Libere per tutte. Storie di donne e del loro coraggio

L’ultimo libro di Marco Omizzolo, edito da Fondazione Feltrinelli e disponibile dallo scorso 12 luglio, già nel titolo risuona come un manifesto programmatico: “Libere per tutte. Il coraggio di lottare per sé e per gli altri”. A dispetto dell’etimologia (dal latino domina, ossia padrona, signora), la parola “donna” ha dovuto percorrere secoli di storia, attraverso lunghe battaglie per l’emancipazione nel mondo della cultura, dell’arte, del lavoro, della politica, della scienza, della religione, per entrare nel novero di un vocabolario valoriale cui la società riconoscesse pari dignità e opportunità dell’uomo, sebbene non sempre e non ovunque.

Libere per tutte: una libertà conquistata con grande sacrificio e attraversando il dolore

Libere per tutte: una libertà conquistata con grande sacrificio e attraversando il dolore, quella di Italia, Manpreet e Anna, le protagoniste delle tre storie raccolte e raccontate da Omizzolo, con “un passaggio dell’umano all’umano”, come afferma il sociologo Franco Ferrarotti a proposito del compito della sociologia quando analizza le storie di vita. La loro non è una libertà circoscritta, perimetrata, autoreferenziale. Al contrario: la libertà raggiunta dalle tre donne, rinate dalle proprie ceneri, è foriera di speranza, di fiducia, di orizzonti e miraggi; funge da monito per tutte le donne, anche per coloro che libere ancora non sono. Ma libere da cosa? Da forme di sopraffazione, prevaricazione e patriarcato nel mondo del lavoro, nella famiglia, nella società che etichetta, pregiudica, sottomette.

Italia, Manpreet e Anna sono le protagoniste delle tre storie raccolte e raccontate da Omizzolo

La prepotenza di un superiore razzista – per di più dello stesso sesso – per Italia, donna italiana di origine somala costretta a vivere ai margini di una società che la ingabbia in ruoli e percorsi preordinati. E poi i soprusi di un marito/padre-padrone, in una cornice culturale patriarcale, per Manpreet, bracciante indiana della provincia di Latina; l’autoinganno illusorio del perbenismo nei salotti romani dell’alta borghesia per Anna: aspetti fenomenologici diversi, in una molteplice stratificazione sociale, di una medesima realtà di subordinazione della donna a istanze e aspettative sociali imposte. Il colore della pelle – concetto caro a Omizzolo che riprende dal sociologo afrodiscendente statunitense Du Bois – il paese di provenienza, l’estrazione sociale, i titoli culturali posseduti non diventano stigmi per differenziare tra loro Italia, Manpreet e Anna. Tutt’altro: le tre donne si tengono armonicamente per mano, come in una nuova “Danse” di Matisse, inneggiando insieme al riscatto e a una nuova vita, finalmente scevra da violenze, prepotenze, devianze. Non a caso nella sua introduzione Omizzolo si richiama esplicitamente agli studi e alle riflessioni di Bell Hooks, sociologa statunitense anche lei di origine africana, secondo la quale la marginalità deve essere intesa come «posizione e luogo di resistenza per chi è oppresso, sfruttato e colonizzato»; e ancora, «[…]questi margini sono luoghi di repressione, ma anche di resistenza, che è la nostra risposta critica al dominio».

La laurea in Scienze politiche, la singolare vivacità culturale e la spiccata curiosità intellettuale, ad esempio, non sono elementi sufficienti per Italia – nome scelto dalla madre con la speranza di garantirle un futuro diverso dal suo – a non pregiudicare un progetto di vita consono alla sua grandezza umana, culturale e professionale. E, invece, il suo sogno di diventare giornalista si infrange di fronte a porte serrate con i catenacci del pregiudizio, del capitalismo predatorio, concetto che Omizzolo richiama e approfondisce in un altro suo libro (Per motivi di giustizia, People ed. 2022), del razzismo e della discriminazione. Le sue mani consumate testimoniano un lavoro usurante e la maglietta rossa con impresso, ben evidente, il suo nome ne imbriglia la personalità, in un assetto militaresco, tra i manipoli di operaie sfruttate in un’impresa di pulizie milanese. I mali, la fatica, la stanchezza fisica e morale che Italia avverte vengono ben celati ai capi grazie alla sua dignità: loro devono sapere che è invincibile, infaticabile. Profondamente delusa dalla “timidezza sindacale” nonché da politiche inefficaci a garantire uguaglianza ed equità in un Paese “democratico” come il nostro, Italia decide di andare in Francia, non per scappare bensì per cercare libertà e dignità.

