NO AL CONTRATTO. Perché va respinto al mittente

Compensi per gli “autonomi” (il 60 per della categoria) al di sotto della soglia minima di sussistenza e di dignità professionale. Lo scippo dell’ex fissa rateizzata per chi è in attesa di riceverla, di fatto eliminata per gli altri. Agevolazioni per gli editori anche se assumono a tempo determinato, con “salari di ingresso” tagliati fino al 35 per cento. Apprendistato professionalizzante – che di fatto raddoppia il periodo di praticantato – senza garanzie di stabilizzazione e senza parte formativa. A leggere il contratto di lavoro firmato nei giorni scorsi da FNSI e FIEG si rabbrividisce: sembra che a rappresentare i giornalisti non ci sia stato proprio nessuno. Editori e giornalisti sembravano seduti dalla stessa parte del tavolo. Non consola poter dire: “Noi l’avevamo detto”. Ecco alcuni dei passi più penalizzanti delle nuove regole che alcune case editrici si sono già affrettate ad applicare.
PIÙ DIRITTI PER GLI AUTONOMI? NO, SOLO CALPESTATI
L’Accordo sul lavoro autonomo (allegato al CCNLG e sua parte integrante), recepito nella delibera governativa sull’equo compenso, stabilisce il “trattamento economico minimo per i collaboratori coordinati e continuativi”: 3 mila euro lordi l’anno, 250 al mese per il giornalista che produce per la stessa testata almeno 144 articoli l’anno – di almeno 1600 battute, quelli più corti non si pagano – per i quotidiani (12 articoli al mese); 45 articoli – di almeno 1800 battute – per i settimanali (quindi 60 euro lordi), 40 segnalazioni/informazioni al mese per agenzie e web ( 6,25 euro l’una), con una maggiorazione del 30% se corredate da foto, del 50% se corredate da video (quindi meno di 10 euro lordi…).
Cifre ben al di sotto dei minimi stabiliti da qualsiasi contratto collettivo nazionale, che ledono la dignità professionale e il principio di equità dei lavoratori, legalizzando ciò che legale non è nel contratto collettivo dei giornalisti ( non dei dopolavoristi che scrivono per hobby).
Nessuna distinzione, poi, è prevista tra notizia, servizio o inchiesta, tra pezzo fatto con il copia e incolla di un’agenzia e quello che è il frutto di un lavoro di approfondimento, anche di giorni. Come non si tiene conto, soprattutto per i periodici, del lavoro che c’è dietro ciascuna proposta.
IN CONTRASTO CON LA LEGGE E LA COSTITUZIONE
La legge sull’equo compenso richiama l’art. 36 della Costituzione e specifica che «per equo compenso si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione nonché della coerenza con i trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria in favore dei giornalisti titolari di un rapporto di lavoro subordinato».
SANATORIA A FAVORE DEGLI EDITORI?
Non è finita. I suddetti trattamenti economici si applicano anche “alle altre forme di lavoro autonomo” che “abbiano una durata minima, con lo stesso committente, pari o superiore a 8 mesi per 2 anni consecutivi e a condizione che il corrispettivo versato dallo stesso committente e derivante da tale rapporto di lavoro sia pari o superiore all’80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal lavoratore nell’arco di 2 anni consecutivi”. Ovvero a chi è in possesso di quei requisiti che, secondo una legge dello Stato, la Fornero, servono a individuare posizioni che in realtà dissimulano rapporti di lavoro dipendenti.
EX FISSA ADDIO
Viene cancellata per i nuovi assunti una parte significativa della retribuzione differita, ovvero la cosiddetta ex fissa. Tale retribuzione viene di fatto depennata per chi non abbia, entro il 31 dicembre 2014, superato il 10° anno di anzianità aziendale e sostituita con un versamento dello 0,25 per cento sulla pensione complementare (0,50 per cento a partire dal 2026!). Sopra il 10° anno si percepiranno somme pressoché simboliche rispetto al maturato: 10mila euro sopra i 14 anni, 8mila sopra i 13, 6mila sopra i 12, 4mila sopra gli 11 e 2mila sopra i 10. A chi è in attesa della liquidazione perché pensionato, sarà data a rate, nel corso di 12 anni. Con l’interesse legale del 5 per cento? Non certo un altro bel regalo agli editori che pagheranno solo il 2 per cento.
NUOVI POSTI DI LAVORO
Per ogni tre prepensionati ci sarà un neoassunto: uno scambio, questo, che dovrebbe rilanciare la categoria, l’occupazione e salvare l’Inpgi? O piuttosto comporterà la fuoriuscita dalle redazioni di altri dipendenti pagati secondo gli attuali inquadramenti retributivi?
I nuovi assunti riceveranno una retribuzione più bassa anche di 700 euro per tre anni. Viene infatti introdotto il salario di ingresso per cui, per esempio, i giornalisti con oltre 30 mesi di iscrizione all’Ordine, per 36 mesi avranno uno stipendio da R.O. con meno di 30 mesi. Non verrà applicato l’eventuale integrativo aziendale.
SCONTI ANCHE PER CHI ASSUME A TEMPO DETERMINATO
Salario d’ingresso a retribuzione ridotta e “sconti” per gli editori sono estesi anche ai contratti a tempo determinato (solo 1 su 5 sarà trasformato in tempo indeterminato, pena l’annullamento delle agevolazioni): una rinuncia questa, a legare gli aiuti agli editori alla creazione di nuova occupazione, davvero stabile e non sottopagata.
Oltre a ridurre i diritti e le tutele dei nuovi assunti con anni di professionalità alle spalle e già sfruttati selvaggiamente.
Nel protocollo d’intesa firmato da Presidenza del Consiglio, Fnsi, Fieg e Inpgi – ma si è ancora in attesa del DPCM -, sono previsti aiuti per l’assunzione di “giovani”. Ma la maggioranza dei giornalisti disoccupati o titolari di contratti atipici che dissimulano lavoro dipendente non è più “giovane”: ha in media un’età di 40 e più anni, con una professionalità ultraventennale.
APPRENDISTATO
Si introduce la figura dell’apprendista che contrasta con quella del praticante, stabilita dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, prolungando la retribuzione ridotta fino a 36 mesi e riducendo ulteriormente anche quella successiva che resterà quella del “Redattore ordinario con meno di 30 mesi” per un altro triennio, sempre che il contratto sia trasformato a tempo indeterminato.
CONTRATTO “INCLUSIVO”
Contratto inclusivo non significava assunzioni a tempo indeterminato per tutti, ma creare le condizioni per un mercato del lavoro che, accanto a giornalisti dipendenti, preveda professionisti – di cui spesso già le aziende si avvalgono – messi in grado di fornire le loro prestazioni professionali con maggiori garanzie economiche e diritti, anche senza la certezza del posto fisso a vita.
Stabilire compensi davvero professionali, come prevede la legge n. 233, significava anche ristabilire le condizioni di equilibrio del mercato libero-professionale, in cui domanda e offerta abbiano dimensioni ed equilibri fisiologici e, pertanto, i compensi non siano condizionati dalle offerte al ribasso indefinito attualmente provocate da chi scrive per hobby. Così non è stato.