Una riflessione a 31 anni dalla strage di via d’Amelio: tra nuova pax politico-mafiosa e Antimafia

Sono passati 31 anni dall’assassinio di Paolo Borsellino e della sua scorta e 30 dalle stragi di quel terribile biennio, ma la Sicilia sembra ritornata agli inizi degli anni Ottanta, quando la mafia non esisteva e i rapporti e gli affari tra Politica, Borghesia mafiosa e uomini del disonore prosperavano.

L’arresto di Messina Denaro, paradossalmente, ha suggellato questo ritorno al passato e ad una pax che ha coinvolto anche ampi pezzi della cosiddetta Antimafia, che forse non dovrebbe essere più una categoria ma un merito riconosciuto a chi la pratica concretamente. Così oggi ci sono: un Ministro della Giustizia che vorrebbe eliminare il “concorso esterno”, ovvero lo strumento principale per colpire chi con la mafia fa carriera politica e affari; condannati per mafia (Cuffaro e dell’Utri) che ridanno le carte della politica Siciliana, determinando anche il Presidente regionale; un pezzo della politica, che si vorrebbe progressista avvezza più alle commemorazioni, alla mistica dell’antimafia e all’effimera visibilità, che alla faticosa e concreta pratica sociale quotidiana.

Perciò, raccogliamo con estrema preoccupazione la riflessione di Umberto Santino del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato di Palermo, che ci invita a diffidare dall’Antimafia rituale e lavorare per costruire, soprattutto tra i più giovani, un’alternativa economica, sociale e culturale. Invece, le migliori energie della nostra terra spesso sono costrette a scegliere fra l’emigrazione forzata e un’illegalità diffusa che coinvolge, per ragioni diametralmente diverse, sia i ceti professionali e agiati sia le classi popolari sempre più sfruttate ed emarginate. Condividiamo, infatti, le considerazioni del Centro Impastato sulle modalità di lotta alla mafia e pensiamo che occorra mantenere una rispettosa critica anche verso talune posizioni di alcuni familiari di vittime di mafia e alle tante commemorazioni rituali che si succederanno in questi giorni.

Al contrario, forse dovremmo dirigere i nostri sforzi e il nostro sostegno dai palchi e dalle liturgie celebrative, alle realtà sociali che operano quotidianamente nei quartieri più emarginati, ai centri culturali delle periferie, alle tante iniziative economiche, spesso in forma cooperativa, sorte in molti territori siciliani. Vorremmo ricordare, solo a titolo di esempio e per far arrivare ancora più forte il nostro sostegno, il lavoro della Cooperativa Sociale Sud Sud composta interamente da giovani che ha iniziato in questi giorni i suoi lavori in contrada Junghetto nella piana di Catania o l’associazione “Cento Passi Ancora” che sta avviando, con enormi difficoltà burocratiche, un progetto di ripristino della produzione agricola nei terreni confiscati alla mafia.

Insomma, occorre rilanciare con coerenza e trasparenza l’Antimafia sociale indagando le nuove forme dell’accumulazione capitalistica e le nuove modalità di sfruttamento del lavoro e della natura da parte della cosiddetta zona grigia fatta di colletti bianchi, professionisti e imprenditori, di cui la mafia è stata sempre la longa manus e il guardiano fedele.

Solo rifuggendo dalle scorciatoie politiciste, buone a legittimare classi dirigenti ormai logore ed incapaci, che si affidano a messianiche persone della Provvidenza, solo ripartendo dalla trasformazione sociale, culturale ed economica della Sicilia, solo realizzando una società più giusta e libera da ricatti e soprusi, solo servendo le istituzioni democratiche con abnegazione e applicando pienamente la Costituzione Repubblicana, si rende onore alla memoria di Paolo Borsellino e delle tantissime vittime di mafia, non certo sgomitando tra una commemorazione e l’altra. 

Nicola Candido, Segretario regionale della Sicilia

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea