
Il nostro Pianeta è gravemente minacciato, ma a rischio non sono solo gli ecosistemi, anche Greenpeace è sotto attacco, un attacco violento e ingiusto che mira ad un solo scopo: mettere a tacere chi combatte per salvare la Terra, soffocare la voce di chi dà voce alla Natura in pericolo. Dinanzi a questo scenario, gli italiani non sono affatto indifferenti: più di 9 su 10 hanno la chiara percezione che uno o più ambienti naturali sono sotto minaccia, ritengono che le cause principali siano vari tipi di inquinamento e i cambiamenti climatici, pensano che ognuno di noi sia chiamato a intervenire e quasi la metà sottolinea l’importanza che organizzazioni ambientaliste e comunità scientifica diano voce a chi voce non ne ha. Sono alcuni dei risultati della ricerca condotta a fine maggio 2025 – tramite 1.016 interviste on line a italiani 18-70enni – da AstraRicerche per Greenpeace Italia, che lancia la campagna “Time to resist”.
TEMPO DI RESISTERE, CONTRO LE SLAPP: CAUSE GIUDIZIARIE CHE INDIGNANO E PREOCCUPANO
A seguito della causa intentata dalla Big Company petrolifera Energy Transfer – il cui Presidente ha finanziato la campagna elettorale di Donald Trump – una giuria negli USA si è espressa a favore di una condanna che, se confermata, porterebbe l’Organizzazione a pagare oltre 660 milioni di dollari. “Si tratta di una cifra sproporzionata, deliberatamente distruttiva, volta a reprimere l’Organizzazione e, con essa, una voce fondamentale nella difesa della Terra – spiega Chiara Campione, Direttora del Programma di Greenpeace Italia – Ma non ci faremo zittire: la campagna Time to resist è un invito a sostenerci in questo momento cruciale per la sopravvivenza sia del Pianeta che di chi si batte per difenderlo. Una battaglia per la vita e per i diritti, che richiede il sostegno di tutti”.
Questo tipo di cause, chiamate SLAPP (Strategic Lawsuit Against Public Participation), sono azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica. Per la maggioranza degli italiani le SLAPP, oltre che essere un fenomeno estremamente preoccupante (58,8%), rappresentano un abuso del sistema giudiziario, che viene strumentalizzato non per ottenere giustizia, ma per sopprimere il dissenso e la critica (57,1%), una minaccia per la democrazia, la libertà di espressione e ogni forma di dissenso pacifico e non violento (56,8%). Per la netta maggioranza degli intervistati, tali cause giudiziarie sono un ostacolo significativo all’azione di chi si batte per la tutela dell’ambiente (58,9%) e anche se capita a volte di non condividere l’agire di tali organizzazioni la convinzione è che non debbano essere schiacciate, messe a tacere, marginalizzate (56,7%). L’opinione generale è che le grandi organizzazioni o potenze dovrebbero usare il loro potere in modo più responsabile (75,6%).
IL RUOLO CENTRALE ATTRIBUITO A GREENPEACE E ORGANIZZAZIONI AFFINI
A prevalere fortemente negli italiani è l’idea che un forte indebolimento, silenziamento o chiusura di Greenpeace e di altre organizzazioni affini costituirebbe un danno, l’offesa di un diritto di tutti e di ciascuno (è una consapevolezza trasversale a tutti gli italiani, meno presente solo presso i più giovani, la Gen Z che condivide meno di tutti i rischi associati a un tale scenario): perché la Natura, che non ha una sua ‘voce’, perderebbe chi le dà voce nel dibattito pubblico (69,8%), perché politici e aziende spregiudicati potrebbero agire senza limiti, danneggiando l’unico Pianeta disponibile (68,7%), perché piccoli e grandi disastri ambientali non sarebbero conosciuti dalla popolazione come lo sono invece adesso (68,6%).
TUTTO IL PIANETA È GRAVEMENTE MINACCIATO, DAGLI AMBIENTI ACQUATICI A QUELLI TERRESTRI
La quasi totalità degli italiani ha ben chiara l’idea di uno o più ambienti naturali particolarmente a rischio sul Pianeta (è appena il 2,9% a non saper fornire alcuna indicazione). Ad essere ritenuti gravemente minacciati in primis gli ambienti acquatici e semi-acquatici (91,1%) immediatamente seguiti dagli ambienti terrestri. Fra i più esposti al rischio, la maggioranza degli italiani indica gli ecosistemi polari (Artico e Antartico, 55,3%), gli oceani e i mari (54,4%) e anche le foreste pluviali (in particolare Amazzonia, Borneo, Congo, 51,3%). Quasi la metà degli italiani ritiene particolarmente a rischio le barriere coralline (48,7%). Vi sono poi una serie di altri ambienti che, sebbene a rischio, sono segnalati meno di frequente fra i più esposti: le zone umide (laghi, fiumi, paludi, 16,3%), gli ecosistemi montuosi (13,7%), i deserti (6,3%).
