IL PREZZO DEL RIDICOLO

di Roberto Gugliotta

C’è da seppellire il mestiere di "stregone", da ritrovare quello di coach, visto che i risultati sono grami. E non è un problema di impianti o di mission: leggo di grandi progetti, fusioni, costituzioni di nuove società, proclami per valorizzare i giovani ma le operazione che nascono d’estate al tavolino del bar o sotto l’ombrellone, non hanno niente di tecnico e soprattutto le trovo di un dubbio gusto evidente. Ma proprio l’assoluta ignoranza sulle scelte effettuate spiega in modo lampante quanto poco conti l’aspetto tecnico nel progettare una stagione sportiva. Una buona organizzazione, una società che rappresenta la città, non ha nè il dovere nè il diritto di giocare questo tipo di scommesse. Non sceglie così i suoi istruttori, ma programma, segue, valuta, spacca l’euro se necessario, ma investe su convinzioni tecniche sicure. Il difetto è che non si ripassa l’abc dei fondamentali nè in palestra nè dietro una scrivania. Io sono dell’idea che finchè si pensa a contare i soldi che entrano dalle iscrizioni piuttosto che offrire un servizio degno di una vera società sportiva – la mission dovrebbe essere allenare i ragazzi/e, vedersi, lavorare, studiare, verificarsi – Messina continuerà a disputare "campionati amatoriali" con giocatori da bar dello sport. Non a caso – sfido i d-istruttori a smentire le mie affermazioni – quando vado in giro come osservatore per assistere a una gara di basket, che sia una partita delle giovanili o di serie C o D, poco importa, mi annoio già nel vedere il "riscaldamento": i nostri cosiddetti talenti non sanno tirare, passare, palleggiare nè difendere. Senza sacrifici non si va avanti e tutti dobbiamo lavorare di più, se è vero che il nostro ritardo è scandalosamente tecnico. E’ serio tutto questo? O non è piuttosto l’atteggiamento arrogante di un sistema dirigenziale il cui primo compito è incassare le rette dalle famiglie "gonfiando" i meriti dei pargoli salvo poi scaricarli al compimento del diciottesimo anno?