L’INTERVENTO: LA LEZIONE DI CHARLIE KIRK MARTIRE DELLA VERITA’

Parto da questo breve commento di don Antonello Lapicca su Fb a proposito della splendida testimonianza del giovane padre americano Charlie Kirk “Hanno definito Kirk omofobo, hanno detto che voleva lapidare i gay. Hanno detto che anche per questo se l’è cercata. Che è lui che ha acceso la miccia dell’odio, giustificando così la sua uccisione. Hanno mentito, e mentono, in una tragica sinfonia dove media e giornalisti, politici e coriferi, orchestrati e diretti del padre della menzogna.

A cui si sono aggiunti il silenzio, i distinguo e le analisi infarcite di parole indefinite di tanti suoi fratelli nella fede in Cristo. Ma le bugie hanno le gambe corte, come le pentole del menzognero restano sempre senza coperchi”. Mi interessa riflettere sui tanti cristiani, fratelli nella fede di Kirk che non hanno o voluto capire il senso il messaggio evangelico che intendeva diffondere soprattutto in ambienti ostili al cristianesimo. Quando gli è stato chiesto in un’intervista come sperava di essere ricordato dopo la sua morte, Kirk ha risposto: “Se dovessi morire vorrei essere ricordato per il coraggio nel portare avanti la mia fede, quella è la cosa più importante della mia vita!“.

E’ qui incrociamo lo scandalo di quei cristiani tiepidi, che non sanno più apprezzare chi manifesta la propria fede senza vergognarsi con spirito apologetico, anche di sfida e perché no di polemica. Del resto, i santi cosa facevano, andavano alla ricerca della gente per convertirla e per fargli cambiare vita, qualcosa di simile lo faceva Charlie Kirk anche se era un devoto cristiano evangelico, probabilmente sul punto di aderire al cattolicesimo. Sono rimasto impressionato da certi commenti critici di credenti o presunti tali che si dissociano apertamente dalla figura del giovane attivista conservatore. In particolare, ho letto una serie di commenti scomposti e fortemente critici ad un intervento pubblicato dal sito del Centro Studi Livatino.

I lettori si sono scandalizzati perché il blog ha preso una netta posizione a favore di Charlie Kirk, considerandolo un martire, uno che invece secondo loro, inoculava odio, che divideva, che non aveva nulla di cattolico. In pratica ripetevano quello che soprattutto a sinistra hanno ampiamente scritto in tanti. Esistono centinaia di registrazioni degli interventi di Charlie Kirk, del suo pensiero dai video che riproducono fedelmente ogni parola uscita dalla sua bocca. Senza interpretazioni, niente sentito dire, nessuna mediazione. La sua voce e basta. Eppure, da sinistra continuano ad attribuirgli frasi mai pronunciate, idee mai manifestate, posizioni irricevibili per chiunque. Spesso gli mettono in bocca l’esatto contrario di quanto sosteneva. Nonostante ormai si può verificare tutto, basta andare su google, in cui la quantità di fonti è incommensurabile, i professionisti dell’informazione non smettono di mentire e diffamare, con la complicità di orde adoranti che applaudono e ripetono compulsivamente ciò che leggono e sentono dai loro guru. La verità non ha più importanza e per questo costoro possono continuare a mistificare e calunniare, senza temere smentite. Per questa gente la realtà, alla fine, non esiste. È solo la versione del nemico e in quanto tale non vale niente.

Kirk ha portato nelle università americane, piene di dogmatismo ideologico e intolleranza, il seme prezioso della libertà, del confronto sereno con tutti e della razionalità. Charlie ascoltava tutti e accettava duri attacchi e insulti. Lui non insultava mai e di solito trionfava con la sua strepitosa capacità dialettica. Kirk nelle sue molteplici dispute, soprattutto nei vari campus universitari, adoperava il “metodo socratico”, un po’ quello che abitualmente avveniva nelle università del “bieco” Medioevo. È riuscito addirittura ad influenzare sul voto giovanile alle ultime elezioni presidenziali, come gli ha riconosciuto con ammirazione Trump.

