Mediaset ha più telespettatori della Rai, nonostante leggi e privilegi remino al contrario

Secondo i dati diffusi dalla Rai, le emittenti di Stato, il 23 settembre e per tutta la giornata, i telespettatori di Mediaset sono stati più di quelli della Rai stessa: 2milioni 292 mila per Mediaset (share 29,4%), 2milioni 188mila per Rai (share 28%).

E questo nonostante nella giornata di ieri la Rai abbia trasmesso la replica di un suo “pezzo da 90”, il commissario Montalbano che è stato seguito da 2milioni 750mila spettatori (share 1,7%).

Questo accade nonostante la Rai abbia leggi e privilegi che Mediaset non ha. Primo fra tutto il cosiddetto canone (1), imposta obbligatoria per chiunque possegga un tv collegato al digitale terrestre, imposta che si versa per fruire del servizio di Stato. Al canone, la Rai aggiunge la pubblicità. Che, invece, per Mediaset è essenzialmente unica fonte di introiti.

Situazione, quella di Rai, che i nostri legislatori e Antitrust continuano a non considerare abuso di posizione dominante. I legislatori perché tutti – chi più chi meno e con alcune schermaglie per la quantità di spazi (teleMeloni è come alcune opposizioni maggioritarie chiamano la Rai) – … tutti hanno i loro spazi. Antitrust, invece, chiamata da diverso tempo ad esprimersi in merito, non ha rilevato questo abuso… bontà sua!

Sul servizio di Stato della Rai (cioè per tutti i telespettatori, di qualunque credo o fede politica, religiosa ed etnica) ci sono opinioni diverse. Che, grossomodo, nonostante un logico sbilancio gestionale e di indirizzo (la maggioranza parlamentare è preposta al controllo), sembra alla fin fine accontentare tutti.

Ma possibile che la Rai, con tutti i soldi che ha (e lo si percepisce per come sono articolate trasmissioni di intrattenimento, informazione e sportive, rispetto ad altre emittenti), non riesca ad avere il plauso maggioritario dei telespettatori?

Per quanto possa essere potente Mediaset…. non siamo in Usa dove l’emittente pubblica (Public Broadcasting Service- PBS), è praticamente inesistente rispetto alle private.

Siamo in un Paese con una forte presenza di informazione e intrattenimento di Stato, ben economicamente foraggiata che, però, non riesce ad essere la più gradita. Forse per più di qualcuno questo potrà essere considerato un bene, ma da un punto di vista commerciale e di business, c’è più di qualcosa che non quadra: se tanto mi dà tanto, se questo tanto non è gradito da chi è comunque costretto a pagarlo, due sono le strade – una alternativa all’altra – che dovrebbero essere  prese urgentemente in considerazione:

– una riforma profonda: economica, commerciale e qualitativa;

– la dismissione dell’attuale modello di servizio pubblico. Abolendo il canone/imposta, privatizzando il servizio e affidandolo al miglior offerente in una gara d’appalto.

Caso, quest’ultimo, in cui andrebbe abbandonata la pretesa di continuare ad essere la principale “azienda” di informazione e non solo, concentrandosi su servizi ritenuti essenziali per – per l’appunto – svolgere un’informazione sull’attività dello Stato. Contesto in cui, un mercato oggi già florido come quello di comunicazione ed informazione, avrebbe una chance in più di espandersi… senza lo Stato in concorrenza con privati e in conflitto di interessi.

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc

 

1 – https://tlc.aduc.it/rai/