LAVORO, 7 IMPRESE SU 10 AUMENTANO GLI INVESTIMENTI IN MOBILITÀ INTERNA: CHI CAMBIA RUOLO RESTA A LUNGO IN AZIENDA NEL 75% DEI CASI

Sempre più aziende lamentano la difficoltà di trovare le “persone giuste” e questo spesso accade a causa del turnover altissimo, che si è verificato soprattutto a seguito della pandemia: sono infatti tante le posizioni aperte che si generano per via della ricerca di migliori condizioni. È per questo che sempre più aziende stanno cercando d’investire nella mobilità interna: secondo un recente report realizzato da Aptitude Research riportato da HR Executive, il 70% delle aziende a livello globale ha aumentato i propri investimenti nella mobilità interna, un dato, questo, molto più alto rispetto al 58% del 2020. Inoltre, un’azienda su due ha incrementato il numero di assunzioni di personale interno quest’anno, favorendo lo sviluppo delle competenze dei propri dipendenti e una maggiore retention.

 

In questo modo infatti i dipendenti sono più felici di rimanere in azienda: lo confermano i dati riportati dal Workplace Learning Report 2023 realizzato da Linkedin, secondo cui i lavoratori che cambiano ruolo all’interno della stessa azienda entro i primi due anni di impiego hanno una probabilità del 75% di rimanervi più a lungo rispetto ai colleghi che rimangono nella stessa posizione (56%). “Spesso l’azienda non è in grado di trattenere i talenti: le risorse si spostano in cerca di migliori condizioni, anche durante il periodo di prova, creando un turnover altissimo”, ha commentato Francesca Verderio, Talent Acquisition Manager di Zeta Service Individua (zetaservice.com/it/individua.html), la business unit di Zeta Service che guida le organizzazioni nella ricerca e selezione di nuovi talenti. Infatti, nella top 5 dei fattori che le persone valutano quando considerano di cambiare lavoro troviamo un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, che sembra essere la priorità dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni (26%), i lavoratori che hanno oltre 50 anni valutano soprattutto quanto sia impegnativo il lavoro (35%), mentre per i lavoratori più giovani (18-34 anni) contano di più le opportunità di crescita all’interno dell’azienda (35%) e la possibilità di apprendere e sviluppare nuove competenze (31%), sebbene poi questi si confermino aspetti rilevanti per le diverse fasce di età.

 

D’altro canto investire nella mobilità interna sembra quasi una scelta obbligata, dovendo le aziende fare i conti con diversi fattori, come per esempio l’invecchiamento della popolazione: secondo il report sull’Occupazione e lo Sviluppo Sociale in Europa 2023 realizzato recentemente dalla Commissione Europea, il numero di persone in età lavorativa (tra i 20 e i 64 anni) sta diminuendo in maniera preoccupante: dal record di 272 milioni di persone raggiunto nel 2009 si è passati ai 265 milioni nel 2022, prospettando un ulteriore calo di circa 7 milioni di persone entro il 2030. Questo crea nuovi posti di lavoro vacanti e aggrava la già presente carenza di personale, dovuta sia alla scarsa capacità dei datori di lavoro di trattenere il personale, sia alla preclusione al mondo del lavoro spesso di persone con disabilità, immigrati o donne (si pensi che l’86% delle professioni con carenza di personale non è equilibrato dal punto di vista di genere). In particolare, spiega il report, il tasso di posti di lavoro vacanti è salito al 2,9% nel 2022, rispetto all’1,3% del 2012.

 

Inoltre, si sta discutendo molto su come il progredire della tecnologia e in particolare dell’intelligenza artificiale comporterà la nascita di nuovi lavori che nessuno è attualmente in grado di svolgere, non avendo le competenze necessarie proprio perché ancora non esistono. In quest’ottica la mobilità interna potrà essere fondamentale per favorire lo sviluppo di competenze e creare quella dinamicità necessaria per far sì che il personale sia pronto ad affrontare nuove sfide. Allo stesso tempo questa potrebbe essere un’ottima soluzione anche al problema dell’adeguatezza delle risorse in base al ruolo: in base allo State of Organizations 2023 di McKinsey il 20-30% dei ruoli critici non è stato ricoperto dalle persone più adeguate. “Capire che risorse si hanno in azienda e quindi mappare le competenze è essenziale poiché, se si riesce ad inventariare le competenze dei propri dipendenti, sarà molto semplice incrociarle con i requisiti di competenze delle posizioni aperte, assicurando all’azienda di avere candidati assolutamente adatti al ruolo di massimizzare la produttività”. Sempre nella stessa relazione, infatti, si evidenzia che una persona altamente competente assegnata ad un determinato ruolo può essere fino all’800% più produttiva rispetto a qualcuno che è solo mediamente competente nello stesso ruolo. “Di solito le aziende non sono strutturate per riconoscere e trattenere i talenti, non c’è chiarezza sul ruolo o sul percorso di sviluppo interno che le stesse dovrebbero offrire”: sempre dal sondaggio di McKinsey emerge infatti come ruoli e responsabilità non definiti in modo sufficientemente chiaro siano, per il 40% degli intervistati, causa d’inefficienze all’interno dell’organizzazione. “Definire ruoli, compiti e obiettivi per ciascuno di essi può sicuramente aiutare l’azienda a funzionare meglio, permettendole di spostare i propri dipendenti nelle posizioni giuste. Per questo affiancarsi a società di consulenza specializzate nella ricerca e gestione di talenti può essere talvolta indispensabile – continua la Verderio – Come Zeta Service Individua supportiamo le aziende nell’analisi (mappatura del mercato di riferimento) e nell’attività consulenziale: ad esempio, monitorando le risorse dell’azienda possiamo identificare potenziali candidati interessati alla posizione aperta e supportarlo nell’ingresso, creando percorsi di sviluppo interni e dunque favorendo la talent retention. La nostra missione è aiutare le aziende a raggiungere i propri obiettivi di crescita e successo, garantendo al contempo la massima soddisfazione e il mantenimento dei talenti chiave all’interno dell’organizzazione”.