NEL MEDIOEVO LE DONNE LEGGEVANO E STUDIAVANO PIU’ DEGLI UOMINI

Quante volte abbiamo sentito queste frasi:”vuoi ritornare al Medioevo”, “non siamo nel Medioevo”, “sono cose da Medioevo”.  Naturalmente tutte queste frasi vengono pronunciate solo per rappresentare qualcosa di negativo. E peraltro sono frasi lanciate addosso come mattoni verso un interlocutore che si intende squalificare, denigrare.

L’abbiamo scritto più di una volta, il Medioevo è un’epoca storica, complessivamente dieci secoli, che ormai, grazie ai tanti studi di studiosi seri, non è più possibile qualificare come “secoli bui”. Tra questi studiosi, c’è una donna, Regine Pernoud, che ha avuto il grande merito di riscoprire e rivalutare i cosiddetti “secoli bui” del Medioevo, soprattutto dal 400 al 1400.

La Pernoud ha trascorso tutta la sua vita a studiare, a ricercare nelle biblioteche, negli archivi, documenti, testimonianze, libri appartenenti a quest’epoca storica. Una piccola nota critica, non comprendo (comprendo eccome) perchè ai nomi di Le Goff o di Numerose sono le sue opere, ne ricordo qualcuna: “Luce del Medioevo”, “Medioevo un secolare pregiudizio”, “I Templari”, “I Santi del Medioevo”, poi le biografie su Giovanna d’Arco, Eleonora d’Aquitania, Eloisa e Abelardo. Ero ancora giovane quando ho letto per la prima volta il suo Luce del Medioevo, uno dei tanti libri fondamentali da leggere in Alleanza Cattolica.

Uno degli argomento più trattati dalla scrittrice francese è quello sulla condizione femminile nei dieci secoli della Civiltà Medievale. Approfittando di questi giorni di segregazione domiciliare per coronavirus ho letto il suo splendido testo, «La donna al tempo delle cattedrali». Sottotitolo: “Civiltà e cultura femminile nel Medioevo”, pubblicato da Lindau (2017, Torino).

Nella seconda pagina di copertina, troviamo scritto: «Si potrebbe pensare che in passato, e a maggior ragione in un’epoca lontana e arretrata come è stata a lungo considerata quella medievale, alle donne fossero riconosciuti ruoli e spazi ancora più ristretti e limitati. Gli studi di Regine Pernoud hanno al contrario dimostrato che in tale periodo le donne affermarono la loro autonomia e stabilirono il loro potere in diversi ambiti della vita del tempo, raggiungendo posizioni, di assoluto prestigio nella medicina, nella religione, nella cultura e nella politica».

Il testo si divide in tre parti, in ogni parte vengono presentate diversi profili di figure femminili che si sono maggiormente distinte, per la verità, l’opera della Pernoud è profluvio continuo di nomi di donne. Il 1° capitolo comincia con la giovane Clotilde, che è riuscita a convertire il marito pagano re Clodoveo, che poi vuole la “prova” della divinità di questo Dio. A fianco di questa coppia c’è un’altra figura esemplare Genoveffa, una vergine reclusa, in una chiesetta, una vita fatta di silenzio e di preghiera. Pernoud racconta come questa donna esorta il popolo a non fuggire di fronte alle invasione degli Unni, che poi sono respinti. «E’ straordinario constatare il ruolo attivo che assumono le donne nel campo dell’evangelizzazione in quei tempi in cui l’Occidente esitava tra paganesimo, arianesimo e fede cristiana».

Ritornando al protagonismo delle donne in questo VI secolo, Clotilde non è l’unica figura femminile a lasciare un’impronta nella storia. La storica francese ricorda Teodolinda, una bavara, che sposa il re longobardo Agilulfo, ariano. Teodolinda  riesce a portare alla fede cristiana, prima il figlio Adaloaldo e poi a tutta l’Italia settentrionale. In Spagna la cattolica Teodosia, sorella di ben tre vescovi, converte al cattolicesimo il duca di Toledo, Leovigildo. Più tardi nel 597, Berta di Kent otterrà in Inghiterra che il re Etelberto accetti il battesimo. Pertanto sembra che ci voleva una regina per introdurre il cattolicesimo in molti Paesi. Inoltre Pernoud aggiunge altre donne protagoniste in questo momento storico: in Russia, Olga, principessa di Kiev e poi Edvige per la conversione della Polonia. Dappertutto si constata il legame della donna col Vangelo.

