
Il mercato pubblicitario italiano sta vivendo un momento di profonda trasformazione. Dopo gli scossoni causati dalla pandemia, la crescita è tornata solida: secondo l’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, si è passati dagli 8,8 miliardi di euro del biennio 2018–2019 agli 11,1 miliardi stimati per il 2024, con una previsione di 11,7 miliardi nel 2025[1]. A guidare questo slancio sono i canali digitali, mentre gli altri media tradizionali vedono progressivamente erodersi la loro quota di mercato.
A emergere come nuovo centro di gravità è la Connected TV (CTV), simbolo della cosiddetta “TV 2.0”. Non si tratta solo di contenuti digitali fruiti sullo schermo televisivo, ma di un ecosistema evoluto fatto di Addressable TV, app dedicate e piattaforme pubblicitarie integrate nei dispositivi.
In questo scenario, la Connected TV si distingue per la sua capacità di unire l’impatto emotivo del linguaggio televisivo con la precisione dei dati digitali e del programmatic advertising. Angela Bersini, General Manager Italy di The Trade Desk, lo sintetizza così: “La Connected TV è il presente della pubblicità video: data-driven, personalizzata e sempre più acquistata in programmatic.”
Il valore della CTV risiede proprio nella sua natura ibrida. La fruizione on demand, la qualità visiva e la possibilità di personalizzare i messaggi pubblicitari in tempo reale la rendono un mezzo sempre più strategico.
Ma non tutte le esperienze CTV sono uguali. I contenuti prodotti professionalmente – rispetto a quelli generati dagli utenti – registrano un aumento del 33% nell’attenzione[2]. Per i brand, questo significa puntare sulla qualità e su una pianificazione intelligente.
Evita Barra, Head of Advertising di Netflix Italia, sottolinea l’importanza dell’immersività: “La qualità riguarda il contenuto ma anche il livello di attenzione e coinvolgimento. Su Netflix, gli utenti sono totalmente immersi, anche durante gli spot: i nostri studi mostrano che le persone sono 2,7 volte più propense a cercare un brand dopo averlo visto su Netflix.”
Anche Roberto Dragone, Digital AdOperations & Programmatic Director di Mediamond, rafforza il concetto: “L’advertising ricopre un ruolo determinante nel valorizzare il contenuto editoriale.”
Le famiglie europee possiedono oggi in media nove dispositivi connessi[3]. Raggiungerle in modo coerente, senza sovrapposizioni né dispersioni, è la nuova sfida per i brand.
Qui entra in gioco l’approccio omnichannel, di cui la CTV diventa una componente cruciale. Secondo i dati di The Trade Desk, l’integrazione della CTV in una strategia multicanale consente di migliorare le performance e ottimizzare i costi: il CPA (Costo per Acquisizione) si riduce in media del 14%; mentre il CPHH (Costo per nucleo familiare raggiunto) cala del 21%[4].
Ogni canale aggiunto, se ben orchestrato, porta efficienza. In Italia, il contesto è favorevole: l’88% degli utenti utilizza ogni settimana piattaforme AVOD o FAST, servizi video gratuiti sostenuti da pubblicità[5]. Inoltre, il 71% del tempo online viene trascorso fuori dai walled garden (come Facebook o YouTube), a favore dell’open internet: un ambiente ideale per logiche programmatiche[6].
Secondo Denise Ronconi, Direttrice dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano: “La raccolta pubblicitaria su TV 2.0 è in continua crescita e nel 2025 raggiungerà i 702 milioni di euro. Si tratta di un mezzo sempre più riconosciuto per la sua capacità di accompagnare l’utente lungo l’intero funnel di marketing, dall’awareness alla conversione.”
Anche i numeri lo confermano: oggi 9 milioni di italiani utilizzano la CTV, contro i 19 milioni che ancora si affidano alla TV lineare. Ma il 74% degli utenti dichiara di preferire la fruizione via CTV, attratti dalla flessibilità e dall’esperienza on demand[7].
A fare la differenza, anche in uno scenario ipercompetitivo, restano la qualità e la rilevanza locale. Roberto Trojsi, Disney Advertising & Platform Distribution Director di The Walt Disney Company Italia, sottolinea: “Disney ha compiuto 100 anni un paio di anni fa. Quello che è rimasto costante in Disney è la qualità, il contenuto, lo storytelling e la rilevanza locale. Che poi è quello che fa la differenza”.
In conclusione, la Connected TV non è più una tecnologia emergente: è una realtà ormai centrale nelle strategie media di brand e piattaforme. Il suo potenziale non si limita alla portata, ma si esprime nella possibilità di costruire esperienze pubblicitarie rilevanti, tracciabili e cross-device, in un contesto in cui qualità e dati camminano insieme.