
Beni comuni, ovvero patrimoni collettivi che possono essere fruiti da tutti i membri di una comunità, in modo da poterne godere e disporne in maniera piena. Perché sono così importanti? Perché è importante preservarne una fruizione davvero comune, preservandoli da speculazioni privatistiche? Quale ruolo può giocare lo sport sociale e per tutti?
Abbiamo rivolto queste domande a Massimo Aghilar, responsabile Politiche per i beni comuni e le periferie Uisp: “I ricercatori ci dicono su più fronti che le povertà socio-economiche, culturali, educative, generano importanti disparità sulla salute, sul benessere, finanche sull’aspettativa di vita delle persone. Nel Regno Unito sull’Equity Healt Gap (disuguaglianze di salute) lavora una estesa filiera intersettoriale di servizi e di chi opera per la comunità, focalizzandosi sui territori più deboli”.
“Sempre da quanto ci dicono le ricerche, la qualità, la “bellezza” dello spazio pubblico e la densità delle relazioni che questi spazi sono capaci di generare, incidono in modo significativo sulla salute e sul benessere delle comunità e quindi delle persone. Diventa sempre più importante diffondere nel “saper fare” delle organizzazioni, delle istituzioni e di tutti i portatori d’interesse, un lavoro che abbia come obiettivo ultimo la progettazione e la cura dello spazio pubblico”.
Quale ruolo svolge l’Uisp in questa individuazione e restituzione pubblica degli spazi?
“L’Uisp con progetti, campagne e iniziative offre una cornice di riferimento e una piattaforma operativa per guidare, supportare e sviluppare interventi di rigenerazione sociale e urbana, fondati sui valori dello sport sociale, della partecipazione e della cura condivisa dei beni comuni”.
“Le periferie del nostro territorio, non solo intese in senso geografico, ma anche simbolico e sociale, dove il degrado non riguarda esclusivamente l’aspetto fisico degli spazi, sono quei luoghi dimenticati dal punto di vista delle funzioni e delle relazioni sociali – spiega Massimo Aghilar – In questi luoghi il degrado si manifesta anche attraverso la perdita di coesione, la rarefazione dei legami sociali e l’isolamento delle persone. In questo scenario, la rigenerazione urbana non può essere intesa solo come riqualificazione fisica degli spazi, ma come un processo integrato, partecipato e orientato al benessere delle persone”.
“Una rigenerazione che rimetta al centro le comunità, le relazioni, la capacità dei territori di produrre senso, appartenenza e futuro. La rigenerazione urbana è prima di tutto un’azione sul piano umano e sociale. Dove il degrado ha svuotato gli spazi di senso e le persone si sono ritirate socialmente, occorre restituire vita, possibilità, partecipazione. Così, la rigenerazione degli spazi deve tradursi in un processo partecipativo e condiviso, capace di restituire valore d’uso ai luoghi, promuovere la cura collettiva dei beni comuni e attivare dinamiche di protagonismo civico. L’obiettivo è trasformare queste periferie sociali in laboratori di innovazione sociale, dove la bellezza, la cultura e la relazione diventano strumenti di inclusione, di prevenzione del disagio e di rafforzamento dell’identità collettiva”.
Le politiche sui beni comuni e la rigenerazione urbana possono oggi rappresentare una leva per la costruzione di comunità più inclusive, solidali e resilienti?
“Grazie alle pratiche dell’amministrazione condivisa suggerite dall’articolo 118 della nostra Costituzione, oggi possiamo attivare strumenti collaborativi e concreti che danno efficacia ai principi di partecipazione e sussidiarietà – co-programmazione, co-progettazione, patti di collaborazione, patti di comunità, patti educativi di comunità e tante altre esperienze legate ai patti civici – che aprono spazi reali di condivisione tra enti pubblici, terzo settore e cittadinanza attiva. Si tratta di occasioni preziose per costruire alleanze educative, sociali e civiche, capaci di generare un impatto duraturo nei contesti più fragili e di sperimentare infinite soluzioni creative di design sociale che possano rispondere meglio ai bisogni delle nostre comunità e possano generare nuove forme di partecipazione, di spazi pubblici e di servizi pubblici collaborativi. Ogni spazio restituito alla collettività può diventare un motore di cambiamento capace di produrre benessere. Ecco, queste sono alcune delle leve sulle quali dobbiamo continuare, e in alcuni casi iniziare, ad allenarci per dare vita a nuove esperienze di spazio pubblico che possano sperimentare risposte alla complessità dei bisogni e delle fragilità dei nostri territori”.
Che ruolo svolgono l’attività sportiva e il gioco in questa idea di nuovo design sociale?
“L’Uisp, con la sua lunga esperienza nella promozione dello sport per tutti, intende contribuire a questo processo attraverso la creazione di spazi da abitare: luoghi pubblici rigenerati e restituiti alla cittadinanza, dove l’attività motoria, il gioco e la pratica sportiva diventano strumenti di benessere, ma anche di partecipazione, relazione e protagonismo civico. Questi spazi, se progettati in chiave inclusiva e flessibile, possono accogliere mix di attività capaci di attrarre persone diverse, con interessi, età e storie differenti. In questo incrocio di vissuti e passioni si costruisce comunità, si rafforza il senso di appartenenza e si promuove una cittadinanza attiva, consapevole e solidale”.
Quali strategie attivare per rendere concreti gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana?
“Per ottenere l’impatto più positivo dalle nostre azioni è di fondamentale importanza costruire la più ampia alleanza di un territorio – conclude Aghilar – Per fare qualche esempio, sono tanti gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana di successo ispirati ai principi e agli strumenti del placemaking. Una pratica ancora poco conosciuta in Italia che adotta un principio olistico e interdisciplinare, attivando di volta in volta o congiuntamente strumenti dell’urbanistica, della sociologia, dell’economia, del marketing, dell’animazione sociale e del diritto”.
“Allo stesso tempo è un approccio votato a principi partecipativi, non è riservato a una cerchia ristretta di persone e si ispira, quindi, ai principi della democrazia. Lo spazio pubblico diventa così bene immateriale fatto di possibilità, come spazio dove sono possibili le relazioni, dove è possibile la partecipazione, dove è possibile esprimersi e dove è possibile manifestarsi. Dove l’Uisp ha sperimentato il progetto Sport Civico, ha lavorato concretamente per la trasformazione di luoghi fisici spesso abbandonati e lasciati al degrado, rinnovandoli in modo creativo perché fossero riconosciuti dalla comunità come nuovo spazio pubblico generato o rigenerato attraverso la partecipazione”.
(a cura di E.F. e I.M.)