Peppe Sala sindaco di Milano: i numeri, i bilanci e i programmi contano più di tutto il resto

Il milanese è diverso. Ovviamente ha le sue idee politiche, ma quando ha tra le mani la scheda elettorale le lascia da parte e sceglie il manager. Normale nella città più industrializzata del Paese dove i numeri, i bilanci e i programmi contano più di tutto il resto.

Carlo Tognoli, è stato l’ultimo grande e rimpianto sindaco politico della città. Lo hanno amato tutti, anche quelli che non amavano il Psi e Craxi. Poi, c’è stata la rivoluzione di Mani pulite. E i partiti hanno perso peso e influenza.
E, allora, Milano ha scelto non più condizionata dalla politica, ma ha puntato sugli uomini.
Gabriele Albertini è stato sicuramente agevolato dall’onda lunga del successo di Berlusconi e di Forza Italia. Ma al milanese è piaciuto subito quell’industriale sconosciuto ai più, ma con le idee chiare, molto pragmatico, lontano dai giochi romani.
Poi, la città ha puntato sulla Moratti che in pochi mesi aveva ripianato il bilancio della Rai. Donna manager, moglie di un grande industriale, simpatica il giusto, ma pronta a dare una nuova immagine a Milano. E l’ha data.
Pisapia, avvocato e bravo figliuolo che conosco dai tempi del Movimento studentesco, è riuscito a conquistare Palazzo Marino, sindaco della sinistra, ma non del Pd: è stato un sindaco preso in prestito dalla politica, ma i rapporti con la città sono sempre stati difficili. Forse, non è stato un sindaco amatissimo dai cittadini, ma non ha fatto grandi danni.
Poi, è arrivato Sala, sull’onda del successo dell’Expo (voluto dalla Moratti). E ai milanesi è piaciuto subito, uomo concreto, anche lui lontano dalla politica, pronto a fare, simpatico il giusto, proprio come Albertini e la Moratti.
E come ad Albertini hanno chiesto il bis.
I milanesi sono fatti così, se non l’avete ancora capito.
Nicola Forcignanò