Natalità in calo. Trasformare in bene un apparente male

Roma - Il Prof. Mario Draghi al suo arrivo al Quirinle , oggi 3 febbraio 2021. (Foto di Paolo Giandotti - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

L’istat (dati provvisori) ci fa sapere che nel 2020 i nati sono 404mila, i morti 746mila. Tasso di fecondità: 1,24 figli per donna, rispetto a 1,27 del 2019 (https://www.aduc.it/notizia/natalita+calo+istat_137941.php). L’effetto covid si registra solo per le nascite di dicembre, perché solo da marzo 2020 abbiamo vissuto la pandemia (concepimento a marzo, nascita dopo nove mesi a dicembre). Per una comprensione di quanto la pandemia possa aver condizionato il calo occorrerà attendere i dati 2021.

I motivi attuali:

– oltre all’avanzare del cambio di una cultura che non ha più centralità nella famiglia minimo di 4 persone e che, nella sua forma estrema, fa crescere i nuclei single, maschili e femminili;

– oltre al progredire dell’emancipazione individuale (soprattutto femminile) che induce a concepire figli più in là negli anni e, di conseguenza, meno disponibilità e interesse per una prole;

– il motivo principale non può che essere economico. I figli costano. Il nostro modello di Stato assistenziale è deficitario di per sé e per la burocrazia. A ragion veduta si dice sia basato sui nonni. In famiglia sono sempre di più le donne che aggiungono il loro reddito a quello dell’uomo, ma non necessariamente per i figli, quanto per una conquistata libertà individuale anche di spesa.

Occorre prendere atto che la società e la famiglia sono cambiate. In meglio, soprattutto per le donne, anche se c’è ancora molto da fare. Nuova società che integra migranti da Paesi poveri: i figli più numerosi rispetto ai nostri nuclei e che, nonostante un certa xenofobia nazionalista rumorosa ma numericamente scarsa, non potrà che essere in crescita. Ma al momento si tratta di una crescita limitata, anche se non da sottovalutare. Poi dobbiamo aggiungere gli effetti del covid, quello in corso e quelli futuri.

Le reazioni a questa situazione sono di due tipi: incentivare la natalità o prendere atto della realtà. L’incentivazione ci appare anomala perché non risponde agli interessi dei singoli che, pur se incentivati (i bonus bebé, per esempio, si sono sprecati in questi ultimi anni), non hanno mostrato grande interesse in merito. Prender atto della realtà significa far stare bene quelli che ci sono, adattando assistenza, strutture e infrastrutture a questo bene.

In sostanza: il numero non fa la forza di un’economia, uno Stato, una società (come è stato nei due secoli precedenti), ma la qualità può fare questa forza. Qualità significa benessere degli esistenti, proiettati anche al futuro. O forse qualcuno crede che chiuderemo i confini ad ogni immigrazione, e/o in famiglia le donne torneranno a svolgere la funzione di allevatrici come in passato? Non vediamo, infatti, altri motivi, ad un cambio di tendenza.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc