L’INTERVENTO – LA VIOLENZE SULLE DONNE

Considerazioni di un controcorrente “La scuola! La scuola! La scuola!” gridava, quasi invocandola, un tizio, giornalista, in televisione durante un dibattito sulla violenza come se il gravissimo problema lo potesse risolvere la scuola. Commetteva, a mio parere, un primo errore perché attribuiva poteri miracolosi a una scuola laica che non li ha mai avuti: non ne ebbe manco quella del “Cuore” di De Amicis.

E poi perché questa è ancora in mano a gruppi di “nipoti” di chi in essa aveva fatto la “rivoluzione” del “1968”: costoro monopolizzano i consigli di classe, i collegi docenti, le assemblee, selezionano e impongono i libri di testo, intimidiscono i colleghi dissenzienti (a me capitò al “Bronzini Majno”, anno scolastico. 1987-88: difendevo l’ora di Religione), ultimamente armeggiano per introdurre nei programmi “culturali”, camuffati di belle parole come “educazione all’affettività”, il Gender, capovolgimento della natura umana, all’insaputa dei genitori che tacciono quando dovrebbero insorgere e parlare.

Sono i “nipoti” di coloro che negli anni 1970 vollero la libertà sessuale assoluta contro il senso del pudore e della vera affettività “democratizzando”, così, la pornografia, (riduzione della donna ad oggetto) che da allora fu una merce alla portata di tutti, minori compresi, nella latitanza dei Governi che avrebbero dovuto vigilare e che, invece, in nome dalla “libertà”, tolsero ogni limite ai filmati e alle riviste porno; favorirono l’assunzione di droghe perché, secondo loro, avrebbero allargato la fantasia dei giovani e apertamente e impunemente – io lo ricordo – professorini delle medie lo dicevano in classe agli alunni che ne bevevano le parole; “nipoti” di coloro che incitavano i ragazzi a fuggire di casa dicendo che la famiglia con l’autorità dei genitori, specie del padre, era una istituzione repressiva e patriarcale perché ancora cattolica; di quelle che in corteo con gli indici e i pollici a rombo, come i celebri personaggi della “Primavera” del Botticelli, gridavano “siamo donne, siamo figlie, distruggiamo le famiglie!” – io, stando sulla “barricata” opposta, vedevo e sentivo – ; di chi teorizzava perfino lo scambio delle mogli; di donne che scrivevano sui muri “no alla virilità fascista” (a Rozzano se ne leggeva una) o “io sono mia” pretendendo il “diritto” di uccidere la vita prima e dopo la nascita, ciò che ottennero con la “legge” 194 del 1978, confermata, poi, nel referendum del 1981 in cui “cattolici” corsero a votare per la non abrogazione: da qui l’“olocausto silenzioso”, per legge, di sette milioni – fin’ora – di esseri umani che sono mancati all’appello e hanno contribuito alla tragedia dell’“inverno demografico” e delle “culle vuote” di cui oggi godiamo.

Il secondo errore del “nostro” sparaparole televisivo era ancora più grave del primo perché anteponeva la scuola alla Famiglia. Tale confusione dei ruoli, però, non deve meravigliare in quanto, se avesse nominato la famiglia, avrebbe dovuto specificare di quale famiglia si stava trattando, se di quella vera e naturale valida nei secoli – uomo padre, donna madre che possono generare figli – oppure di quelle inventate in questi 50 anni: famiglia “allargata”, “arcobaleno”, omosessuale di due maschi o due femmine che, non potendo generare, devono ricorrere alla compravendita del corpo di una donna bisognosa col cosiddetto “utero in affitto”. Affermando e difendendo la famiglia “naturale”, avrebbe dovuto avere il coraggio di andare controcorrente e il coraggio, diceva don Abbondio, se uno non ce l’ha, “non se lo può dare”. Così, gridando, invocava la salvezza solo dalla scuola! Poveretto, voleva costruire l’edificio senza le fondamenta! E dopo tutto questo cinquantennale sconquasso con la Famiglia aggredita e il conseguente logico disordine morale, civile e fisico (poveri bambini vittime del disordine…!), si pretendeva che ne sortisse una comunità di angeli? L’inferno n’è sortito, com’è logico che sia, su questa terra, per le società! Io, ormai ottuagenario, che ho visto la più parte di cose che mi è toccato vedere, non posso che suggerire questo minuscolo rimedio condividendolo coi cinque benevoli lettori dei miei “foglietti”: o qualcuno si alza in piedi e comincia a fare il “contrario” – per diametrum – degli errori che anche dall’alto sono stati imposti alla società nei decenni passati, valorizzando quegli educatori, maestri, politici, preti come don Maurizio Patriciello che apertamente dichiarano di voler difendere la Famiglia vera, oppure la violenza di singoli o gruppi, fatalmente, correrà più veloce e irrefrenabile e avranno voglia le anime belle a immaginare lezioni di Educazione civica, noiose e inutili, nelle scuole, a mettere file di scarpette rosse coi tacchi alti sui gradini dei municipi e delle chiese o dedicare alle donne una panca colorata nella piazza principale o a far volare palloncini in aria, a organizzare conferenze di “esperti” costosi e cortei e fiaccolate con “bandiere e trombette” invece di qualche processione penitenziale...: sarà solo puerile folklore!

Stando così le cose, presentando addirittura squallidi personaggi pornografi alla Rai come fossero normali imprenditori, la violenza di singoli e del “branco” non sarà fermata, anzi aumenterà! Io, ovviamente, non me lo auguro, la mia è solo una semplice constatazione di ciò che vedo intorno.

Carmelo Bonvegna

 Ps Quando mi riferisco al “1968” non voglio dire che prima di quell’ “anno” tutto fosse perfetto ché di perfetto al mondo, dopo il “peccato originale”, non c’è mai stato nulla; vero è, però – e qui sta il salto di qualità – che col “68” si cominciò a confondere pericolosamente il bene col male tanto che, per fare un esempio recente, oggi qualcuno dei ragazzotti violentatori, agli inquirenti che lo interrogavano, ha risposto candidamente che non si era reso conto che ciò che faceva era male! Questo basta per capire il fondo in cui oggi è caduta la società!