MESSINA & POLITICA: LO SPETTRO DI TANGENTOPOLI DIETRO GLI APPALTI AUTOSTRADALI

Messina – L’autostrada siciliana come un bancomat per la gente sperta. L’inchiesta condotta dalla Dia di Messina scoperchia l’ennesimo scandalo italiano e riporta le lancette dell’orologio al 1993, quando la cosiddetta Tangentopoli dell’isola fece cadere più di un santuario politico. Lo scandalo del Cas altro non è che la versione Mani pulite del nuovo corso, si spera un po’ più efficace del vecchio, perché troppe sono state in quegli anni le sviste. Adesso è l’epoca dei pentiti e delle manette e la Sicilia di nuovo trattiene il respiro sperando di non finire travolta da Tangentopoli. 

Le indagini della DIA, coordinate dalla Procura della Repubblica di Messina, hanno fatto emergere come nel corso del 2020 gli indagati abbiano posto in essere una serie di collusioni turbando il procedimento di formazione del bando di gara riguardante l’espletamento del servizio di presidio antincendio nelle gallerie della rete autostradale A18 Messina-Catania e A20 Messina-Palermo, pubblico incanto indetto dal Consorzio Autostrade Siciliane per un importo di quasi 10 mln di euro.

Attraverso le loro condotte, gli indagati erano riusciti a far sì che il contenuto del bando fosse strutturato io maniera tale da indurre la stazione appaltante ad individuare il contraente in un’A.T.I. già determinata. A ciò si addiveniva, come documentato tramite attività tecnica e servizi di pedinamento, attraverso ripetuti incontri e scambi di documentazione riservata tra gli indagati. In tal modo si incideva sui contenuti del bando, che una volta modificato, presentava requisiti tecnici particolarmente restrittivi con l’intento di escludere potenziali concorrenti a favore dell’impresa di interesse. Ma, ovviamente, c’è dell’altro. E soprattutto, ci sono nuovi filone d’indagine.

Uno spettro per una città che fa fatica a mantenere una dignità istituzionale e che troppo volte cade in tentazione. Hai voglia a dire che Messina è la città più bella d’Italia ma anche la più ingovernabile. E’ quasi sintomatico, o è un campanello d’allarme, che contemporaneamente alla notizia che siamo non messi benissimo come qualità della vita (i giovani fuggono per cercare lavoro) sia apparso che non siamo gli ultimi nemmeno nella corruzione. E ancora più grave è la rassegnazione della cosiddetta società civile che fischia o applaude – a comando -, ma resta tutto sommato nella sua poltroncina. Ma in un territorio saccheggiato dalla della politica che altro c’è da attendersi? Poco o nulla. Se Messina è quella città che ha vissuto gli anni Ottanta/Novanta sull’onda del rampantismo come restare sorpresi se la parola rettitudine non pare molto di moda nei palazzi?