
L’uso delle tecnologie digitali – computer, smartphone, tablet e simili – fa bene alla testa perché riduce il declino cognitivo.
Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Nature Human Behavior” ha analizzato l’impatto della tecnologia digitale sull’invecchiamento cognitivo, considerando che la prima generazione impegnata con tali tecnologie ha raggiunto l’età nella quale emergono i rischi di demenza.
La ricerca ha esaminato 136 studi, coinvolgendo 411mila persone con età media di 68 anni e una distribuzione di genere equilibrata (53% di donne), supportata da liste di controllo standardizzate per la verifica della qualità metodologica.
I risultati mostrano che l’uso regolare dei dispositivi digitali è associato alla riduzione del rischio di deterioramento cognitivo e al suo rallentamento nel tempo. L’analisi suggerisce che l’interazione con la tecnologia stimola il cervello, favorisce le connessioni sociali e supporta l’autonomia nelle attività quotidiane. In sostanza, chi utilizza frequentemente queste tecnologie ha circa il 58% di rischio in meno di sviluppare problemi cognitivi.
Gli interrogativi posti dalla ricerca sono stati duplici: da un lato l’ipotesi, definita “demenza digitale”, secondo la quale una lunga esposizione ai dispositivi digitali poteva avere effetti dannosi sul funzionamento cognitivo; dall’altra, la tesi sostenuta come “riserva tecnologica”, supportava l’idea che l’uso regolare di queste tecnologie potesse stimolare il cervello, favorire la socializzazione e mantenere in vita le capacità cognitive, proteggendo le persone da un declino più rapido. Per dare una risposta, il team di ricerca – guidato dal professor Jared Benge, dell’Università del Texas (Usa) e dal professor Michael Scullin, dell’Università Baylor (Usa) – ha aggregato i risultati di studi ricavati da banche dati per dare una risposta all’interrogativo. Sono state utilizzate metodologie rigorose per garantire risultati affidabili e significativi.
E’ stata effettuata una selezione degli studi includendo quelli da osservazione che dovevano concentrarsi sull’uso della tecnologia digitale in persone di età avanzata e includere esiti cognitivi o diagnosi di demenza. Sono state, infine, valutate le ricerche considerando variabili come età, genere, stato socioeconomico e riserve cognitive, in un arco temporale fino a 18 anni.
Esistono altre ricerche che esplorano l’impatto della tecnologia sull’invecchiamento cognitivo e fisico estese a diverse popolazioni, comprese quelli condotti in Europa e in Cina. I risultati indicano benefici significativi, specialmente per la memoria e l’attenzione.
L’utilizzo delle piattaforme di comunicazione, infatti, riduce il rischio di isolamento, incoraggia gli anziani a partecipare ad attività sociali, educative e ricreative migliorando la qualità della vita, consente di accedere alle cure mediche e ricevere supporto senza dover lasciare le proprie case, ottimizzando l’autonomia e riducendo la pressione sul sistema sanitario, stimolando, inoltre, settori economici e servizi legati cosiddetta “all’età d’argento”.
Questi studi sottolineano l’importanza di un approccio inclusivo e sostenibile per integrare la tecnologia nella vita degli anziani, massimizzando i benefici e affrontando le sfide di salute che si prospettano nel corso dell’età avanzata.
Il team di ricerca, guidato dal professor Jared Benge, dell’Università del Texas (Usa) e dal professor Michael Scullin, dell’Università Baylor (Usa), sottolinea, comunque, la necessità di ulteriori ricerche per comprendere meglio i meccanismi di azione.
Se a questa attività mentale si aggiungesse quella fisica si otterrebbero benefici straordinari: si stimolerebbe la produzione di endorfine (migliorando così l’umore), e si rafforzerebbero l’apparato muscolare e quello cardiocircolatorio.
(Articolo pubblicato sul quotidiano LaRagione del 6 Maggio 2025)
Primo Mastrantoni, presidente comitato tecnico-scientifico di Aduc