LA SINISTRA NASCONDE LA VIOLENZA SULLE DONNE A MILANO

Il silenzio sulle ragazze molestate e fatte oggetto di violenza in piazza Duomo a Milano nella notte di Capodanno, tra loro due tedesche, è stato rotto dopo sette giorni dalle istituzioni e quindi dai Media nazionali. Grazie all’ostinato lavoro dell’ex vicesindaco Riccardo De Corato di FdI si è potuto arrivare a questa vergognosa vicenda. Senza il suo impegno, forse non se ne parlerebbe affatto.

Lo scrive Alberto Giannoni sul Giornale del 9 gennaio, (“Quei tabù ‘sinistri’ che nascondono la città violenta”) A questo punto il giornalista si interroga perché tanta indifferenza sulla vicenda. “La sinistra si è limitata a una pigra reazione protocollare”.

 

Per giorni si è chiesto un intervento del ministro Lamorgese, mentre il sindaco Sala ha atteso il 7 gennaio per formulare una condanna. Dei vari intellettuali, “influencer”, delle femministe radicali, sempre pronti a intervenire, non c’è traccia. Ma da che cosa dipende questa scarsa reattività?

Si pensi a cosa sarebbe successo se le violenze invece di essere realizzate da giovani magrebini, avessero avuto una matrice politica di estrema destra. Per Giannoni la sinistra ha un doppio ritardo e un doppio tabù da eliminare, “sulla sicurezza della città, in generale, e sui problemi dell’integrazione in particolare”, “Non può e non vuole vedere che l’insicurezza è un dramma in molte aree di Milano (ha il terrore di apparire ‘securitaria’, cioè di destra) e non riesce a vedere fino in fondo i problemi legati a fenomeni migratori incontrollabili e non regolati (ha il terrore di apparire ‘xenofoba’)”. Ecco perché gli imbarazzi e i silenzi.

Cinque anni fa, ero intervento su un episodio analogo avvenuto proprio nella notte di Capodanno a Colonia in Germania. Allora ne hanno parlato tutti i giornali, ma anche lì dopo alcuni giorni. Il titolo di allora, forse un po’ forzato era: “L’Occidente castrato e paralizzato dal timore di passare per razzista e islamofobo”. E mi pare che anche per l’episodio milanese si possa mantenere lo stesso titolo e peraltro, replicare gli stessi commenti. In quel testo citavo alcuni interventi più o meno significativi come quello di Marina Corradi, giornalista, donna, che si domandava: se riaccadesse in una nostra città, come penseremmo alle nostre figlie, alle nostre sorelle, quando rincasano la sera?”. Adesso posso scrivere è accaduto. Certo ci saranno quelli che diranno che, in fondo, non è morto nessuno. “Ma pensiamo alla umiliazione e al terrore di quelle ragazze, di quelle donne: L’aggressione di Colonia tocca un ganglio vitale del nostro vivere insieme: la dignità e la libertà che l’Occidente riconosce, dopo secoli di travagli e di lotte, alle donne. Qualcosa che per noi ormai è pressoché scontato. Tanto che a Colonia l’altra notte la stessa polizia ha tardato, interdetta, a capire che cosa davvero stesse succedendo, e a intervenire. Non avevano mai visto una cosa simile. Erano preparati, in giorni come questi, a un attacco, ma non questo. Eppure, se ci pensate, anche questo è un attacco a noi, alla nostra cultura e libertà: che dobbiamo difendere senza isterie ma con assoluta fermezza. Perché nessuno può pensare che sia possibile vivere e lavorare in Europa e passare sopra al rispetto della intangibile dignità di ogni uomo e di ogni donna. Questa misura che abbiamo conquistato, e che in molti modi viene oggi insidiata, non si può proprio perdere”.  (Marina Corradi, La misura che non si può perdere, 8.1.16 Avvenire)

