I piedi sporchi di pece

di Roberto Gugliotta

Voglio rendere omaggio a un mio amico (Vittorio Centorrino) che spesso mi dice: Roberto ma la gente pensa che siamo dei fessi? Ma lo sanno che abbiamo i “piedi sporchi di pece”? Lo sanno che siamo cresciuti nella strada? No, Vittorio, loro non conoscono la storia. I giovani sono deboli, fragili, vivono con l’ansia da prestazione, un momentaccio, non c’è dubbio. Quando parlo con loro presentando i miei libri, quando li alleno in palestra, mi sento un fratello maggiore, pieno di rispetto per le difficoltà in cui sono immersi. Non prometto cose che non potrò mantenere nè alimento false speranze. Credo, però, che il futuro vada pensato non soltanto in termini di diritti – che sono sacrosanti e guai a toccarglieli –, ma anche in termini di doveri: solo con il sacrificio e il sudore si possono raggiungere degli obiettivi. Oggi assisto a tante cialtronate: pagliacci che si professano istruttori di sport nonostante l’unico risultato ottenuto è quello di aver fatto smettere di giocare decine e decine di ragazzi (dopo averli illusi); persone delle istituzioni che sprecano risorse economiche negando opportunità ai giovani per miopia gestionale. E mi chiedo quale uomo può dirsi “modello”, “guida”, “coach” se con i suoi passi non ha solcato la strada. Solo chi ha trasformato l’indifferenza di qualcuno in forza motrice può cambiare la storia della vita di una persona e non solo. Avere i “piedi sporchi di pece” significa parlare di instancabili persone e dell’orma che hanno lasciato nel loro cammino. Occhio agli imbonitori, ai cattivi maestri ed è necessario farlo per mettere in guardia i giovani che vagano sulle orme di testimoni effimeri e poco credibili