
«Si continua a mettere al centro l’ospedale, mentre i cittadini hanno bisogno di una presa in carico continua e integrata. Senza una riforma vera della sanità territoriale, le criticità resteranno le stesse, anche senza tagli». Con queste parole Pieremilio Vasta, coordinatore regionale della Rete Civica della Salute, interviene nel dibattito sulla rimodulazione della Rete Ospedaliera in Sicilia, presentata in questi giorni alle Conferenze provinciali dei sindaci dall’Assessorato della Salute.
Per Vasta si tratta di una procedura già vista: «Andare dai Sindaci per illustrare chiusure e riduzioni di reparti solleva preoccupazioni e proteste legittime da parte dei territori». Ma il vero problema, secondo il coordinatore della Rete Civica, è un altro: «Si continua a discutere solo dell’ospedale, anziché della continuità assistenziale sanitaria e sociosanitaria. Questo è in contraddizione con il processo riformatore di sanità di prossimità previsto dal PNRR». Per Vasta, il tema non può essere ridotto al solo numero di reparti o di posti letto: «Bisognerebbe andare prima dai sindaci a spiegare come nasceranno le Case della Comunità e come si costruisce un sistema di presa in carico integrata dei pazienti – dalla medicina di base alla specialistica, dall’ospedale alla riabilitazione e alla prevenzione – ci si ostina a mantenere l’ospedale al centro del dibattito. Ma senza servizi territoriali efficienti e alternativi al ricovero, il sistema resterà sempre in affanno».
Il rischio è che il confronto mal impostato finisca per ignorare il vero problema: la riorganizzazione complessiva del Sistema Sanitario Regionale, con il necessario equilibrio tra territorio e ospedale.
«La priorità deve essere la salute della comunità, non solo le prestazioni ospedaliere – sottolinea il coordinatore RCS – anche nel caso in cui si dovesse tornare indietro sui tagli – come il taglio dei 367 posti letto e la chiusura di alcuni reparti – se non si attivano i cambiamenti promessi dal PNRR, nulla cambierà rispetto alle criticità e alle disperazioni attuali».
Entrando nel merito della proposta di rimodulazione, Vasta evidenzia alcune lacune: mancano dati epidemiologici puntuali (si considerano solo indicatori generali della popolazione, ma non c’è un’indagine sui reali bisogni dei territori, sui posti letto ordinariamente mancanti che causano la degenza in barella nei pronto soccorso); nessuna analisi sugli accessi impropri al pronto soccorso e sui rientri ospedalieri per mancanza di continuità assistenziale, aggravati dall’assenza del fascicolo sanitario elettronico e conseguenti ripetizioni diagnostiche; motivazioni deboli per alcune chiusure, «Non si può giustificare la chiusura – precisa Vasta – di un reparto solo per scarso indice di occupazione se la causa è la mancanza di personale»; il DM 77/2022 è appena accennato e «non emerge chiaramente la riforma dell’assistenza territoriale, che – secondo Vasta – dovrebbe guidare ogni scelta compensativa». Inoltre, spiega il coordinatore di RCS, «non risulta alcuna indicazione sugli standard minimi di personale per garantire l’operatività degli ospedali, in un contesto di cronica carenza di medici e infermieri».
Secondo RCS, nella proposta ci sono comunque elementi innovativi che meritano attenzione: «Dall’introduzione di un modello di piccolo ospedale di rete integrata, con nuove discipline e servizi di day service e degenza ordinaria al riequilibrio dei posti letto per acuti e post-acuti su base provinciale – continua Vasta – dall’attivazione di nuovi posti letto in branche carenti per ridurre la mobilità sanitaria passiva, alla previsione di posti letto per ortogeriatria all’interno delle aree di medicina e geriatria. Innovazioni da spiegare meglio e da organizzare con chiarezza».
Per Vasta il vero snodo resta la realizzazione di un’assistenza di prossimità basata sulle Case della Comunità, che devono diventare il punto d’accesso dei cittadini al sistema sanitario e sociale: «Non si può più costringere le persone a inseguire servizi scollegati tra loro. La Casa della Comunità deve essere il luogo dove il welfare sanitario e sociale si integra, dove i cittadini non sono solo destinatari di prestazioni, ma protagonisti della valorizzazione delle risorse e delle competenze della comunità. È su questo grande progetto che l’Assessore alla Salute dovrebbe aprire un confronto vero con i sindaci e i cittadini, ascoltando le esperienze di chi vive i problemi quotidianamente e riconoscendo il valore della partecipazione come leva di forza da valorizzare».