrebbe essere percepito come un pontefice che  ha un minore impatto nei contesti di crescita della fede. 

A tal proposito è necessario ricordare che in Italia la pratica religiosa è in forte declino. Secondo il rapporto Eurispes risalente al 2016 (e oggi la situazione è più grave) il 71,1% dei cittadini italiani si dichiarava cattolico di cui il 25,4% cattolico praticante, ovvero il 18% del totale dei cittadini, in calo rispetto al 2006, quando i cattolici erano l’87,8% della popolazione di cui i praticanti il 36,8%, ovvero il 32,3% della popolazione totale …e, quindi, un papa italiano potrebbe non rappresentare al meglio le nuove energie della Chiesa che oggi non vengono sicuramente dall’Italia.  

Tenendo conto di ciò, a parere di chi scrive, un eventuale pontificato del Cardinale Pietro Parolin, veneto d’origine, attuale Segretario di Stato vaticano, di cui si parla come prossimo pontefice, che dovrebbe succedere all’argentino Papa Francesco, potrebbe non rispondere in modo adeguato alle necessità della Chiesa 

Parolin, oltretutto, non è mai stato vescovo di una diocesi importante. È più uomo di ufficio e diplomazia che pastore tra la gente. Potrebbe non entusiasmare le folle né le giovani generazioni. Da quel che si sa, ha poco distacco dai meccanismi interni della Chiesa, che Papa Francesco ha cercato di scardinare. Potrebbe, quindi, essere visto e considerato come rappresentante del “sistema” Vaticano, mentre molti chiedono riforme più radicali. 

Tutto ciò non toglie che divenuto eventualmente Papa, non riesca a essere “pastore” di una Chiesa aperta al futuro e non senta, come diceva Papa Francesco “l’odore delle pecore”. In sintesi: Se il conclave cerca un “gestore”, un pontefice prudente e diplomatico, Parolin è una scelta logica e sicura. Se invece cerca una figura profetica, carismatica o profondamente pastorale, deve cercare altrove. 

Da più parti si ipotizza che, come controfigura di Parolin, ci sia il  Cardinale Matteo Zuppi (Bologna, 68 anni), il Francesco italiano” presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), molto vicino alla comunità di Sant’Egidio, apprezzato per il suo impegno nel dialogo, nella pace (incluso l’Ucraina), per la sua vicinanza ai poveri, favorevole al dialogo, molto rispettato in Italia e all’estero, esperienza diplomatica (missioni in Ucraina). Giovane per gli standard papali, benvoluto sia da progressisti che da moderati. 

Alcuni si pongono la domanda: “e se il Papa fosse un africano, un “nero”? 

Un papa africano rafforzerebbe l’immagine della Chiesa come realmente cattolica, cioè “universale”, non legata solo all’Europa o all’Occidente.  L’Africa è oggi una delle regioni con la crescita più rapida del cristianesimo. Un papa africano potrebbe rappresentare meglio le esigenze e le sensibilità di milioni di fedeli africani.  

Un pontefice africano porterebbe prospettive nuove su temi come la povertà, le migrazioni, la giustizia sociale, l’ambiente, la famiglia, e la spiritualità comunitaria.  

Le chiese africane sono spesso viste come vivaci e ferventi; questa energia potrebbe aiutare a ravvivare il senso di missione in aree del mondo dove la fede è in declino. 

Ovviamente potrebbero essere reazioni di resistenza, sia interne che esterne alla Chiesa, basate su pregiudizi culturali o razziali, che speriamo non ci siano nei cardinali. 

E’ certo che l’elezione di uno di loro, rappresenterebbe un evento storico, segnando il primo papa africano in oltre 1.500 anni e il primo proveniente dall’Africa subsahariana. Sarebbe un segnale forte della crescente importanza dell’Africa nella Chiesa cattolica, dove la popolazione cattolica è in rapida crescita. Tuttavia, molti osservatori ritengono che le probabilità siano ancora limitate, anche se in aumento rispetto al passato.  

Anche l’elezione di un papa asiatico rappresenterebbe una svolta storica per la Chiesa Cattolica e potrebbe portare benefici simili — e distinti — da quelli legati a un papa africano.  L’Asia, infatti, è il continente con la più grande diversità religiosa (buddhismo, islam, induismo, taoismo, confucianesimo, ecc.). 

 Un papa asiatico potrebbe promuovere con maggiore efficacia il dialogo interreligioso e la pace tra culture. In molti paesi asiatici, i cattolici sono minoranza, ma spesso molto fervente.  

Un papa proveniente da questo contesto porterebbe una testimonianza di fede vissuta in condizioni di sfida e perseveranza. 

Le Chiese asiatiche sono spesso centrate sulla spiritualità contemplativa e sulla solidarietà comunitaria — valori che potrebbero arricchire l’intera Chiesa.
Alcuni paesi asiatici sono all’avanguardia in ambito tecnologico e sociale. Questo potrebbe aiutare la Chiesa ad affrontare le sfide del mondo moderno in modo innovativo. 

Diversi possono essere i cardinali asiatici che potrebbero diventare papa. 

Fra tutti spicca il Cardinale Luis Antonio Tagle (Filippine, 67 anni), che ha un grande profilo globale, molto popolare tra i giovani, ottimo comunicatore, particolarmente attento al settore dei new media, un volto noto della televisione nazionale filippina 

Sebbene sia considerato un progressista, ha duramente criticato una proposta di legge sulla salute riproduttiva nelle Filippine; si è espresso con forza contro l’aborto e l’eutanasia, sostenendo che ci sono situazioni in cui i principi morali universali non si devono applicare, come la comunione per le coppie che convivono in matrimonio ma senza un matrimonio sacramentale, e questioni legate all’omosessualità.    

Di Tagle si può sottolineare, ancora, che è membro dei Dicasteri per le Chiese Orientali, per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per i Testi Legislativi, per il Dialogo Interreligioso, per la Cultura e l’Educazione e per l’Evangelizzazione – Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione del mondo.  

Fa parte, anche, della Commissione Cardinalizia di Vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione (I.O.R.), dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e del Consiglio della Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato. 

Potrebbe rappresentare l’Asia e proseguire l’apertura della Chiesa con una visione missionaria. 

Potremmo delineare molti altri profili, appartenenti ad altre nazioni e continenti, tutti degni e capaci di fare il papa. 

Confidando nell’intervento dello Spirito Santo, che, in un momento particolare che il mondo e la Chiesa stanno vivendo, aiuterà i cardinali a scegliere il successore di Pietro. Abbiamo la certezza che, chiunque sarà il Pontefice, la rivoluzione operata da Papa Francesco non sarà interrotta. E’ difficile immaginare che la Chiesa possa tornare indietro in maniera sostanziale, rispetto al messaggio e alle posizioni espresse da Papa Bergoglio. Ciò significherebbe tagliarsi fuori rispetto ai cambiamenti e alle grandi questioni che stanno attraversando le nostre società e il mondo”.