Allora c’è stato come oggi, di fronte a una umiliazione di massa, ancora glissa e devia la questione o addirittura si cerca di assolvere gli autori del crimine sessista. Se ne lamentava di questo Gemma Gaetani, sul quotidiano Libero: Sono stanca, da donna, di vedere che ogni giorno che passa la realtà viene sempre più mistificata. Si direbbe e si dice di tutto, pur di decolpevolizzare un immigrato, magari clandestino, magari musulmano, che commette un reato. Magari, lo stesso reato che se venisse commesso da un italiano, un belga, un cattolico, un buddhista, non verrebbe edulcorato da nessuna supercazzola giustificatoria”. Io sono stanca. Su quanto accaduto a Colonia, i fatti parlano chiaro […]Ciò che, da donna, mi stanca e indigna maggiormente – continua la Gaetani – è quando gli attori della mistificazione sono, addirittura, donne. Laura Boldrini ha evitato, commentando in ritardo i fatti di Colonia, di nominare la parola «immigrati». Per difendere a tutti i costi un’accoglienza indiscriminata che si sta rivelando più catastrofica dell’ultima salpata del Titanic, ha omesso il fatto che gli aggressori erano immigrati. Se fossero stati neonazisti, fascisti, italiani berlusconiani in vacanza, cattolici in gita di fede, lo avrebbe taciuto?”. (Gemma Gaetani, “Da Kyenge a Ferrero, la sinistra vergognosa che prova a assolvere gli immigrati di Colonia”, 11.1.16 Libero).

In un commento sui fatti di Colonia, non so quanto esagerato, il giornalista, Maurizio Blondet, riferendosi agli immigrati siriani in Germania, poteva scrivere: “L’UE è femmina. Dunque, stuprabile”, allora Blondet per commentare l’aggressione sessuale di massa dei medio-orientali, utilizzava l’analisi di John Laughland, filosofo della politica e profondo critico della postmodernità. “L’Europa in generale, e soprattutto la Germania, coltivano da decenni la femminizzazione della cultura politica e sociale. L’Unione Europea si definisce oggi soltanto in termini di virtù femminee: la pace, la non-violenza, la rinuncia ad una politica di potenza, la fine di tutte le gerarchie in politica, il consenso, l’omosessualità. Per le virtù cosiddette mascoline, coraggio, onore, non c’è più posto. Il concetto di paternità politica, che si esprime attraverso concetti come patria, è stato bandito dal discorso post-nazionale ed anti-nazionale della costruzione europea”.

Inoltre, si può leggere, “Lo “scontro di civiltà” (detto con ironia) fra l’Europa e l’Islam ha mostrato tutta la sua ridicola virulenza proprio nella relazione sessuale: la scoperta che i giovani maschi siriani, invece di essere grati e buoni da poveri profughi educati e riconoscenti, abbrancano le donne e se le fanno. Ora, dice Laughland, se “gli attentati terroristici resteranno senza dubbio eventi eccezionali, il rapporto uomo-donna riguarda la vita quotidiana”. Da affrontare ogni giorno. Come?”. Intanto se c’è qualche capo di Stato europeo che si oppone “con virile energia alla accoglienza senza limiti – come Victor Orban – è stato demonizzato dai media e dai politici donneschi e dai castrati di corte: che rude omaccione! fascista, retrogrado, politicamente scorretto, non è cieco alla “cultura islamica”, è “discriminatorio”; è autoritario; ai confini “usa la violenza”; ma noi ci vendichiamo e gli togliamo i finanziamenti UE”.

Esagerazioni? Siamo già all’Eurabia? Come scriveva in un pamphlet dieci anni fa la studiosa egiziana Bat Ye’Or? Sicuramente sullo stesso tema, molte risposte poteva darle anche Ayaan Hirsi Ali, in “Nomade”, dal significativo sottotitolo: “Perchè l’Islam non è una religione per donne”.  Ali è una donna somala protagonista insieme al regista olandese Teo Van Gogh di Submission, un documentario che denunciava l’oppressione delle donne islamiche. Per questo il regista viene assassinato da un fanatico musulmano e lei stessa deve rifugiarsi negli Usa, vivendo sotto scorta.

Finora abbiamo parlato di donne. E gli uomini, esclusi i violentatori, che figura fanno? La loro figura è penosa, sia allora che oggi per i fatti di Milano. Dove erano gli uomini tedeschi? La risposta ancora a Blondet: “La polizia tedesca ha una sola preoccupazione esistenziale: non somigliare alle SS. Il che significa che è castrata per lungo addestramento. Svirilizzata, vestita di colori ridicoli per non parere militare, aveva bisogno lei stessa di esser protetta. Evidentemente intimorita non solo dalle belve sessuali, ma – ancor più – dal terrore delle superiori che impongono il politicamente corretto […]”.

DOMENICO BONVEGNA

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