Giornata internazionale per porre fine all’impunità per i crimini contro i giornalisti, l’appello della Ifj

La Federazione internazionale: «Indagini adeguate solo su un assassinio di un cronista su dieci». L’Onu: «Nel 2023 già 46 reporter uccisi e 531 imprigionati».

«In occasione della Giornata mondiale per porre fine all’impunità per i crimini commessi contro i giornalisti, il ​​2 novembre, l’Ifj chiede ai governi di tutto il mondo di condannare, indagare e arrestare coloro che uccidono, molestano e intimidiscono i giornalisti e di adottare una legislazione chiara e applicabile per proteggere i giornalisti». Lo si legge in un comunicato pubblicato dalla Federazione internazionale dei giornalisti sul suo portale il 2 novembre 2023.

La nota prosegue ponendo degli interrogativi: «Chi ha ordinato l’uccisione di Anna Politkovskaya, Jamal Khashoggi, Arshad Sharif, Javier Valdez, Martinez Zogo e di tutti gli altri giornalisti i cui omicidi rimangono impuniti? Dall’adozione del Piano d’azione delle Nazioni Unite sulla sicurezza dei giornalisti e la questione dell’impunità nel 2012, che mirava a creare “un ambiente libero e sicuro per giornalisti e operatori dei media”, molto poco è stato fatto per portare gli assassini di giornalisti in libertà. giustizia, svolgere indagini indipendenti sugli attacchi contro gli operatori dei media e fornire ai giornalisti gli ambienti sicuri necessari in cui svolgere i loro compiti».

La nota poi parla dell’ultima crisi internazionale che sta avendo conseguenze sui cronisti: «Dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, il 7 ottobre, sono stati uccisi almeno 30 giornalisti e operatori dei media. Un tale bilancio delle vittime solleva la questione se i giornalisti a Gaza siano stati deliberatamente presi di mira. Indossare attrezzature di sicurezza professionali non è sufficiente per sopravvivere quando i giornalisti e talvolta le loro famiglie sembrano essere diventati obiettivi di una guerra. La Federazione è inoltre profondamente preoccupata per lo stato di impunità in Camerun, India, Kosovo e Messico, dove il fatto di prendere di mira i professionisti dei media e/o la mancanza di reazione da parte delle autorità pubbliche nel consegnare alla giustizia gli assassini e i molestatori di giornalisti trasmette il messaggio che è pratica normale per farla franca».

Viene poi riportata una statistica: «Secondo l’Onu, vengono svolte indagini adeguate solo su un assassinio di un cronista su dieci. Dietro ogni statistica c’è una tragedia umana: una morte, un rapimento, una famiglia rimasta senza madre, padre, fratello o sorella. Anche quest’anno, l’Ifj chiede un’indagine completa e indipendente su tutti gli omicidi, gli attacchi o le intimidazioni nei confronti dei giornalisti e l’adozione di uno strumento vincolante che obblighi i governi mondiali ad agire».

Il presidente dell’Ifj, Dominique Pradalié, ha dichiarato: «Presi di mira – braccati come selvaggina – i giornalisti sono vittime dei nemici della libertà di stampa. Chi indagherà, chi consegnerà i colpevoli alla giustizia? È ora di porre fine a questo massacro, che colpisce non solo le zone di guerra ma anche le redazioni di Messico, India, Perù e Serbia. Le Nazioni Unite devono adottare una convenzione per la protezione attiva dei giornalisti».

Il comunicato si chiude con un appello: «L’Ifj esorta le Nazioni Unite e i governi mondiali a sostenere la sua proposta per una Convenzione vincolante delle Nazioni Unite sulla sicurezza e l’indipendenza dei giornalisti e degli altri professionisti dei media».

Sul tema è intervenuto anche l’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Volker Turk, con un post su X: «Fino ad oggi, quest’anno, sono 46 i giornalisti uccisi mentre svolgevano il loro lavoro e 531 quelli imprigionati. Innumerevoli quelli tra loro che hanno subito molestie e violenze intollerabili. Questi attacchi sono inaccettabili. I governi, la polizia e i tribunali devono rafforzare la protezione dei giornalisti e del loro vitale lavoro».

Sempre su X è arrivato anche l’intervento della Farnesina: «L’Italia riafferma il suo sostegno alla libertà di espressione come pietra angolare della democrazia e alla necessità di salvaguardare la libertà di stampa».

Sale intanto il numero dei reporter rimasti uccisi nel corso del conflitto Israele-Gaza: come riportato dal Committee to Protect Journalists sul suo sito web dal 7 ottobre sono morti 33 giornalisti, di cui 28 palestinesi, 4 israeliani e un libanese. Al Cpj risultano anche otto cronisti feriti e nove dispersi o catturati.

In occasione della ricorrenza del 2 novembre l’Unesco ha pubblicato il documento “Il ruolo delle forze dell’ordine: garantire la sicurezza dei giornalisti durante le manifestazioni e le elezioni”. Fra gennaio 2019 e giugno 2022 l’Unesco ha riscontrato attacchi ai giornalisti legati alle fasi elettorali, nel contesto di almeno 89 elezioni svolte in 70 paesi di varie parti del mondo, durante le quali sono stati aggrediti 759 giornalisti e professionisti dei media (29% donne), il 42% di loro dalle forze dell’ordine. L’Unesco raccomanda di stabilire buone relazioni fra le forze dell’ordine, i media e i cronisti che seguono manifestazioni e incontri pubblici, e di addestrare gli agenti di polizia al corretto rapporto con i cronisti, durante la loro formazione e con corsi di aggiornamento periodici.

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