A questo punto Pernoud ricorda com’era la condizione della donna nel mondo romano, facendo riferimento al Diritto romano. Seguendo il giurista Robert Villers: «A Roma, la donna, senza esagerazione né paradosso, non era soggetto di diritto […]i rapporti della donna con i suoi genitori o con suo marito, sono di competenza della domus di cui il padre, il suocero o il marito sono gli onnipotenti capi […] la donna è unicamente un oggetto».

Sostanzialmente la donna non svolge alcun ruolo ufficiale nella vita politica, né amministrativa. Tuttavia non è confinata nel gineceo, come era la donna greca, come sarà più tardi nelle civiltà islamiche, murata dentro un harem.

Con la predicazione del Vangelo, il destino delle donne cambia. Le parole di Cristo, predicate dagli apostoli comportano la sconvolgente e fondamentale uguaglianza tra l’uomo e la donna. Pernoud citando un dizionario il “Petit Larousse”, per il II e il III secolo trova molti nomi femminili e pochi maschili. Solo quello di San Sebastiano e poi 21 donne, tra cui Zenobia, regina di Palmira, e Faustina, moglie dell’imperatore Antonino,  le altre sono tutte sante, che la Chiesa ha posto sugli altari, quasi tutte giovani ragazze, morte per affermare la loro fede: Agata, Agnese, Cecilia, Lucia, Caterina, Margherita, Eulalia.

Peraltro tra il tempo degli Apostoli e quello dei Padri della Chiesa, i trecento anni di radicamento, di vita cristiana sotterranea, nelle “catacombe”, nella Chiesa si parla di donne e si celebrano donne.

Certamente fa notare Pernoud che a Roma, nell’Impero romano, «la novità dell’atteggiamento di queste ragazze era radicale. Negare l’autorità del padre di famiglia, il solo cittadino a pieno titolo, proprietario, capo militare e sommo sacerdote, nella sua casa come nella sua città, significava scuotere dalle fondamenta tutta quanta la società». Soltanto alla fine del IV secolo scompare la legge civile, che toglie al padre di famiglia il diritto di vita o di morte sui suoi figli. Con il Vangelo e la Bibbia a poco a poco prende corpo il rispetto della persona, che per i cristiani si estende a ogni vita, e per quei tempi, anche al bambino nato o nascituro.

E qui Regine Pernoud si trattiene sul tema importante delle condizioni del bambino o del neonato, sottolinea la differenza tra la mentalità cristiana e quella pagana.

Pertanto ormai sia la donna che lo schiavo sono persone, inoltre con il cristianesimo assumono una funzione particolare le vedove.

Di questo periodo storico la scrittrice francese scrive: «si rimane colpiti dal dinamismo, dalla capacità d’invenzione di queste donne liberate dal Vangelo. Colpisce soprattutto  l’esempio di Fabiola […]». E’ proprio questa donna dell’aristocrazia romana, diventata discepola di san Gerolamo, fonda per i numerosi pellegrini che vengono a Roma, una “Casa dei malati”, nosokomion, in altri termini, Fabiola fonda il primo ospedale, una innovazione capitale. Più tardi a Ostia, il porto di sbarco dei pellegrini, crea il primo centro di raccolta e assistenza lo xenodochion..

Naturalmente Pernoud non manca di evidenziare il genio femminile di Fabiola, attenta ai bisogni delle persone del suo tempo, così come lo sarà, più tardi, Madre Teresa.

