
Carissimi,
questa lettera vi giunge in prossimità della Pasqua, preceduta dalla Settimana Santa durante la quale riviviamo il mistero di passione- morte- risurrezione del Signore, settimana ultima della vita del Cristo in cui improvvisamente il tempo rallenta, si dilata: chiamati a seguire Gesù giorno per giorno, quasi ora per ora, dall’entrata in Gerusalemme alla corsa di Maria Maddalena il mattino di Pasqua.
La Domenica delle Palme è un giorno di festa, visibile e chiara per tutti, con un duplice volto però: da una parte un cuore grande di accoglienza realizzata dalla gente e dai giovani di Gerusalemme che col grido di Osanna dicono che il cuore resta nella gioia solo quando si apre all’altro e il ramoscello d’olivo nelle nostre piazze ci impegna ad essere operatori di pace e di perdono; dall’altra ha un riflesso di mestizia.
L’esultanza si tramuta in riflessione amara nel tragico racconto della Passione del Signore.
Quel Gesù accolto, ora viene respinto, tradito, abbandonato, torturato ed ucciso.
Tutti fuggono. Tanti restano lontano. La Legge si schiera con i prepotenti. Il giusto è lasciato solo.
Sono i due volti, odierni, della storia, della gente di ogni tempo.
Oggi esalta, domani abbassa. Illude per poi deludere.
Accoglienza o rifiuto. Esultanza o opposizione. Presenza o fuga.
Resta una domanda finale: io dove sto? Da quale parte e con chi mi colloco?
Pertanto, l’analisi trae spunto da un passo del Vangelo di Mt 27,14 – “Ma egli non rispose neanche una parola”- per articolare una riflessione non tanto sul silenzio in sé di Gesù, quanto sull’atteggiamento del cristiano di fronte al male. Il passo citato si rifà al commento dell’evangelista circa la reazione del Cristo durante l’interrogatorio di Pilato, governatore, nel contesto della passione.
Mi sono sempre chiesto: perché il Messia tace davanti a chi lo provoca in malafede con bugie e insinuazioni?
Non per viltà, certamente!
Per una scelta nonviolenta, ante litteram? Forse.
Dopo aver scrutato sommariamente la Scrittura, ho compreso che in Gesù si compie il disegno particolare che riguardava il Servo del Signore che maltrattato si lasciò umiliare, e non aprì la sua bocca (Is 53,7, prima lettura del venerdì santo), su cui si innestano le parole dell’Orante del Salmo 39,3.10:
“Ammutolito, in silenzio, tacevo, ma a nulla serviva”.
“Ammutolito, non apro bocca perché sei tu che agisci”.
La mia domanda di fondo, tuttavia, fin qui non aveva trovato una risposta soddisfacente.
Ho intrapreso, allora, una strada che si snoda fra qualche dubbio personale e molte certezze, basate queste ultime sull’atteggiamento di Gesù nei confronti di coloro che intendevano mascherare, con i loro discorsi, la bilancia della mente e così calpestare la verità. Quante persone il Maestro ha incontrato che, avendo pienamente torto, si proponevano come difensori della tradizione e in malafede tramavano tranelli!
Pensiamo per un attimo agli scribi e ai farisei “ipocriti” che cercavano tutti gli espedienti per farlo morire… Ebbene, alla fine di tutte queste manovre maliziose, sintetizzate dall’atteggiamento ostile di Pilato che non vuole noie con i capi del popolo, Gesù sente chiedersi: “Non senti quante testimonianze portano contro di te?”, e l’evangelista aggiunge: “Ma egli non rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase stupito”.
A mio parere, il Maestro non risponde e non insiste per non umiliare il suo interlocutore, e lo fa per amore della Verità. L’azione del Nazareno è sconvolgente perché crea un’atmosfera di silenzio, di fiducia, di umiltà al fine di aiutare colui che ha torto a scoprire spontaneamente il proprio errore, a rimettersi a nudo.
Il silenzio diventa così contemplazione e si apre sulla profondità del mistero.
Sebbene Pilato fosse “rimasto stupito” dal fatto che Gesù non proferisse parola, sappiamo dalla continuazione del racconto che non ha colto in profondità la provocazione del Cristo.
Mi chiedo ancora: che cosa insegna questo atteggiamento del Signore circa il rapporto da tenere con gli altri?
Penso che Gesù suggerisca che mettere alle strette chi ha torto comporta per costui una certa “violenza”, un certo “ferimento” della verità che lui dovrebbe scoprire spontaneamente.
Paradossalmente, così facendo si diventerebbe complici della sconfitta della Verità stessa.
Troppe verità, infatti, sono vittime di chi si sente senza peccato, eppure non ha il coraggio di scagliare la prima pietra!
Ripenso, quindi, al sacrificio di Gesù che non è una forma di riparazione al Padre per disarmarlo della sua punizione, quanto un opporsi alle nostre resistenze, al nostro amor proprio affinché risorgiamo in un risveglio di coscienza e riconosciamo la Verità come un volto, una persona, una presenza, la luce stessa dell’eterno Amore. Quante volte sono morto, era finito l’olio della lampada, finita la voglia di impegnarmi e di amare, la voglia di vivere, e in qualche grotta oscura dell’anima una voce diceva: – “non mi interessa più niente”… e poi un seme ha cominciato a germogliare, non so perché – scrive Ermes Ronchi – non so dove. Una pietra si è smossa, è entrato un raggio di sole, un grido d’amico ha rotto il silenzio, delle lacrime hanno bagnato le bende che mi imprigionavano. E questo è accaduto per misteriose, segrete, sconvolgenti ragioni d’amore: Dio in me, amore fino al pianto, amore che come un tarlo luminoso rode le bende, il buio, il sudario, e poi rotola via la pietra che bloccava, che pesava sull’imboccatura del cuore.
Esci, sciogliti e vai, con passo libero e glorioso per sentieri nel sole.
Rifaremo così l’esperienza dell’adultera (Gv 8,1-11), riabilitata nella sua dignità di “donna” dallo sguardo silenzioso e abbassato di Gesù.
Insieme usciamo: è tempo di far fiorire i rami secchi del cuore!
Auguri di buona Pasqua!
Ettore Sentimentale