di Andrea Filloramo
Parlare del Ponte sullo Stretto di Messina significa parlare un’opera visionaria, una distrazione titanica, un progetto che vive di narrazione più che di necessità, di estetica più che di funzionalità, di promesse più che di piani, che molti messinesi non vogliono.
Sappiamo che il progetto non solo è stato bocciato dalla Corte dei conti, ma è oggetto di contestazioni ferme e convinte di varia natura ed è anche contestato da buona parte dei cittadini messinesi che si son visti ancora una volta cascare dall’alto un progetto che mai hanno voluto, che non è stato mai discusso con loro, ma imposto dal governo che l’ha votato capziosamente esibire come una sovrastruttura di pubblica utilità, mentre tutti ritengono che non lo sia.
I messinesi, infatti, sanno che il Ponte non risponde affatto a un bisogno urgente e generalizzato della collettività, giacché i collegamenti tra Sicilia e Calabria esistono già e possono e devono soltanto essere migliorati con interventi meno costosi ed immediatamente efficaci.
Sanno ancora che, in un territorio caratterizzato da gravi carenze infrastrutturali, soprattutto in ambito ferroviario, stradale e nei servizi essenziali, la priorità è quella di mettere in sicurezza e di potenziare ciò che serve quotidianamente ai cittadini e non di costruire un Ponte sullo Stretto che è inutile e dannoso.
Diciamolo con chiarezza: dietro la promozione di questo progetto faraonico c’è solo una strategia politica che, più che rispondere alle necessità delle persone, mira solo a rafforzare l’immagine del governo e dei suoi esponenti, con una spesa pubblica che non si sa probabilmente neppure come coprire.
Gli abitanti di Messina, che vivono nella zona più a rischio del paese, non sono ciechi: sono consapevoli di cosa c’è dietro la retorica del “ponte della modernità”. Per loro, non c’è niente di più lontano dalle reali necessità della Sicilia.
In parole povere: Salvini e i suoi alleati sono disposti a sacrificare un patrimonio naturale di incommensurabile valore per realizzare un’opera inutile e dannosa, senza prendere in considerazione soluzioni alternative che potrebbero favorire una vera crescita sostenibile della regione.
La retorica del Ponte è un segno della distanza del governo dai territori che governa, dell’insipienza di un ministro che è l’emblema più riconosciuto dell’incoerenza nel tempo delle proprie opinioni, l’uomo politico che più si è rimangiato affermazioni apodittiche su molti argomenti. Tra i numerosi ultimi esempi, quello appunto sul ponte sullo Stretto: pochi anni or sono si era dichiarato fermamente contrario alla sua costruzione, mentre ai giorni nostri è diventato il principale sponsor. Affermiamolo con forza: la Sicilia, e i messinesi in particolare, meritano di più di un ponte che attraversa lo Stretto.
