ReportCalcio. Gravina: Il mondo del calcio asset strategico per il Paese

Tutti i numeri del calcio italiano e l’impatto che l’emergenza sanitaria ha avuto sul movimento sono racchiusi nell’11ª edizione del ReportCalcio, il documento sviluppato dal Centro Studi FIGC in collaborazione con AREL (Agenzia di Ricerche e Legislazione) e PwC (PricewaterhouseCoopers). Pubblicato oggi sul sito della Federcalcio (clicca qui), il ReportCalcio verrà presentato questa sera alle ore 22 su Sky Sport 24 nello speciale condotto da Luca Marchetti che vedrà gli interventi del presidente della FIGC Gabriele Gravina, dell’economista Carlo Cottarelli e del giornalista Matteo Marani.

Il ReportCalcio rappresenta uno dei pilastri del programma strategico della FIGC finalizzato a valorizzare il profilo della trasparenza, con 11 edizioni pubblicate dal 2011 ad oggi (quasi 1.900 pagine), insieme al numero speciale redatto nel 2020 per celebrare i 10 anni della pubblicazione. L’obiettivo del documento è quello di rappresentare i numeri che caratterizzano il Sistema Calcio, descrivendone la dimensione, la struttura e l’articolazione, insieme all’analisi dei principali trend e alla previsione sulle evoluzioni future del settore, al fine di fornire un supporto strategico per accompagnare i programmi di crescita del calcio italiano.

“Il mondo del calcio – afferma il presidente federale Gabriele Gravina – rappresenta un valore per il sistema Italia, a livello sportivo, economico e sociale. È un asset strategico che fonda il suo impatto su numeri importanti e sul radicamento pressoché totale sul territorio nazionale. ReportCalcio fotografa bene questa multidimensionalità e analizza anche le criticità del movimento nel suo complesso, acuite dalla crisi generata dalla pandemia da COVID-19. La FIGC ha avviato un processo di autoriforma finalizzato a rendere il calcio italiano più patrimonializzato e meno indebitato, ma in virtù del ruolo che recita nel nostro Paese sarebbe determinante che il Governo riconoscesse tale importanza: da soli non si esce da questa crisi, sostenere il calcio vuol dire aiutare l’Italia in questa difficile ripartenza”.

“Con un impatto negativo del 16%, lo sport è uno dei settori produttivi ad aver maggiormente risentito della crisi generata dal COVID-19 – dichiara il prof. Carlo Cottarelli – mentre per il resto dell’economia italiana la perdita media è stimata intorno al 9%. L’analisi realizzata dalla FIGC mette bene in evidenza come alle perdite accumulate prima della pandemia si sia aggiunta la crisi di liquidità che mette a rischio la capacità del calcio professionistico di pagare gli interessi sul debito. Nel processo di riforma avviato dalla Federazione individuo due priorità: gli investimenti nelle infrastrutture, per garantirsi nuove fonti di ricavi, e l’introduzione dell’azionariato diffuso, per consentire l’iniezione di capitali non subordinati ad interessi”.

“Il calcio è un fenomeno sociale – sottolinea Matto Marani – che coinvolge milioni di praticanti e di appassionati, e che dà lavoro a migliaia di famiglie. La sua forza l’abbiamo capita bene l’11 luglio a Wembley. È giusto che, al pari di altri settori industriali, possa usufruire del sostegno e degli aiuti governativi. Considerarlo sport per soli miliardari è vecchia letteratura”.

Gli highlights relativi ai numeri del settore a livello ‘strutturale’ (prima dell’impatto del COVID-19) testimoniano quanto il calcio italiano rappresenti un asset strategico del Sistema Paese, a livello sportivo, economico e sociale; nell’era pre-COVID, infatti, il calcio italiano poteva contare su 4,6 milioni di praticanti e 1,4 milioni di tesserati per la FIGC, per un totale di circa 570.000 partite ufficiali disputate ogni anno (una ogni 55 secondi) e un impatto socio-economico stimabile in 3,1 miliardi di euro. Uno sport che rappresenta la grande passione degli italiani, con oltre 32 milioni di tifosi, pari al 64% della popolazione italiana over 18, e un asset fondamentale del mercato dei broadcaster, con 50 partite di calcio tra i primi 50 programmi televisivi più visti della storia della tv italiana (tra cui 47 partite della Nazionale).

A livello economico, prima dell’emergenza sanitaria il sistema calcio produceva un fatturato diretto stimabile in 5 miliardi di euro, il 12% del PIL del football business mondiale, con un impatto indiretto e indotto sul PIL italiano pari a 10,1 miliardi e oltre 120.000 posti di lavoro attivati. A livello fiscale e contributivo, il solo calcio professionistico ha prodotto nel 2018 un gettito complessivo pari a 1,4 miliardi di euro, circa il 70% del contributo fiscale generato dall’intero sport italiano. Complessivamente negli ultimi 13 anni la contribuzione ammonta a circa 14 miliardi di euro, e per ogni euro ‘investito’ dal Governo italiano nel calcio, il Sistema Paese ha ottenuto un ritorno in termini fiscali e previdenziali pari a € 17,3.