FACT CHECKING – Commento di Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia
“Il fattore che, più di tutti, minaccia gli ambienti naturali è il cambiamento climatico i cui effetti negativi sono certamente più evidenti in tutti quegli ambienti che si reggono su delicati e fragili equilibri. Tra questi risultano particolarmente impattate le regioni polari, specie l’Artico, ma anche le barriere coralline e le foreste pluviali. La straordinaria biodiversità di queste ultime è messa in pericolo a causa di ulteriori fenomeni come la perdita e la frammentazione degli habitat naturali, l’inquinamento, la gestione non sostenibile delle risorse naturali e l’introduzione di specie aliene”.
LA PRIMA MINACCIA: L’INQUINAMENTO (DA PLASTICA E ATMOSFERICO GLI ALLARMI PIÙ FORTI)
La minaccia principale per l’ambiente è l’inquinamento, con l’81,3% del campione che individua diverse forme di contaminazione e inquinamento quali responsabili del rischio. Primo fattore di pericolo in assoluto nella percezione degli italiani è l’inquinamento da plastica (39,8%) seguito a breve da quello atmosferico (emissioni industriali, traffico veicolare e combustione di biomassa, 36,1%). Altre forme di contaminazione che impattano in misura significativa sull’ambiente sono l’inquinamento idrico (scarichi industriali, agricoli e domestici, 26,9%), gli sversamenti di petrolio (21,7%), l’inquinamento del suolo (21,0%) e, meno indicato, l’inquinamento acustico e luminoso (6,8%).
FACT CHECKING – Commento di Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Time to Resist
Le attività umane producono grandi quantità di sostanze inquinanti. Tra queste, i gas ad effetto serra come anidride carbonica e metano sono i principali responsabili dei cambiamenti climatici e dell’incremento delle temperature del pianeta. Quello dell’inquinamento da plastica è un fenomeno piuttosto recente, cresciuto in modo esponenziale negli ultimi cinquant’anni e che fatichiamo a contenere in assenza di regole e leggi rigorose. Purtroppo, già oggi questa forma pervasiva di contaminazione non risparmia nessun ecosistema e nemmeno il nostro corpo e, se i numeri della produzione continueranno a aumentare come da previsioni, anche l’inquinamento che ne deriva è destinato a peggiorare
IL SECONDO AMBITO DI PERICOLO: I CAMBIAMENTI CLIMATICI
Per il 71,2% il pericolo è legato ai cambiamenti climatici. Ad essere più indicato fra le cause e gli effetti del riscaldamento globale è lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari (30,3%). Poi le emissioni di gas serra (27,0%) e a seguire gli eventi meteorologici estremi (siccità prolungate, ondate di calore, inondazioni e tempeste più intense e frequenti, 21,3%) e le variazioni delle temperature e delle precipitazioni (20,4%). Segnalate infine come critiche il riscaldamento delle acque (18,1%) e l’acidificazione degli oceani dovuta all’aumento della CO2 atmosferica (12,5%).
IL RISCHIO LEGATO AD ALTERAZIONE DEGLI HABITAT E SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE
Il 68,5% del campione vede nell’alterazione di habitat con modifiche agli ecosistemi i principali rischi per l’ambiente. In tale ambito l’impatto più grave è individuato nella deforestazione (l’abbattimento di foreste su vasta scala per far spazio ad agricoltura, 29,9%) e nel disboscamento illegale (29,0%). A seguire l’urbanizzazione e consumo di suolo (18,7%), gli incendi boschivi (17,7%) e l’alterazione dei corsi d’acqua e delle zone umide (13,7%).
Fra gli ambiti di rischio più significativi, il 39,1% teme in particolare lo sfruttamento eccessivo delle risorse, con un prelievo insostenibile; i pericoli principali sono individuati nell’agricoltura intensiva (18,1%) e nell’eccessivo prelievo di acqua per agricoltura, industria e uso domestico (12,2%), un poco meno nella pesca eccessiva (9,8%), nella caccia e bracconaggio (7,8%). In ultimo, un intervistato su dieci segnala i rischi derivanti dall’introduzione di specie aliene invasive (10,1%).