La libertà raggiunta dalle tre donne, rinate dalle proprie ceneri, è foriera di speranza

Manpreet, invece, dal canto suo, è stanca di prendere calci e pugni, insieme ai suoi quattro figli, dal marito violento. Un grave infortunio sul lavoro mette seriamente a repentaglio la vita di Manpreet: la lacerazione fisica e interiore diventa, però, il kairòs per prendere coscienza della necessità di una “rivolta” a un giogo ormai divenuto intollerabile. Grazie all’aiuto di Mamta, anche lei immigrata indiana, e al sostegno di professionisti come l’avvocato Arturo Salerni e Silvia Calderoni dell’associazione Progetto Diritti, Manpreet trova il coraggio di denunciare il marito, per amore dei suoi figli. E il padrone dell’azienda in cui è avvenuto l’incidente, prontamente manipolato per celarne le dinamiche? Ancora una volta l’amore per i figli prevale: per timore di non trovare più lavoro e non avere di che sfamarli, decide di non denunciare l’azienda. Manpreet nel frattempo ha deciso di cambiare casa. La stanza-tugurio che condivideva con i figli, in una casa dove abitavano in diciassette, tutti indiani, tutti braccianti, con un’unica cucina e un bagno, è stata sì teatro di violenze, ma anche zona franca per un nuovo inizio. Quei disegni dei bambini sulle pareti, con i loro colori e le loro forme avranno contribuito, insieme all’incontro e alla presa in cura dello stesso Omizzolo, a delineare nella mente e nel cuore di Manpreet un nuovo futuro per le loro vite, non più a suon di botte, insulti e minacce, ma connotato da una nuova musica le cui note fossero rispetto, dignità, amore.

La pandemia per Anna ha rappresentato l’occasione per riprendere il controllo della propria vita

Nella nuova “Danse” di Matisse, con Italia e Manpreet troviamo anche Anna: italiana, romana doc, molto bella, curata, socievole, colta. Laureata con lode in Biologia marina alla Sapienza di Roma, Anna parla tre lingue e ha viaggiato per lavoro per mezzo mondo. Ma tanta ricchezza, tanta avvenenza, tanto lusso non coincidono per lei con felicità, fortuna, benessere autentico. Questo mondo apparentemente idilliaco cela, in realtà, un profondo malessere, una grande fragilità, disagio, devianza: dipendenza dal gioco d’azzardo, alcolismo, fino al baratro della prostituzione nei più squallidi bar delle periferie romane. In preda alla solitudine, Anna ad un certo punto ha voluto rinnegare il suo essere una brava donna, moglie, madre e biologa. Si è, infatti, persino licenziata. Non si sentiva più all’altezza di nulla, anzi, si considerava responsabile e colpevole per la separazione dei suoi genitori, il fallimento del suo matrimonio, le mancate cure e attenzioni nei confronti del figlio Jonathan. Ma, come è avvenuto per Manpreet, anche per Anna l’amore per suo figlio è stato motore di cambiamento. Il dolore intenso, fisico e interiore, che ha sentito nel sentire una frase-macigno da parte di uno dei tanti uomini che stava sfruttando il suo corpo le “ha mandato in cortocircuito il cervello” – come lei stessa afferma. Uscita da quel bar, è salita in auto ed è scappata via. La doccia che ha fatto quando quel giorno è rientrata a casa, prima di mettersi a dormire sul divano, si configura quasi come un rito di purificazione. La pandemia, che per molti di noi è stata un periodo disorientante, in alcuni casi tragico, per Anna ha rappresentato l’occasione per riprendere il controllo della propria vita, per guardarsi dentro, per dimostrare di essere altro rispetto a quell’esperienza deviante.

Libere per tutte, tre storie raccontate con grande trasporto e accuratezza sociologica

“Quanta bellezza può nascere dalle ceneri! Più dura è la lotta e più glorioso è il trionfo!”: quale grande verità contengono le parole pronunciate dal direttore del Circo della Farfalla, il signor Méndez, a Will. E Italia, Manpreet, Anna, grazie alle storie raccontate con grande trasporto e, insieme, con accuratezza sociologica da Marco Omizzolo ce lo confermano alla lettura di ogni parola, allo scorrere di ogni riga, allo sfogliare di ogni pagina. A Italia, Manpreet, Anna – con le parole di Papa Giovanni Paolo II, dalla Lettera Alle donne del 29 giugno 1995 – diciamo: Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna. Con la percezione che è propria della tua femminilità, tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani.

Giusy Rosato – www.leurispes.it