Ci sarebbe da scrivere molto sulle suore ospedaliere, come l’Hotel- Dieu di Parigi nel 651, dove per 1200 anni religiose e religiosi curarono gratuitamente i malati che si presentavano. Un’altra protagonista del tempo è Melania, che abolisce la schiavitù nelle sue proprietà.

A questo punto si affaccia un nuovo tipo di donna: la monaca.

Nel 513 nella chiesa di Saint-Jean, nasce il primo monastero femminile in Gallia, con la regola del vescovo di san Cesario di Arles. Ancora non siamo a livello della regola di san Benedetto, ma la Pernoud ne descrive alcune caratteristiche interessanti come il leggere in silenzio con gli occhi, (si sa che gli antichi leggevano sempre ad alta voce). Tra l’altro sant’Agostino si meravigliava che il suo amico sant’Ambrogio, praticava la lettura mentale.

Certamente si potrebbe delineare tutta una geografia dei conventi nel Medioevo, la sua storia comincia con disavventure della regina Radegonda. Con il monastero di Saint-Croix di Poitiers. Poi con quello di Chelles, fondato dalla regina Batilde. Un ex prigioniera. Cento anni dopo questa abbazia, nota Pernoud, avrà come badessa Gisella, la sorella di Carlo Magno.

Interessante nel 630, l’esperienza del monastero duplice, di uomini e donne, secondo la regola dell’irlandese, san Colombano, che affida la direzione a sua cugina Teodechilda. Poi vengono citati altri monasteri, devastati dalle incursione dei Vichinghi. Più avanti il testo si sofferma sul monaco Winfred, noto sotto il nome di Bonifacio, il fondatore del cristianesimo in Germania. Anche qui ci sarà una importante fioritura monastica, sotto l’influenza femminile. Qui le religiose imparano il latino, il greco, le lettere in generale, un’azione fondamentale è quella di Matilde, poi di sua nipote Hadewich, e altre figure femminili, che la studiosa con meticolosità cita nel suo studio.

Sicuramente ribadisce Pernoud, la diffusione della fede cristiana è stata opera delle donne, badesse che non sono soltanto delle educatrici o delle protettrici delle lettere, ma, sono anche creatrici di opere letterarie, un nome fondamentale da ricordare della letteratura tedesca del X secolo è quello della badessa di Gandersheim, Roswita, «scriveva per le suore delle leggende in versi che venivano lette nel refettorio oppure delle commedie che si recitavano in convento e che imitavano quelle di Terenzio, ma in spirito cristiano».

Un altra figura su cui soffermarsi è Gertrude, la Grande, autrice di un’opera mistica, “L’Araldo dell’Amore divino”. Infine lo sguardo si ferma su un’altra grande mistica Ildegarda di Bingen, su questa religiosa speciale, la scrittrice francese ha dedicato una biografia, quindi può offrire tante informazioni.

Il 3° capitolo viene dedicato all’istruzione e all’educazione delle donne.

Molto spazio è dedicato all’opera di Dhuoda, poco conosciuta, il suo Liber manualis, è tradotto in diverse lingue. Secondo Pernoud è il più antico trattato pedagogico, composto nel IX secolo e sottolinea che non deve stupire che sia stato scritto proprio da una donna, colei che ha portato in seno e nutrito il bambino. Anche Dhuoda apparteneva ad una famiglia nobile e sarebbero interessanti i frammenti offerti da Pernoud, soprattutto quelli al suo caro figlio Guglielmo, dove la madre sottolinea l’importanza della lettura e del pregare. «Non dimenticare di procacciarti molti libri […] dei libri da leggere, da sfogliare, da meditare, da approfondire, da comprendere, e potrai anche trovare con molta facilità dei dottori che ti istruiranno».

Il testo termina la prima parte affrontando l’opera delle tante suore che leggono e scrivono, il tutto attestato dalla corrispondenza e poi dai vari manoscritti. Pernoud sentenzia che «nel Medioevo le donne leggevano più degli uomini».

Oggi disponiamo di diverse fonti come la dottissima raccolta intitolata, Colophons.

