LA RIVOLUZIONE VERDE DANNEGGIA LA NATURA

Il caldo estivo, anzi “infernale”, sta infiammando il dibattito sulla salvaguardia dell’ambiente, soprattutto dopo il voto del Parlamento europeo dove è passata la controversa “Legge Natura”, che ha scatenato l’opposizione degli agricoltori, degli allevatori e dei pescatori, provocando pure la rottura fra Ppe e socialisti per i suoi contenuti estremisti.

“L’establishment di Bruxelles ha fretta di varare le sue disastrose politiche green, probabilmente per il timore che dal prossimo voto europeo la sinistra esca sconfitta e sia spedita all’opposizione. La Nature Restoration Law” è parte del Green Deal europeo e punta – nelle intenzioni della Commissione – a “ripristinare” quegli habitat animali e vegetali che sono stati “danneggiati” dalle attività umane e dai cambiamenti climatici”. (Antonio Socci, La Co2 e il lavoro dell’uomo aiutano la natura. Questa UE la danneggia, 10.7.23, Libero)

Lo studio di Socci propone delle tesi che ribaltano la politica ambientale dominante, prese da un testo del professore di agrometeorologia Luigi Mariani, “Dialoghi sul clima”. Esordisce scrivendo che negli ultimi trent’anni le foreste in Europa sono aumentate del 9 per cento. Anche in Italia sono aumentate, negli ultimi cinque anni del 2,9 per cento. Secondo gli addetti ai lavori non abbiamo mai avuto così tanto verde da secoli.

Pertanto, con questi dati perché andare a nuocere alle attività produttive con il pretesto di “ripristinare” la natura? Inoltre è del tutto discutibile l’idea che i “cambiamenti climatici” abbiano danneggiato la natura.

Per quanto riguarda il cambiamento climatico è minimo, dunque non è un’emergenza e fa parte del costante mutamento fisiologico del clima, da quando esiste la terra. È anch’esso natura.

Ma volendo sposare la tesi dell’ideologia verde, secondo cui l’attuale riscaldamento è causato dall’uomo, dalle emissioni di CO2 (anidride carbonica) delle sue attività, secondo il giornalista, non è vero che tale aumento della CO2 sia andato a detrimento della Natura.“Infatti proprio la CO2 è la prima causa dell’incremento delle foreste, perché l’anidride carbonica, che non è un inquinante ed è essenziale alla vita biologica degli uomini e degli animali, è anche alla base della vita vegetale”. Il professor Mariani, al contrario del diffuso catastrofismo mediatico sulla desertificazione che incomberebbe sul mondo, sottolinea che “il global greening interessa gran parte del pianeta con un arretramento generalizzato dei deserti (sia deserti caldi delle latitudini tropicali sia quelli freddi delle latitudini più settentrionali)”.

Inoltre – come si è detto – la CO2 non causa solo l’incremento delle foreste, ma anche quello della produttività agricola. Spiega Mariani: “l’aumento di CO2 rispetto alla fase preindustriale ha finora portato ad un aumento del 20-40 per cento della produzione agricola mondiale annua, il che è assai vantaggioso in termini di sicurezza alimentare globale”. Dunque, Mariani rileva addirittura che “la più elevata disponibilità di CO2 sta dando luogo ad un arretramento generalizzato dei deserti e a un rinverdimento del pianeta”.

Inoltre l’assenza di Co2 comporterebbe una diminuzione rilevante della produzione agricola con impatti negativi significativi sulla sicurezza alimentare globale”. Quantificabile in un 18 per cento della produzione agricola di mais, riso, frumento e soia.

I dati scientifici perciò ribaltano l’ideologia green della UE. Non solo la CO2 – che loro considerano alla base del riscaldamento globale – non danneggia la natura, ma la alimenta. E rende molto più produttiva l’agricoltura. Il professore fa capire che occorre “più attività umana”, non meno. Le politiche green della UE non sono associate da dati scientifici, sono risultati dell’ideologia secondo cui l’uomo è il cancro del pianeta e la Natura sarebbe un meraviglioso giardino dell’Eden se non fosse devastata dagli uomini. Si tratta di un banale mito romantico che dimentica che la natura è sì bella, ma anche feroce, come si può osservare nel mondo animale (dove il più forte sbrana il debole), e devastante come dimostra il fatto che è la natura stessa a distruggere se stessa: per esempio con i vulcani, i terremoti, le inondazioni, i fenomeni atmosferici, ma anche i microrganismi patogeni.

“L’uomo, – insiste Socci, – è parte della natura, come gli altri esseri viventi, e per migliaia di anni ha avuto una vita durissima per la sua fragilità fisica, soccombendo per caldo, freddo, fatica, malattie, animali, fame e sete. E’ stato per millenni sovrastato dalla natura, vivendo poco e male”. Soltanto negli ultimi cento anni è riuscito a conquistare condizioni migliori, vivendo di più e creando più prodotti alimentari. Attenzione, sottolinea Socci, “Lavoro e progresso tecnico dell’uomo non sono nemici della Natura, ma suoi alleati. Con le politiche green della UE torneremmo indietro, con un grave danno nostro e della natura stessa”. L’ideologia verde, secondo Antonio Polito, sul Corriere della Sera,“vorrebbe una radicale trasformazione della società industriale, che ha garantito tanto benessere all’Occidente, in favore della salvaguardia della natura non contaminata dalle attività umane”. Per Polito, “questa ideologia penalizza i lavoratori che hanno a che fare con le realtà concrete, i contadini, i trasportatori, e avvantaggia i lavoratori digitali, che non vengono colpiti dalla Rivoluzione green”.

Analizzare il tema della Rivoluzione ambientalista è importante. In futuro a chi si oppone a questa nuova ideologia, cercheranno di farli apparire, “come dei nemici dell’ambiente, come egoisti sostenitori del carbone, del nucleare, delle auto che inquinano, come nell’Ottocento hanno fatto passare chi si opponeva alla Rivoluzione francese come un nemico della libertà e, un secolo dopo, chi era anticomunista come un nemico degli operai”. (Marco Invernizzi, “La questione verde, 17.7.23, alleanzacattolica.org)

E’ fuori di dubbio secondo Invernizzi che ci sia un problema di degrado ambientale dopo la Rivoluzione industriale. “Il problema è come gestirlo senza incolpare l’uomo di “dominare la terra” e senza determinare una crisi sociale che metta in discussione il progresso materiale che c’è stato negli ultimi secoli”.

La dottrina sociale della Chiesa ha sempre affrontato con equilibrio il problema ambientale, con diversi documenti pontifici, nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa, dedica un capitolo intitolato «Salvaguardare l’ambiente, anche l’enciclicaLaudato sì” di Papa Francesco sulla cura della casa comune (2015). La soluzione cattolica della crisi ambientale probabilmente ripeterà l’iter della Rerum novarum nel 1891, quando il Magistero intervenne ricordando che la Questione operaia o sociale non poteva essere lasciata alla carità dei singoli, ma necessitava l’intervento dello Stato. Anche allora ci fu un iniziale smarrimento da parte di ambienti cattolici che temevano l’intervento dello Stato, ma poi, sulla distanza, le ragioni del Magistero apparvero profetiche e prudenti.

DOMENICO BONVEGNA

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