I Campus si appassionavano ai suoi eventi intitolati “Prove Me Wrong” (dimostrami che ho torto). In un’America spaccata in due, Kirk rappresentava un possibile futuro di rispetto reciproco. Sapeva che, a quelle sue assemblee, diventava un bersaglio. Riceveva minacce, ma riteneva fondamentale che le due Americhe si parlassero. Diceva: “Quando le persone smettono di parlare, ecco che arriva la violenza, arriva la guerra civile”. Kirk voleva una umanità semplice normale, difendeva quella umanità, che voleva vivere nella normalità, farsi una famiglia, avere una casa, dei figli. “Uccidendo il corpo, volevano uccidere l’anima di Kirk. Scrive Antonio Socci. Cosa c’era nell’anima di questo giovane americano? Quel “dialogo socratico” (come lo definisce Giovanni Sallusti) con cui dissolveva i dogmatismi ideologici, i pregiudizi, l’intolleranza e il conformismo, portando tutti a valutare i fatti e gli argomenti con obiettività, nasceva dalla sua profonda fede cristiana “. (“Dal ‘metodo Socratico’ di Kirk hanno da imparare i laici (dialogo rispettoso sempre con tutti) e i cattolici. Bisogna saper andare sempre controcorrente. Se si è cristiani si è divisivi. Come Gesù: il Grande divisivo”, 12.9.25, Libero)

Charlie amava Colui che, inerme, con la sua presenza, i suoi atti e la sua parola, senza sottrarsi all’odio e al martirio, ha cambiato il mondo. Testimoniava la sua fede apertamente come il tesoro più prezioso che aveva. In ogni caso anche da persone come Kirk o da altri evangelici, noi cattolici abbiamo da imparare. Noi cattolici italiani ed europei che neanche ci accorgiamo più delle testimonianze e delle continue notizie di martirio che ci arrivano, ogni settimana, dai cristiani in Africa o in Asia. Attenzione, la nostra non è solo tiepidezza, è qualcosa di peggio. Il Vangelo ci mette in guardia dal rinnegamento e dal tradimento. “La storia contemporanea non conosce più, se non raramente, la figura del martire cristiano in senso stretto. Eppure, essa continua a produrre figure che, pagando con la vita la fedeltà a un principio, richiamano a una dimensione superiore dell’esistenza. La morte violenta di Charlie Kirk, assassinato a soli trentun anni durante un evento pubblico, deve essere letta in questa luce: non come un fatto di cronaca isolato, ma come un segno che interpella la coscienza dell’Occidente”. La sua opera si radicava in un’intuizione essenziale: senza un riferimento a Dio, alla verità oggettiva e alla legge naturale, la libertà diventa illusione e la democrazia si degrada in puro arbitrio. In questo senso, egli non apparteneva semplicemente al registro della polemica politica, ma si collocava su un piano più alto: quello della battaglia per i fondamenti stessi della civiltà occidentale. Di questo aspetto ne ha parlato Marco Respinti, intervistato da Giovanni Sallusti a “Radio Libertà”. Kirk era un conservatore che voleva trasmettere la cultura conservatrice, perchè diventasse azione. Il suo parlare proveniva da una cultura profonda, anche se poi utilizzava i social, era frutto di uno studio abbastanza serio. Charlie Kirk era figlio di una storia che non nasce per caso, ci sono dietro due secoli di storia del conservatorismo americano e non solo. E’ un aspetto questo che non può essere trascurato. Abbiamo molto da imparare da lui. Ed ha ragione la sua giovane moglie Erika, a rivendicare il messaggio del marito che certamente dovrà continuare. La morte di Kirk non deve dunque essere percepita come un annientamento, ma come un principio generativo, un evento che apre la possibilità di un risveglio morale e culturale. Il cardinale americano Timothy Dolan ha parlato calorosamente di Charlie Kirk, paragonandolo persino a San Paolo. Charlie è stato ucciso perché cristiano. È stato ammazzato perché parlava come dovrebbe parlare ogni prete, ogni vescovo, ogni cardinale e perfino il Papa. Charlie Kirk era un guerriero di Dio. Concludo con la riflessione conclusiva di Daniele Onori (Charlie Kirk: il martire della verità nell’epoca della secolarizzazione, 13.9.25, centrostudilivatino.it) La figura di Charlie Kirk appare come scandalo e contraddizione. Kirk rappresenta la testimonianza di chi si oppone all’egemonia relativista e nello stesso tempo diventa insopportabile proprio perché smaschera il vuoto di senso su cui essa si regge. Per il filosofo Del Noce: una civiltà che rifiuta la trascendenza non può tollerare chi la richiama, e finisce per perseguitarlo. Ma la sua memoria non deve essere custodita con rancore, come se la violenza potesse avere l’ultima parola. Al contrario, la sua morte può diventare occasione di speranza: perché la verità non muore con i suoi testimoni, ma trova sempre nuova forza nella coscienza di coloro che sanno riconoscerla. È proprio qui che il pensiero delnociano offre una chiave interpretativa decisiva: l’“eterogenesi dei fini”. Ciò che voleva essere distruzione — la soppressione di una voce scomoda — si trasforma in rilancio della verità, in seme che alimenta nuova resistenza spirituale.

 

DOMENICO BONVEGNA

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