Pernoud ci tiene a precisare che «non sempre ci si rende conto di che cosa fosse allora questo sfibrante mestiere: non era cosa da nulla allineare uno dopo l’altro i capitoli di trattati che comportavano duecento o trecento in folio (scritti su due facce) su una materia dura come la pergamena […]».

Non sono solo suore a copiare, ma anche laiche, donne nobili, ma anche del popolo.  Abbondano gli esempi di monasteri femminili frequentati tanto da ragazzine quanto da ragazzini.

Continuando in questa testimonianza al femminile, troviamo un documento dove in un monastero, la bibliotecaria (“librorum custodia”) si chiamava Agnes Morel, vengono segnalate anche i nomi di molte ragazzine che gli stavano attorno. La Pernoud insiste, su questo aspetto, ma «la preoccupazione di istruire i bambini, maschi e femmine. È attestata da numerose prescrizioni dei vescovi, che vogliono riorganizzare la loro diocesi dopo i disastri del XIV secolo».

Ci sono altri riferimenti di esempi di istruzione delle donne in istituzioni, fondazioni. Possiamo leggere che Vincent de Beauvais, geniale frate predicatore, consiglia di dare istruzione alle ragazze come ai ragazzi. Nel 1338, le scuole elementari sono frequentate da un bambino su due, nella Cronaca del Villani, si precisa che si tratta di maschi e femmine. Sarà poi con il Rinascimento che si preferisce educare le ragazze alle cure casalinghe, a fare il pane, pulire il cappello, fare il burro, cucinare, etc.

Nella seconda parte (l‘età feudale), Regine Pernoud descrive il “clima culturale”, in particolare, gli usi e i costumi del tempo. Le straordinarie “scoperte” come il mulino ad acqua, il lavoro agricolo con l’utilizzo del cavallo. Per la scrittrice francese  è impossibile parlare di sottosviluppo nell’epoca feudale, come ha ben dimostrato Jean Gimpel con i suoi studi. Qui la Pernoud, sfata un mito ben presente nella mentalità moderna, ossia che la vita nelle campagne è destinata a un sottosviluppo pratico, mentre nelle industrie, c’è sempre un fattore di ricchezza e di progresso. Inoltre, si dimostra che la vita della donna in questo mondo rurale feudale non ha nulla a che vedere con quello della donna di oggi in un paese sottosviluppato come l’Africa o l’Asia.

La donna nell’età feudale è la padrona di casa, è lei al centro della società, non l’uomo. Il capitolo descrive oggetti, utensili utilizzati, ma anche l’arte culinaria, gli alimenti più diffusi. Nel 3° capitolo si affronta l’aspetto igienico del tempo, collegandolo alla medicina, anche qui si sfatano alcune leggende nere. Pernoud si trattiene nella descrizione dell’abbigliamento, in particolare, quello femminile.

Il 4° capitolo, viene dedicato all’amore cortese, con lunghe citazioni, del Trattato d’amore di Andrea Cappellano, «una guida molto sicura per conoscere la cortesia, le sue esigenze, i suoi precetti e i suoi usi». E’ proprio nelle corti d’amore e i giochi poetici che si può comprendere secondo la scrittrice i centri d’interesse tra gli uomini e le donne di allora.

Molto spazio viene dedicato all’ambiente che ruota intorno all’abbazia di Sainte-Marie di Fontevraud, l’ordine fondato dal famosissimo ed estroverso Roberto d’Arbrissel, la vita e l’anima di tutti i personaggi che vi ruotano intorno. E’ bella l’immagine descritta che ci offre Pernoud della visita del papa Callisto II, alla presenza di una folla di prelati, di baroni, di gente di Chiesa, del popolo che si accalca al suo passaggio. Ad accogliere il papa sulla soglia della chiesa, è una giovane di ventisei anni Petronille de Chemillè, badessa di Fontevraud.

A questo punto è interessante soffermarsi su questo ambiente religioso. Petronille era sposata, alla morte del marito entraa ventidue anni nel convento, quindi non era una vergine. Era stato il fondatore dell’ordine religioso d’Arbrissel a volerla come badessa, peraltro nello statuto dell’ordine, ha voluto che fosse una vedova che avesse esperienza del matrimonio, a guidare la comunità monastica dell’abbazia. Successivamente secondo fonti precise quest’ordine misto di frati e suore arriva ad avere ben cinquemila membri.

