La gente migliore è sempre sconfitta

di Roberto Gugliotta

Esiste per davvero una tendenza messinese del teatro comico. Anche nello sport. Basta osservare quel che accade nel mondo del basket. Non si tratta solo dell’abbondante generazione di istruttori nati a Messina e dintorni che in questi anni sono arrivati a conquistare titoli prestigiosi e a sfornare atleti degni di aspirare nel prossimo futuro, la serie A. No, oltre alla generazione di fenomeni, c’è qualcos’altro, per esempio gli arbitri, fischietti al di sopra di ogni sospetto e soprattutto grandi educatori in campo e fuori con comportamenti modello. Suppongo che esercitare una professione sia più gratificante che fare un lavoro. Gli istruttori fenomeni e gli arbitri sono la conferma che si vive un periodo florido, degno del miglior teatro comico: una certa ideologia, una comune visione della scena, del paesaggio umano, dei valori in gioco. Mi piace soprattutto mettere in risalto l’onestà e la sportività, oltre la competenza ovviamente, che unisce questi bellissimi modelli, al punto che consiglierei al presidente del Comitato regionale Antonio Rescifina, di premiare loro con una targa al merito. E dato che i premi e gli encomi da queste parti non si negano a nessuno, inviterei lo stesso presidente ad assegnarsi un premio per come è bravo a gestire le cose. Ne deduco che anche la sua influenza culturale complessiva (teatro comico compreso) deve essere formidabile, irresistibile. Una vera e propria egemonia. Lo penso, lo scrivo. Consapevole che la mia approvazione conta come il due di Coppe, quando a briscola comanda Bastoni. Comunque, se proprio devo trovare un piccolo difetto resto stupito dalle tante voci di riprovazione venute dagli amanti della sportività nel gioco del basket siciliano. E non capisco cosa possa essere ancora migliorato in un movimento perfetto. Abbiamo competenza, regole, onestà, talenti e signori arbitri. In più degli istruttori fenomenali. Sì, sono orgoglioso di appartenere a questo mondo e non potrei pensarla diversamente, dato che è un movimento fatto a immagine e somiglianza del presidente del Comitato regionale, Antonio Rescifina. E’ soprattutto l’idea – rara oggi in Italia – che la pallacanestro sia innanzitutto fenomeno sociale e non individuale e che anche le storie debbano raccontare un gruppo, non una persona (anche se magari l’interprete è solo in scena). Eppure… eppure, non c’è cosa più comoda e confortevole che costruirsi un bel capro espiatorio, potente e malvagio, al quale dare la colpa di tutte le nostre debolezze. Perché non dovremmo approfittarne? Perché può sempre intervenire un rompiscatole che ci dice: mica vero. E’ tutto sbagliato! Le cose non stanno come a voi, a voialtri istruttori fenomeni, arbitri imparziali, presidente Rescifina e compagnia danzante, piace credere. Il rompiscatole che sto per presentare si chiama Pippo Sidoti. Non è uno qualsiasi. E’ professore di educazione fisica che vive a Patti, ma soprattutto è un uomo di sport. Ha molto viaggiato, specie in Italia dove ha partecipato e vinto (lui sì!!!) tanti campionati. Ha insegnato a tantissimi ragazzini e ragazzine i fondamentali del basket. Molti di loro, grazie alla cura Sidoti, hanno poi fatto delle discrete carriere nel panorama italiano della pallacanestro. Magari gli si dovrebbe dare un premio, ma non importa, sono altre le cose fondamentali nella vita. Coach Sidoti è curioso, e rispettoso, di tutte le nostre tradizioni, di talune delle nostre istituzioni, anche. Ma non è d’accordo con il mondo del teatro comico. Sarà per questo che qualcuno lo detesta? Anche nel teatro comico esistono delle regole: si vive in comune, questa comunità ha le sue leggi, le sue convenzioni, i suoi pregiudizi. Si può riderne, ma non starne fuori. Questo modo di intendere i contenuti dello sport ha influenza sulla forma, che per quanto demenziale possa apparire, gioca sempre in realtà su un realismo di fondo: un realismo grottesco. La sostanza di questi concetti è condensata in molti post di istruttori fenomeno e arbitri imparziali che leggo su Fb e che vorrei mostrare al massimo rappresentante del basket italiano, Gianni Petrucci. Da Petrucci vorrei una risposta: è questo il suo concetto di sportività? E’ questa la pallacanestro che propaganda? Sono modelli gli arbitri che su Fb insultano il sottoscritto e poi, senza vergogna vanno in campo e giocano una loro personalissima gara contro di me? Si può vincere e si può perdere, ma non fregare le regole della lealtà. Io e Pippo Sidoti non siamo come loro. Meno male. E’ l’essere diversi che ci rende vitali, e reciprocamente interessanti, oltre che utili. Per contro, il gioco del basket, adorato dagli istruttori fenomeno e dagli arbitri parziali, non sarà uno sport ma una farsa. Ecco, ora mi piacerebbe che due non a caso, Cristina Correnti e Mario Maggio, prendessero carte e penna per esprimere il loro concetto su questo tema. E non si tratta tanto di uno sfogatoio on line, quanto di un canale aperto di comunicazione e di dialogo su tutte le tematiche esistenziali e culturali che pesano sul nostro movimento sportivo. C’è già il collega X, poi si parla di un altro Y, di A, di D, di G. Ogni giorno nasce l’accademia delle meraviglie. Tutti istruttori di valore, e poi è bello che si aprano tanti posti di lavoro in un momento così, come dire, un po’ agitatello. Mi aspetto qualcosa di fenomenale, senza ironia.