Alice Bellandi, il mio sogno è vincere l’oro olimpico

Alice Bellandi, classe 1998, è una delle più interessanti e forti atlete del judo azzurro, a volte è solo questione di stile. Quello e magari l’incontenibile voglia di stare al centro del podio. Alice è sempre in movimento e sempre alla ricerca di nuove sfide. Per il momento sportive: maschietti mettetevi il cuore in pace. Questo racconto parla di leadership per rispondere a una domanda che negli anni ci siamo sentiti ripetere molte e molte volte: ma campioni si diventa o si nasce? E diciamo subito che non esiste una risposta secca. Ma un percorso iniziato, come nel caso di Alice, da bambina.

Alice ci spiega come è possibile migliorare le proprie prestazioni: si deve fare sempre qualcosa di più. E imparare dalle sconfitte così la prossima volta ci si prepara meglio alla sfida. E poi il cambiamento perché ogni cambiamento è una opportunità. Perché aiuta a mantenere viva la caratteristica principale di un vincente, vale a dire la curiosità. Ma soprattutto per Alice è importante arrivare in cima alla “montagna” con stile, divertimento, etica, e sacrificio: la passione, il sapore della vittoria sono cose importanti solo se si ottengono attraverso il sudore del lavoro in palestra. Ogni percorso deve passare attraverso vittorie e sconfitte anche se vi dicono che l’importante è partecipare. Come direbbe Alice: “il mio obiettivo resta l’oro!”. Questo è lo stile della nostra campionessa che non cerca marito, ma insegue un sogno: vincere l’olimpiade.  

 

Alice perché il judo?

 È buffa la mia storia, iniziai all’età di tre anni e mezzo perché ero un vero e proprio terremoto e non mi accontentavo solo di passare e distruggere tutto, ma all’asilo picchiavo i ragazzini quando volevo qualcosa che non era fatto o detto come volevo io.

Un amico aveva iniziato a far judo e mia madre decise di iscrivere anche me sperando che potessi sfogarmi un po’ sul tatami, e così é stato: il judo é diventato tutta la mia vita.

 

Che cosa ti piace di più di questa disciplina?

Mi piace in primis come mi fa sentire quando lo faccio, quello che mi fa provare, mi piacciono le emozioni che mi dà, belle o brutte che siano. Mi piace stare a piedi scalzi sul tatami, l’odore del tatami, mi piace finire una gara o un allenamento stanca morta ma soddisfatta e felice del lavoro o risultato ottenuto.

 

Ancora giovanissima hai già vinto tante sfide: non ti sembra un tempo troppo breve per imparare qualcosa? 

In realtà io credo che la persona che sono ora è grazie a tutto quello che da giovanissima ho imparato. Già all’età di 15 anni partivo per giorni lontano dalla mia famiglia per fare gare internazionali e, quando ti trovi in quelle condizioni, devi per forza imparare a cavartela. Basti pensare che già da giovanissima ho affrontato gare di livello internazionale e quando mi trovavo a dover combattere non c’erano i miei genitori o nessun’altra persona ad aiutarmi a gestire le mie emozioni. Quindi no, non credo sia troppo breve.

 

 Qual è il segreto del tuo successo?

Io non credo in nessun ‘segreto per il successo’, credo nel lavoro, nella dedizione e nell’impegno costante che ogni giorno da quando ho deciso che sarebbe stata la mia strada, ci metto. Potrei definirla più come un ossessione.

 

Perché al contrario di atleti protagonisti in sport più pagati di te sappiamo ben poco, mi riferisco al lato privato – sentimentale?

Purtroppo o per fortuna questo sport, se decidi di praticarlo veramente con dedizione, non ti lascia spazio per una vita sentimentale, proprio in termini materiali (probabilmente anche un po’ egoisticamente) non ho tempo da dedicare a una persona che non sia io.

 

L’attività sportiva educa al sacrificio, al rispetto degli avversari, delle regole nella competizione: allora perché purtroppo spesso una manifestazione sportiva che sia una olimpiade o una semplice gara amatoriale viene sporcata da casi di doping?

Perché credo che l’indole di uno sportivo sia quella di non accontentarsi mai, quindi molte persone pur di eccellere e non accettare i propri limiti decidono di sporcarsi con il doping. Altre volte invece, è proprio una questione di Stato, il doping diventa semplicemente il vettore con cui una nazione tramite atleti può incassare denaro e fama per le loro vittorie.

 

Magari è colpa di certi educatori, chiamiamoli d-istruttori che invece di spiegare ai ragazzini che una sconfitta non significa essere dei falliti, li crescono con il mito che solo chi vince è un vero atleta. Come lo spieghi tutto ciò?

Io credo che i primi ‘d-istruttori’ siano molti genitori che riversano l’angoscia dei loro fallimenti sulla possibile carriera di un figlio. Un ragazzino che pratica un’attività qualunque deve farlo con una sola consapevolezza: parola d’ordine DIVERTIRSI. Per quanto riguarda certi allenatori di società dilettantistiche non vorrei sembrare troppo dura, ma è meglio che chiudano e vadano a fare altro. Ogni percorso deve passare attraverso vittorie e sconfitte: tutti i grafici crescenti devono passare attraverso anche momenti ‘down’ per poter risalire. Il discorso del divertirti è alla base di tutto, da quando si è bambini fino a quando si è atleti professionisti.

 

Come metabolizzi l’amarezza di una sconfitta?

Diciamo che non la prendo bene per niente bene, ho bisogno del mio tempo per realizzare e calmarmi. Sono convinta che ogni cosa accada per un motivo e che tutte le sconfitte siano solo il mezzo con cui diventiamo più forti e ci prepariamo alle vittorie.

 

Come festeggi una vittoria?

Mi piace festeggiarla in famiglia e con i miei amici di Brescia. E ovviamente con i miei allenatori che mi seguono ‘ad personam’ ogni giorno.

 

Cosa baratteresti per una medaglia olimpica?

Potrei dare ogni cosa, veramente penso che non ci sia niente di comparabile a una medaglia olimpica. Ovviamente d’oro.

 

A proposito come ti mantieni in forma?

In questi giorni sono in Caserma delle Fiamme Gialle a Roma e riusciamo ad allenarci una volta al giorno facendo attività alternative all’aperto, in gruppi divisi e con le dovute distanze di sicurezza. È un mese che non faccio judo, mi manca tanto.

 

Sui social spopoli con i tuoi post, spesso più che a una atleta si potrebbe pensare che sotto sotto la tua vera natura è diventare una modella, perché no una attrice: ci pensi qualche volta?

 No, il mio pensiero fisso, la mia ossessione ora é vincere il più possibile con il judo, non ho altre aspirazioni.

 

Chiudiamo con una domanda romantica. Più un sogno è grande, più ha confini indefinibili: cosa nella tua vita perfetta ancora manca?

Credo che solo medaglie veramente grosse, ma sono giovane, ancora c’é tempo: senza fretta, ma senza sosta, arriveranno, ne sono certa.