L’IMPATTO DELL’EMERGENZA SANITARIA SUL CALCIO ITALIANO

• L’interruzione delle competizioni calcistiche ha portato alla disputa di 47.825 partite ufficiali in meno tra il 2018-2019 (571.865) e il 2019-2020 (524.040)
• La FIGC tra il 30 giugno 2019 e il 15 marzo 2021 ha perso oltre il 23% dei propri calciatori tesserati, ovvero quasi 245.000 giocatori in meno, con impatti particolarmente significativi sul calcio dilettantistico e giovanile.
• Gli spettatori potenziali andati persi a causa della pandemia ammontano ad oltre 22,1 milioni (5,9 milioni nel 2019-2020, stagione analizzata nel ReportCalcio 2021, insieme ad altri 16,2 milioni stimati nel 2020-2021).
• Il COVID-19 ha ulteriormente accelerato lo squilibrio del settore; il ReportCalcio, nello specifico, analizza l’impatto prodotto sul calcio professionistico nella stagione sportiva 2019-2020: i ricavi totali sono diminuiti di 434 milioni, passando da 3.897 a 3.463 milioni, con impatti significativi prodotti dai minori ricavi per ingresso stadio (-75 milioni di euro); il decremento del costo del lavoro (-112 milioni) non è stato sufficiente per compensare la diminuzione dei ricavi, a causa soprattutto della crescita di ammortamenti e svalutazioni (+222 milioni di euro); la perdita totale aumenta dai 412 milioni di ‘rosso’ del 2018-2019 agli 878 del 2019-2020; in crescita anche i debiti totali (+490 milioni, per un totale pari a 5,3 miliardi), mentre peggiora la posizione finanziaria netta, negativa nel 2019-2020 per un valore pari a quasi 1,3 miliardi

• Al fine di fornire un quadro ancora più dettagliato e aggiornato relativamente all’impatto della pandemia, nelle settimane successive alla finalizzazione del ReportCalcio 2021 sono state formulate delle proiezioni estendendo l’analisi degli effetti negativi prodotti dal COVID-19 anche alla successiva stagione sportiva 2020-2021; complessivamente, nelle prime 2 stagioni con impatto COVID-19 (2019-2020 e 2020-2021), si stima che il calcio professionistico abbia perso circa un miliardo di euro di ricavi in relazione agli effetti negativi prodotti dalla pandemia, mentre il costo della produzione è rimasto sostanzialmente stabile (con un lieve aumento pari a 163 milioni); l’impatto netto totale dell’emergenza sanitaria nel biennio 19-20 e 20-21 è stimabile quindi in oltre 1,1 miliardi di euro.
• Anche a livello indiretto e indotto, la pandemia ha prodotto un significativo impatto su tutti i settori della filiera produttiva (12 settori merceologici coinvolti) e della catena del valore attivata dal calcio italiano: la spesa diretta è scesa del 5,7% (da € 5.050m a € 4.762m), l’impatto sul PIL del 18,1% (da € 10.066m a € 8.249m), mentre l’occupazione generata dal comparto del calcio ha visto il decremento di oltre 27.000 posti di lavoro attivati (da 121.737 a 94.462).

LE INFRASTRUTTURE SPORTIVE: UN TEMA CRUCIALE

Tra gli altri spunti di riflessione che emergono dalla lettura del ReportCalcio, un tema di rilevanza centrale rimane quello relativo alle infrastrutture sportive; l’avvio di un programma di investimento per la realizzazione di una nuova generazione di impianti calcistici nel nostro Paese appare sempre più imprescindibile: nell’ultimo decennio (2010-2020) in Europa sono stati realizzati un totale di 153 nuovi stadi, con un investimento pari a 19,8 miliardi di euro; le principali nazioni in termini di nuovi stadi sono Turchia (28 impianti), Polonia (23), Russia (16) e Inghilterra (12). L’Italia ha intercettato solo una minima parte di questo potenziale, incidendo per appena l’1% degli investimenti totali prodotti in Europa.

I dati attestano la necessità di avviare quanto prima un importante processo di rinnovamento dell’impiantistica sportiva. L’età media di inaugurazione degli impianti passa dai 61 anni della Serie A ai 63 della Serie C. La percentuale di posti coperti in Serie B e in Serie C si attesta intorno al 52% e al 48%, per poi salire in Serie A al 79%. Solo nel 12% degli stadi della prima serie professionistica vengono utilizzati impianti con fonti rinnovabili di energia, e appena il 9% degli impianti del calcio professionistico italiano non risulta di proprietà pubblica.
Il potenziale economico inespresso è particolarmente significativo: nell’ultima stagione sportiva pre-Covid (2018-2019) la Serie A ha prodotto 300,9 milioni di euro di ricavi da ticketing, rispetto ai 776 della Premier League inglese e ai circa 520 della Liga spagnola e della Bundesliga tedesca. Negli ultimi 5 anni pre-Covid i ricavi mancati nel calcio professionistico ammontano a 1,3 miliardi di euro, a fronte di quasi 82 milioni di biglietti invenduti, a causa dello scarso riempimento della capienza degli stadi, che in Serie A non superava il 63% (49% in Serie B e 30% in Serie C), a fronte del 95% della Premier League inglese e dell’89% della Bundesliga tedesca (campionato nel quale l’affluenza media allo stadio si attestava prima del COVID-19 a 43.490 spettatori, rispetto ai 24.106 della Serie A italiana).

I numeri testimoniano l’urgenza sempre più attuale di nuovi interventi infrastrutturali, considerando anche gli importanti effetti indotti connessi all’introduzione di una nuova generazione di impiantistica sportiva nel nostro Paese: il rinnovamento degli stadi in Italia potrebbe comportare investimenti fino a 4,5 miliardi di euro per i prossimi 10 anni, con la creazione di 25.000 nuovi posti di lavoro e un gettito fiscale di 3,1 miliardi di euro.