Il Pao di Milazzo con Gaetano Gebbia nel giorno di Orlandina – Treviso. Se il basket diventa una gag

LUNEDI’ 17 GIUGNO 2019 SI TERRA’ PRESSO IL PALAVALVERDE DI MILAZZO CON INIZIO ALLE ORE 19,00 UN CLINIC PAO PROVINCIALE. IL RELATORE SARA’ GAETANO GEBBIA CHE PARLERA’ DI “I FONDAMENTALI DELLA PALLACANESTRO”. 

Lunedì 17 giugno sarà anche il giorno di gara tre della Finale Playoff che vale la promozione nel massimo campionato tra Orlandina e Treviso: in fondo avremmo potuto intuire che il crollo del buon senso nella gestione dei campionati di basket (da quelli under alla serie A) anticipava il crollo delle piccole regole del nostro vivere quotidiano. La Sicilia della pallacanestro come grande metafora della vita o piccola metafora delle opportunità sprecate, per chi ama questo sport la differenza è spesso tra le pieghe di un dettaglio. Come nel caso in questione: programmare la relazione al Clinic Pao di Milazzo alle 19 del numero uno della pallacanestro giovanile – Gaetano Gebbia – lezione a cui nessun istruttore che ha sale in zucca vuole disertare nella serata di Orlandina – Treviso, gara in programma alle 20,45.
Il buon senso dovrebbe consigliare gli organizzatori del Clinic Pao di rinviare l’incontro con Gebbia: la gara di Capo d’Orlando certamente non può essere fermata, così da poter permettere a molti degli istruttori di assistere al match.

Coach Gebbia, da appassionato del gioco, siamo certi sarà d’accordo con noi. Il buon senso, infatti, rappresenta un rispetto puntiglioso delle priorità, nell’interesse di tutti, mal digerito da personaggi attratti dalla comodità del proprio tornaconto e convinti di non commettere una grave infrazione nell’usare il secondo al posto del primo.

Certo, ci piacerebbe sapere come si può organizzare da appassionati oltre che da dirigenti di federazione, un Clinic nella provincia di Messina nel giorno di una finale che vale la promozione nel massimo campionato italiano, che vede come protagonista la società principe di quella provincia, se non dell’intera Sicilia: l’Orlandina.

Possibile che la politica sportiva sia così distratta? Se non è attenta al gioco dei grandi come potrà risolvere i problemi delle piccole realtà? Ecco, perché consigliamo a chi di dovere di usare il buon senso nell’organizzare le cose: dai campionati alle riunioni con gli istruttori, se davvero si vuole il bene di tutti.

Leggendo questa riflessione qualcuno sorriderà: non siamo così sprovveduti. Il buon senso vale la soddisfazione di un lavoro ben fatto, ma non procura attestati di benemerenza, men che meno buoni acquisti, biglietti gratuiti, riduzioni di tasse, tariffe scontate. D’altronde il disattenderlo non procura gravi sanzioni: al massimo un po’ di esecrazione mista a ironia. Ma che volete che sia un buffetto di IMG Press?

Di conseguenza appare normale che sui giornali e sui blog cari ai federali c’è chi dà lezioni di etica nel basket e di norme di comportamento per i giovani arbitri: peccato che entrambe le materie sono la zona off limits fuori dal parquet. E così dalla gestione delle pratiche amministrative al basket giocato la mancanza di buon senso è la regola costante. Inutile farla tanto lunga: il basket che piace a quelli come noi, non esiste più.

Perché dovremmo oggi stupirci? È ora di arrendersi all’evidenza: i giardinetti sono praticamente deserti, mentre i palazzetti sono presidiati da un cordone di sicurezza di dirigenti che fanno da baby-sitter agli arbitri. In fondo avremmo potuto intuire che il crollo del buon senso nella gestione dei campionati di basket (da quelli under alla serie A) anticipava il crollo delle piccole regole del nostro vivere quotidiano.