Non possiamo dilungarci nella descrizione dell’opera, ma anche qui sono presenti una sfilza di nomi femminili, pieni di fascino. Un nome per tutti è Bertrada di Montfort, protagonista allora di una serie di scandali, aveva sposato un grandissimo signore Folco d’Angiò, oggi potremmo accostarla a quelle attrici vistose, magari erede di qualche magnate americano. Bertrada dopo aver fatto diverse donazioni all’abbazia, alla fine donò se stessa, scrive la Pernoud. Un’altra protagonista di Fontevraud è la sorella di Bertrada, la bella Isabella, combattente come un uomo, anche lei entra nel convento.

Altre sono le figure femminili collegate a Fontevraud presentate nel libro, cito le due Matilde, e poi c’è Eleonora dìAquitania. Intrecciato alle figure femminili c’è il matrimonio, che diventa un aspetto fondamentale per quel tempo, anche qui la donna assume il ruolo di protagonista, rispetto al passato. Il testo fa alcune puntualizzazione sulla questione delle parentele e dei matrimoni consanguinei, c’è una sorta di rigida  vigilanza da parte della Chiesa. Ci sarebbe anche da analizzare la questione del diritto alla successione delle donne.

Pernoud affronta anche il tema delle attività economiche in rapporto alle donne, anche su questo tema troviamo ottimi spunti di riflessioni. La donna è inserita attivamente nella vita economica del tempo, ci sono documenti dove le donne sono parte attive nelle donazioni, nelle vendite, diverse transazioni, anche per decisioni d’ordine militare.

Interessanti le descrizioni dei vari mestieri, del grosso e del piccolo commercio, anche qui le donne sono sempre presenti. Si può constatare che 65 mestieri sono riservati esclusivamente alle donne contro 81 degli uomini. Mentre 38 mestieri dove sono presenti entrambi i sessi. Addirittura Pernoud può scrivere che in alcune regioni della Francia, le donne hanno partecipato alle assemblee, votando come in occasione degli Stati Generale del 1308.

Esporre gli argomenti del libro è un esercizio coinvolgente, pertanto continuo, un tema particolarmente caro alla Pernoud è quello delle donne e il potere politico.

Anzitutto perchè un potere che perderanno subito dopo il cosiddetto medioevo. Non si finirebbe più di catalogare nei tempi medievali, «le donne che hanno retto e amministrato possedimenti anche estesi». John Gilissen ha fatto osservare:’Quasi tutti i principati laici belgi sono stati governati da donne a un certo momento della loro storia’. Tra questi cita le contesse Giovanna (1205-1244) e Margherita di Costantinopoli (1244-1280) ed altre.

Peraltro la Pernoud ci invita a soffermarsi su queste donne che dispongono del potere politico, hanno molto da insegnarci. «Nel loro comportamento, anche quando agiscono sul terreno politico o militare, restano fondamentalmente donne. Non rinunciano ad essere ammirate e amate […]».

Tra gli esempi specifici il libro propone quello di Adele, che ha visto il marito, il conte di Blois-Chartres partire per la prima crociata. Molte informazione vengono riprese dall’arazzo di Bayeux. Un’altra regina è Anna, proveniente nientemeno che dalla lontana Ucraina, da Kiev e viene a governare la Francia.

Mi avvio alla conclusione, senza non ricordare la splendida figura di Matilde di Canossa, una contessa, che oltre ad essere una grande combattente, a guidare eserciti contro l’imperatore Enrico IV, è stata anche una grande riformatrice della Chiesa. Una donna molto colta, eloquente il suo sigillo, “Mathilda Dei gratia si quid est”.

Infine, il testo si conclude con due ragazze come le altre, due campionesse della cristianità: Caterina e Giovanna.

DOMENICO BONVEGNA

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