Il prezzo del coraggio: attivisti, giornalisti investigativi e il fenomeno delle SLAPP in Europa e nel mondo

Nel cuore dell’Europa democratica e ben oltre, un’arma silenziosa ma letale minaccia giornalisti d’inchiesta, attivisti per i diritti umani, difensori dell’ambiente. Si chiama SLAPP — Strategic Lawsuit Against Public Participation — ed è un fenomeno in espansione che prende la forma legale di una causa civile o penale, ma il cui fine è politico: intimidire, isolare, ridurre al silenzio.

Nel 2017, l’esplosione dell’auto di Daphne Caruana Galizia a Malta ha segnato un punto di non ritorno. La giornalista stava indagando su una rete di corruzione politica internazionale. Prima del suo omicidio, era stata oggetto di oltre 40 cause civili e penali, in gran parte intentate da uomini d’affari, politici e soggetti vicini al potere.

Nel 2025, la giustizia ha finalmente emesso condanne definitive per i suoi assassini. Ma l’eco di quella bomba si sente ancora nelle aule dei tribunali di tutto il mondo.

In Ecuador, l’attivista e avvocato Pablo Fajardo ha guidato la storica causa contro Chevron per la devastazione ambientale nella foresta amazzonica: un classico caso SLAPP. La multinazionale ha reagito con una lunga serie di azioni legali e minacce, inclusa una causa sotto la normativa RICO negli Stati Uniti per screditare i legittimi querelanti. In Brasile, il Senato ha recentemente annunciato l’intenzione di legiferare contro le SLAPP, in risposta a un’ondata di denunce e intimidazioni nei confronti di giornalisti e attivisti: tra il 2008 e il 2024, sono state documentate 654 cause abusive contro cronisti e difensori dei diritti umani. In Europa, Greenpeace ha subito diverse SLAPP da parte di compagnie nel settore fossile, come Energy Transfer e Shell, per intimidire e sopprimere il dissenso pubblico. Questi non sono casi isolati. Sono la norma in molti Paesi dove il confine tra potere economico e autorità giudiziaria è poroso, e dove chi denuncia, specie se non appartiene a una grande organizzazione, è spesso lasciato solo.

Anche in Italia, le SLAPP colpiscono duramente chi esercita il diritto-dovere di raccontare verità scomode. Ne è prova il caso di Roberto Malini, poeta, scrittore, attivista e co-fondatore del Gruppo EveryOne, impegnato da decenni nella difesa delle minoranze, dei migranti, dell’ambiente e del patrimonio culturale.

Malini è attualmente alla sua quarta SLAPP, intentata dall’industria insalubre e pericolosa che minaccia ora la città di Pesaro e contro cui l’attivista si batte. Ancora una volta, attraverso un’azione legale, questa volta civile. Una causa milionaria, un altro tentativo di bloccare la sua voce che invoca il rispetto dei diritti e dell’ambiente. L’attivista ha inoltre ricevuto, nel corso degli anni, minacce, lettere anonime, pressioni e veri e propri agguati.

Il suo nome è stato inserito per due volte nelle liste ufficiali dei Difensori dei Diritti Umani sotto attacco nel mondo, ed è oggetto di attenzione da parte dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, della Commissione europea, di Front Line Defenders e di altre organizzazioni che proteggono gli attivisti a rischio di persecuzione e violenza.

Malini, inoltre, lavora fianco a fianco con attivisti in prevalenza latinoamericani e africani, sostenendo reti di protezione internazionale. È tra i pochi intellettuali europei in contatto diretto con attivisti sotto assedio legale o fisico, spesso nei contesti più remoti o dimenticati dell’ecologia umana e della biodiversità.

Le SLAPP non sono semplici contenziosi legali. Sono strumenti sistemici di censura. Il loro obiettivo è scoraggiare chi denuncia la corruzione, documenta le violazioni dei diritti umani o si oppone a progetti devastanti per l’ambiente.

Lo fanno non per vincere — spesso le cause si fondano su argomentazioni deboli — ma per consumare risorse, logorare mentalmente e isolare socialmente chi osa opporsi.

E nel frattempo, mentre si discute in aula, gli abusi continuano. Le foreste vengono abbattute, i fiumi inquinati, le comunità sgomberate o colpite da gravi patologie.

La Commissione Europea e il Consiglio d’Europa hanno finalmente riconosciuto la gravità del fenomeno. Nel 2022 e 2023 hanno pubblicato due Raccomandazioni per gli Stati membri, seguite nel 2024 da una Direttiva europea anti-SLAPP: strumenti per bloccare le cause abusive, tutelare le vittime, sanzionare i promotori.

Ma l’attuazione è ancora lenta, e la pressione dei grandi gruppi economici è forte. In molti Paesi, compresa l’Italia, manca una legislazione organica che consenta la rapida archiviazione delle SLAPP e il risarcimento effettivo dei danni subiti.

Difendere chi indaga, denuncia, racconta, ferma progetti invasivi e pericolosi attraverso azioni civili e giuridiche significa difendere la democrazia stessa. I giornalisti d’inchiesta, gli attivisti ambientali e i difensori dei diritti umani sono le sentinelle del nostro tempo. Senza di loro, nessuno controllerebbe chi taglia, trivella, corrompe.

Eppure oggi, nel Nord e nel Sud del mondo, molti di loro vivono sotto minaccia, citati in giudizio o braccati come nemici pubblici.

La memoria di Daphne Caruana Galizia ci impone di non aspettare il prossimo martire.

Se c’è una cosa che le SLAPP non possono bloccare è la solidarietà. Costruire reti tra giornalisti, attivisti, avvocati e cittadini consapevoli è oggi la risposta più concreta e urgente. Perché la censura moderna non si combatte solo in tribunale, ma nella coscienza collettiva.

E in questa coscienza, i nomi di Daphne, Pablo, Roberto e tanti altri devono restare scolpiti come simboli del coraggio civile.

Nella foto, da sinistra, Roberto Malini e Pablo Fajardo