FACT CHECKING – Commento di Simona Abbate, Campaigner Clima ed Energia
Il cambiamento climatico, pur essendo meno visibile dell’inquinamento quotidiano, dovrebbe essere la principale preoccupazione delle persone poiché è una minaccia esistenziale che agisce in modo silenzioso ma devastante. I suoi effetti colpiscono ogni aspetto della nostra vita: salute, economia, sicurezza e accesso alle risorse. La causa è attribuibile alle emissioni di gas climalteranti, in particolare anidride carbonica (CO₂), metano (CH₄) e protossido di azoto (N₂O), che trattengono il calore nell’atmosfera e determinano l’aumento della temperatura media globale. Questo riscaldamento provoca eventi climatici estremi, siccità prolungate, lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari, nonché un aumento del rischio di epidemie legate alla diffusione di vettori patogeni. Tra le conseguenze più gravi vi sono anche l’innalzamento della temperatura dei mari e l’acidificazione degli oceani, che minacciano gravemente gli ecosistemi marini e la sicurezza alimentare globale.
IL DOVERE DI DAR VOCE ALLA NATURA È DI TUTTI, A TUTTI I LIVELLI
È convinzione forte condivisa dal campione che tutta la società umana, ogni suo membro e organizzazione, a tutti i livelli, ha il dovere di dar voce alla Natura. Parimenti Governi e Organizzazioni Internazionali (73,8%); A ‘pesare’ particolarmente sono governi e istituzioni pubbliche (58,8%), che distaccano le organizzazioni internazionali comunque indicate da oltre un intervistato su tre (35,6%) e Comunità locale e Cittadini (73,7%). Domina la responsabilità a cui ciascuno di noi, cittadino o famiglia, è chiamato (61,8%) rispetto al – comunque significativo – peso attribuito alle Comunità Locali (24,9%). Quasi la metà degli intervistati evidenzia il ruolo di protezione che dovrebbero svolgere Organizzazioni ambientaliste e comunità scientifica (44,7%) con le Organizzazioni ambientaliste, Enti del Terzo Settore, Organizzazioni Non Governative al 27,1% e le comunità scientifiche e di ricerca al 22,0%. Il 14,9% chiama in causa imprese e settore privato.
LA CONOSCENZA POCO DIFFUSA DELLE SLAPP
Quando si introduce il tema delle SLAPP (illustrando che si tratta delle cause giudiziarie contro la partecipazione pubblica, portate avanti spesso da Paesi o aziende che chiedono pene o risarcimenti altissimi, con la volontà di mettere a tacere organizzazioni ambientaliste, giornalisti, attivisti e singoli cittadini che si occupano della salvaguardia dell’ambiente) è poco meno di un intervistato su tre ad affermare di conoscerle 31,2%, ma la maggioranza di costoro riconosce di non essere bene informato in proposito (25,5%); è solo il 5,7% che ritiene di essere bene informato. La netta maggioranza del campione non ne sa nulla e vorrebbe essere informato in merito 54,6%. È circa un intervistato su sette che non ne sa nulla e nemmeno ha l’interesse a essere informato a riguardo 14,3%. La grandissima maggioranza degli intervistati ha già informazioni e/o desidera approfondire in merito alle SLAPP: si tratta dell’85,7% del campione. A conoscere già le SLAPP sono in particolare i più giovani: la Gen Z (39%) e i Millennials (37%). A non saperne nulla e a voler essere informati in proposito sono soprattutto le generazioni più adulte: la Gen X (58%) e i Baby Boomers (61%). Infine, per quel che riguarda la minoranza che non conosce le SLAPP ma nemmeno desidera approfondire spiccano senza pari i giovani uomini Gen Z (21%).
FACT CHECKING – Commento di Simona Abbate, Campaigner Clima ed Energia
Le SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation) rappresentano una grave minaccia alla libertà di espressione e al diritto di critica, strumenti fondamentali in una democrazia. In un contesto come quello attuale, segnato dalla crescente criminalizzazione del dissenso, queste cause infondate mirano a intimidire e silenziare le voci scomode, aggravando la già complessa operatività delle ONG come Greenpeace. Non si tratta di vere dispute legali, ma di abusi del sistema giudiziario per scoraggiare l’attivismo e la partecipazione civica. Tutti dovremmo essere consapevoli del pericolo che rappresentano: se colpiscono chi protesta oggi, non solo domani potrebbero colpire chiunque, ma rischiamo di non avere più forme di dibattito, confronto e dissenso. La direttiva europea anti-SLAPP è uno strumento cruciale per tutelare la società civile e il giornalismo indipendente. È urgente che la politica italiana recepisca questa normativa senza ritardi né indebolimenti. Garantire protezione legale a chi denuncia ingiustizie non è un favore: è un dovere democratico. Solo così si può preservare lo spazio civico in un Paese libero.
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