La violenza, il razzismo, la simulazione girano per stadi e palazzetti

di Roberto Gugliotta

Ho letto con grande attenzione la Gazzetta dello Sport di ieri per la sua ferma posizione sulla violenza nel calcio, nello sport. E mi piace pure il titolo il brutto del calcio. Epperò queste iniziative toccata e fuga servono poco a educare sportivi e tifosi. Quante volte abbiamo parlato di aggressioni, minacce, e insulti negli ultimi anni? Tante, troppe e cosa è servito? Avete forse visto una decisa inversione di comportamenti? A me non sembra e a voi? La violenza, il razzismo, la simulazione girano per stadi e palazzetti, con molti dei cosiddetti educatori che preferiscono far finta di nulla: un male necessario, qualche cretino lo giustifica. Necessario a chi? Non certo allo sport con la S maiuscola. Ed ha ragione Capello a tuonare che è stato dato troppo potere ai violenti. Nel mio piccolo vorrei aggiungere che ho subito minacce e insulti e persino prevaricazioni ma non mi sono mai piegato alla legge dell’ultras. Come allenatore di basket poi addirittura una porcheria da parte di un simulatore con la complicità di alcuni diversamente onesti. Al punto che presi carta e penna e denunciai il fatto al Coni e alla Fip. Al tempo avevo già manifestato il desiderio di smettere con la pallacanestro perché non mi rivedevo nei valori diversamente etici del Comitato siciliano. “Avevo deciso di smettere di allenare presidente Petrucci ma la sua pronta risposta – auguro che il Suo operato possa continuare con lo stesso entusiasmo e la stessa passione e che quanto accaduto non metta in discussione il Suo amore per la pallacanestro – aveva fatto sì che quel proposito fosse cancellato dalla mia mente perché confidavo che le cose in Sicilia anche grazie alla sua Persona potessero cambiare in meglio. Non è stato così. Anzi, per il solo fatto di pretendere educazione e regole, vengo trattato come un cattivo esempio. Come sosteneva Bernanos: la pena più grande del prete è la solitudine. Dobbiamo migliorare lo sport, la qualità della sportività negli stadi, nei palazzetti, nelle palestre ma la verità è che si predica bene ma si opera male. Non voglio la prima pagina né la patente da eroe epperò devo ammettere che l’errore più grande in questo circo dell’ipocrisia è chiedere il rispetto delle regole. Il basket siciliano non è diverso dai grigi Palazzi dove si amministra la legge, la politica sociale, tra le insidie delle procedure e i trabocchetti dei mille interessi. Che tristezza doversi occupare di violenza, razzismo, simulatori, insulti quando dovremmo elevare lo sport a esempio. Questo non è etica, non è cultura ma imbecillità. Perché? Mi chiedo i cialtroni devono averla sempre vinta mentre gli onesti la devono prendere in quel posto? E mi sono dato una risposta: perchè ci si abitua a tutto, anche al ladro e all’imbroglione. E non a caso sempre nell’edizione della Gazzetta dello Sport di ieri dopo aver dato spazio al’indignazione si passa al Totogiunta Coni. Tutta gente che nella propria vita ha viaggiato molto, e desidera conoscere qualcosa che il comune senso del dovere non può dare. E i giovani? L’etica? La lotta al razzismo? No comment. Perché i giovani vogliono divertirsi, amano la discoteca, la vita comoda, più che la palestra incontaminata o le culture primitive che si basano sull’onestà e la lealtà.